Rodotà difende M5S e la sua candidatura

In una lettera su Repubblica si definisce "un uomo della sinistra italiana" e risponde alle critiche (e Scalfari contro-risponde)

Foto Dff - LaPressePolitica20 04 2013 Bari Stefano Rodotà al Teatro Petruzzelli a BariNella Foto: Stefano Rodotà
Foto Dff - LaPressePolitica20 04 2013 Bari Stefano Rodotà al Teatro Petruzzelli a BariNella Foto: Stefano Rodotà

Stefano Rodotà ha scritto una lettera a Repubblica per rispondere all’editoriale di domenica di Eugenio Scalfari, critico con lui, con la sua candidatura e col Movimento 5 Stelle. Scalfari aveva detto di conoscere e stimare Rodotà, e di non capire “perché una persona delle sue idee e della sua formazione politica, giuridica e culturale, potesse diventare candidato grillino per la massima autorità della Repubblica”, dato che il M5S “vuole abbattere l’intera architettura costituzionale esistente, considera l’Europa una parola vuota e pericolosa, ritiene che i partiti e tutti quelli che vi aderiscono siano ladri da mandare in galera o a casa “a calci nel culo””. Concludeva Scalfari: “Come puoi, caro Stefano, esser diventato il simbolo d’un movimento che impedisce ai suoi parlamentari di parlare con i giornalisti e rispondere alle domande? Anzi: che considera tutti i giornalisti come servi di loschi padroni? In politica, come in tutte le cose della vita, ci vuole il cuore, la fantasia, il coraggio, ma anche il cervello e la ragione”.

Di seguito la risposta di Rodotà e la contro-risposta di Scalfari.

CARO direttore, non è mia abitudine replicare a chi critica le mie scelte o quel che scrivo. Ma l’articolo di ieri di Eugenio Scalfari esige alcune precisazioni, per ristabilire la verità dei fatti. E, soprattutto, per cogliere il senso di quel che è accaduto negli ultimi giorni. Si irride alla mia sottolineatura del fatto che nessuno del Pd mi abbia cercato in occasione della candidatura alla presidenza della Repubblica (non ho parlato di amici che, insieme a tanti altri, mi stanno sommergendo con migliaia di messaggi). E allora: perché avrebbe dovuto chiamarmi Bersani? Per la stessa ragione per cui, con grande sensibilità, mi ha chiamato dal Mali Romano Prodi, al quale voglio qui confermare tutta la mia stima. Quando si determinano conflitti personali o politici all’interno del suo mondo, un vero dirigente politico non scappa, non dice “non c’è problema “, non gira la testa dall’altra parte. Affronta il problema, altrimenti è lui a venir travolto dalla sua inconsapevolezza o pavidità. E sappiamo com’è andata concretamente a finire.

La mia candidatura era inaccettabile perché proposta da Grillo? E allora bisogna parlare seriamente di molte cose, che qui posso solo accennare. È infantile, in primo luogo, adottare questo criterio, che denota in un partito l’esistenza di un soggetto fragile, insicuro, timoroso di perdere una identità peraltro mai conquistata. Nella drammatica giornata seguita all’assassinio di Giovanni Falcone, l’esigenza di una risposta istituzionale rapida chiedeva l’immediata elezione del presidente della Repubblica, che si trascinava da una quindicina di votazioni. Di fronte alla candidatura di Oscar Luigi Scalfaro, più d’uno nel Pds osservava che non si poteva votare il candidato “imposto da Pannella”. Mi adoperai con successo, insieme ad altri, per mostrare l’infantilismo politico di quella reazione, sì che poi il Pds votò compatto e senza esitazioni, contribuendo a legittimare sé e il Parlamento di fronte al Paese.

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RINGRAZIO Rodotà delle precisazioni che ci ha mandato. Rispondo quanto segue.

1. Gli errori da lui rilevati e compiuti da parte del Pd nei suoi confronti, io stesso li ho rilevati in due modi.Consigliando a Bersani per il tramite dell’amico Luigi Zanda di prendere contatto con Rodotà affinché ricordasse pubblicamente la sua biografia politica strettamente legata alla sinistra democratica; questo a mio avviso sarebbe stato sufficiente a far convergere i voti del partito su di lui. Evidentemente questo mio suggerimento non fu accolto. Per quanto riguarda la situazione attuale di quel partito, l’ho descritta come Rodotà e i nostri lettori hanno potuto leggerla: divisa in correnti che antepongono il loro interesse a quello del partito e soprattutto del Paese segando non solo i rami ma il tronco stesso che tutti li sostiene. Il Pd – ho ancora aggiunto – non deve essere soltanto riformato ma rifondato. Come è chiaro questo va molto ad di là del fatto di non aver votato per Rodotà.

2. Grillo negli ultimi giorni più convulsi ha detto che se il Pd avesse votato per Rodotà, lui avrebbe appoggiato un governo fatto da quel partito ma a distanza di qualche ora ha aggiunto mai per un partito guidato da Bersani. Voleva cioè scegliere lui anche il presidente del Consiglio?

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foto: Dff – LaPresse