Da dove viene Oscar Giannino

Storia dell'originale giornalista economico che è diventato parte notevole della campagna elettorale 2013

Oscar Giannino è un giornalista torinese con particolari competenze sull’economia, che si fa notare nelle sue apparizioni pubbliche per i suoi modi decisi e per il suo abbigliamento stravagante, a voler far caso soprattutto ai dettagli. Ma da qualche tempo è molto spesso in televisione perché poco più di sei mesi fa, alla fine di luglio 2012, ha pubblicato un manifesto intitolato “Fermare il declino” di cui è tra i promotori insieme a diversi altri politici ed economisti, e a dicembre 2012 ha annunciato ufficialmente di essere il candidato premier di un partito politico, “FARE per Fermare il Declino”, che si presenterà alle prossime elezioni politiche fuori da ogni coalizione.

Così adesso non è più tanto per il suo abbigliamento che Giannino attira l’attenzione: le sue doti di competenza economica, linguaggio efficace e trovate estemporanee sono riassunte bene in questo video della trasmissione Agorà di un mese fa circa:

Oscar Fulvio Giannino è nato il primo settembre 1961 a Torino, anche se oggi vive a Milano. Non è sempre stato contro “lo Stato ladro”, spiega: «in gioventù ero keynesiano, programmatore, convinto della superiorità del diritto pubblico su quello privato, penale sul civile. Con gli studi e lavorando, ho cambiato idea». Chi lo conosce ne parla come di un personaggio «dalle molte vite». Nell’ultima, dal 29 giugno 2009 fino a dicembre 2012 ha condotto la trasmissione radiofonica Nove in Punto – La versione di Oscar, su Radio24, durante la quale commentava l’attualità per un’ora (allontanato per “conflittto di interessi”, la trasmissione è condotta oggi da Simone Spetia).

La sigla della trasmissione – la cui conduzione Giannino ha lasciato promettendo di tornare dopo le elezioni, con un’ultima puntata in cui ha gridato «Berlusconi è dovunque» a proposito del conflitto di interessi – conteneva il miagolio di un gatto, dato che Giannino è un grande amante di cani e gatti. Gatti ne ha tre: e volendo raccontare il primo aneddoto sul personaggio, una volta inviò ad amici e colleghi un formale e cerimonioso invito ad una festa di compleanno in un locale di Roma; e quando gli invitati arrivarono, scoprirono che la festa non era per lui ma per uno dei suoi gatti.

Il repubblicano
Nella sua prima vita Oscar Giannino era uno studente del liceo classico “Vittorio Alfieri” di Torino. Andarci era stata una conquista – «ho dovuto pregare i miei genitori in ginocchio», ha detto durante una trasmissione televisiva – e a scuola era uno studente molto brillante. A 18 anni, senza contare le elezioni a rappresentante d’istituto, si candidò per la prima volta in politica alle elezioni comunali torinesi del giugno 1980, al 17esimo posto della lista del Partito Repubblicano nel quartiere San Salvario-Valentino (senza essere eletto). Due anni dopo, nel 1982, pubblicò il suo primo libro, La politica estera della DC: venticinque anni dopo avrebbe scritto quello più famoso, dal titolo più battagliero Contro le tasse. Perché abbattere le imposte si può, si deve, e non è affatto di destra (Mondadori, 2007).

Oscar Giannino ha raccontato di essere stato repubblicano fin «da quando, avevo 14 anni, feci sega a scuola e presi il primo treno per Milano per andare a sentire Ugo La Malfa». Nel PRI fece una carriera decisamente rapida, cominciando dalla federazione giovanile del partito. Nel 1984, quando il PRI era intorno al 4 per cento e faceva parte del cosiddetto “Pentapartito” (l’alleanza di governo della DC con repubblicani, liberali, socialisti e socialdemocratici, al governo per gran parte degli anni Ottanta), Giannino diventò segretario nazionale della federazione giovanile, e a 26 anni, nel 1987, diventò il portavoce di Giorgio La Malfa, segretario del partito. Nel frattempo si era laureato in legge (Nota, 20 febbraio: in seguito all’uscita dal partito di Luigi Zingales, che lo accusava di aver millantato un master a Chicago che non possedeva, Giannino ha detto di non essersi mai laureato ma di aver “sostenuto alcuni esami in legge”).

Il Giannino di allora – «con un taglio di capelli pseudopunk», ne scrive un articolo del settembre 1993 – era citato come «l’efficientissimo, frenetico braccio destro del segretario» in una cronaca politica dell’epoca; e in un’altra, meno benevola, «impenitente ragazzaccio torinese». Oltre a essere portavoce e membro della direzione nazionale, fu anche caporedattore e poi direttore di fatto della Voce repubblicana, il quotidiano del partito. All’interno del partito era noto per essere uno dei più fedeli sostenitori di La Malfa.

Il primo febbraio 1994, in un periodo burrascoso per il PRI travolto dalla crisi politica seguita alle inchieste per corruzione sui partiti di governo, Giannino rassegnò le dimissioni in modo piuttosto drammatico da portavoce per disaccordo con lo stesso La Malfa, che voleva spostare il partito verso il centro di Segni e Martinazzoli, abbandonando l’alleanza con il centrosinistra e Occhetto.

La rottura con La Malfa non fu facile: un articolo di Repubblica che racconta quelle dimissioni, parla di “un divorzio che sino a ieri sembrava impossibile come il divorzio dalla propria ombra. Dov’era Giorgio, era Oscar. Un portavoce disposto a lavorare dodici ore al giorno, a saltare i pasti, a scrivere due note al giorno per sei anni per esporre la linea del partito su qualunque argomento.” E poi, dando la parola a Giannino stesso, allora 32enne: “Separarmi da Giorgio… dal partito… è stato tutta la mia vita. Con Giorgio ho fatto le vacanze, è stato testimone alle mie nozze… e ora, credo, mi espellerà dal partito. Ieri si è rifiutato persino di darmi la mano. Io lo conosco, sto male, continuo a volergli bene, ma non posso seguirlo”.

Anche Giorgio La Malfa, oggi deputato 73enne, si ricorda del Giannino di allora, che ha descritto così al Foglio qualche settimana fa: «Giannino era più austero di oggi nell’aspetto, leggeva molto, scriveva benissimo, da persona molto intelligente quale è. Negli anni ha sviluppato idee diverse da quelle dell’allora PRI.»

Nel 1995, mentre il suo partito era avviato a un’incerta sopravvivenza parlamentare – passò all’alleanza con Berlusconi e attualmente ha un paio di deputati eletti con il centrodestra, tra cui lo stesso La Malfa – Giannino lasciò definitivamente il PRI e la politica. Andò negli Stati Uniti e tornò dopo pochi mesi per lavorare come giornalista.

Il giornalista
Dalla fine degli anni Novanta, Giannino scrisse per diversi anni sul Foglio di Giuliano Ferrara, di cui è stato responsabile economico fino al 2004 ma occupandosi anche di altri temi, soprattutto delle guerre americane. Poi ci fu la vicedirezione del mensile Liberal di Adornato, del Riformista e di Finanza&Mercati, per finire con la direzione di LiberoMercato (supplemento di Libero) tra il 2007 e il 2009. Oggi collabora con diversi periodici e quotidiani nazionali, anche se dice che le sue entrate vengono soprattutto da consulenze con banche e aziende. Dal 2009 dirige anche il sito Chicago-blog.it, che è vicino al centro studi liberista dell’Istituto Bruno Leoni.

Chi lo ha incontrato in questi anni ne parla con grande ammirazione per le sue capacità, chiamandolo «un genio» anche in riferimento alla sua competenza in una varietà di campi, dalla storia alla musica classica agli affari militari. Chi lo conosce concorda nel descriverlo come una persona molto generosa e disponibile, per nulla scostante anche se spesso riservato (e quasi misterioso) sulla sua vita privata, a cui piace passare del tempo al ristorante a parlare (anche se mangia pochissimo; però è un grande esperto di vini).

Quanto alle sue idee, il cambiamento dal Giannino braccio destro di La Malfa c’è stato senza dubbio: il suo partito – FARE per Fermare il Declino – e lui personalmente sono praticamente gli unici rappresentanti politici di un’ideologia estremamente liberista e favorevoli a una decisa diminuzione del ruolo dello Stato nell’economia, senza molti compromessi (nel campo dei diritti civili, invece, Giannino si è detto contrario al matrimonio tra omosessuali, favorevole a unioni civili e cauto sull’adozione). Le 10 proposte di FiD si concentrano soprattutto sui temi economici.

Uno dei temi che sono più cari a Giannino, coerentemente, è quello della spesa pubblica italiana. In un video pubblicato a dicembre 2011 ma risalente a qualche mese prima, che era circolato molto in rete ed era stato altrettanto discusso, Giannino aveva analizzato la storia presente e passata del debito pubblico presentando le sue conclusioni su chi fosse il maggior responsabile dei suoi altissimi livelli attuali (anticipazione: i governi posteriori al 1992 e quelli di Berlusconi in particolare).

Giannino ha raccontato più volte di aver rifiutato alleanze con praticamente tutti gli schieramenti politici delle prossime elezioni perché non era disponibile, ha detto, a «barattare le idee in cambio di quattro deputati». Di conseguenza, FiD andrà da solo e dovrà fare i conti con gli sbarramenti dell’attuale legge elettorale, non generosi con chi non fa parte di alleanze (4 per cento nazionale alla Camera, 8 per cento a livello regionale al Senato). Per un certo periodo alla fine della scorsa estate, quando al centro dello schieramento politico c’era un po’ di movimento, sembrò che il movimento di Giannino si potesse avvicinare all’area di Italia Futura, l’associazione di Luca Cordero di Montezemolo; ma durò poco. D’altra parte, se l’impegno in politica di Montezemolo torna spesso sui giornali, poi viene smentito, poi è dato per sicuro, poi ritorna incerto, il giudizio di Giannino su di lui è netto già da anni, da quando era presidente di Confindustria: in un articolo su Tempi del maggio 2007, per fare solo un esempio non recente, lo maltrattò parecchio, mettendolo tra i “liberali sedicenti” che da un lato parlano di merito e concorrenza e dall’altro non rifiutano l’aiuto dello Stato per le loro aziende (come la FIAT, di cui Montezemolo è stato presidente).

Nelle sue ultime apparizioni televisive e interviste Giannino ha citato sempre più spesso come obiettivo collaterale della sua candidatura politica il nuocere alla sopravvivenza politica di Silvio Berlusconi (lo stesso Berlusconi lo ha trattato sprezzantemente nell’intervista di martedì a Ballarò): «Sono stufo, come una moglie che per 18 anni viene tradita… Nessuno può sopportarlo, tantomeno un elettore liberale»

Nel dicembre 2012, Giannino ha raccontato che nel 2003 gli era stato diagnosticato un tumore alla spina dorsale, il motivo per cui da allora utilizza un bastone per camminare. Nello stesso articolo ha parlato dei suoi diversi problemi di salute, iniziati nel 1982 con un adenoma allo stomaco: «La mia vita è scandita da controlli e visite specialistiche, ma ormai ci sono abituato», ha scritto. Anche al Foglio ricordano di sue assenze quasi quotidiane dovute a visite mediche. Giannino è anche attivo, da anni, nel volontariato tra i giovani pazienti terminali all’ospedale San Pietro di Roma (al cui proposito dice: «dopo la mia famiglia, l’arricchimento più profondo che ho avuto in tutta la mia vita»).

Giannino è sposato in seconde nozze con Margherita Brindisi dal 15 ottobre 2011, in una cerimonia civile che è stata officiata dall’allora ministro Giorgia Meloni (oggi a sua volta leader di un nuovo piccolo partito nella coalizione di centrodestra, Fratelli d’Italia): lui era vestito “con una redingote blu elettrico a pois e una tuba Melegari”. La moglie, fatto curioso per l’autore del libro Contro le tasse, lavora alla SOGEI, la società di proprietà del ministero dell’Economia che si occupa principalmente delle attività tecnologiche per il sistema fiscale italiano. La spilla che Giannino porta sempre a sinistra sul petto – «sul cuore», dice lui – è l’insegna del Signal Corps degli Stati Uniti, il corpo militare che si occupa delle trasmissioni e delle comunicazioni nell’esercito statunitense. È un ricordo di un amico conosciuto durante il servizio militare e morto in combattimento in Iraq.

Giannino dà una spiegazione molto elaborata di come si veste – abiti su misura, di tagli e «colori stravaganti» (è anche un grande esperto di stoffe e tessuti) -, una sorta di ribellione alla tradizione di grigiore democristiano, con il quale, dice, «la classe dirigente di allora si vestiva dando l’idea agli italiani, che avevano pochi soldi all’epoca, di essere come loro (…) io allora, che non comando nulla, sono dell’opinione che invece bisogna distaccarsi dall’anonimato». Per una questione di libertà personale, per prima cosa, ma anche perché «chi si veste in grisaglia, è lui che comanda».

Oscar Giannino ha una pagina Facebook e un profilo Twitter.

Foto: GABRIEL BOUYS/AFP/Getty Images