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  • Martedì 16 ottobre 2012

Clinton si prende la colpa per Bengasi

Il segretario di Stato si è assunta la responsabilità della morte dell'ambasciatore Stevens, i repubblicani continuano ad accusare Obama (e stanotte c'è il secondo dibattito)

Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, si è assunto la responsabilità per quanto accaduto a Bengasi l’11 settembre scorso, quando un assalto condotto contro il consolato degli Stati Uniti in Libia portò all’uccisione dell’ambasciatore Christopher Stevens e di altri tre cittadini statunitensi. Nel corso di un’intervista, Clinton ha spiegato di ritenersi responsabile, poiché sotto la sua guida lavorano circa 60mila impiegati in tutto il mondo: «È come una grande famiglia… È doloroso, estremamente doloroso». Clinton ha anche detto che le missioni diplomatiche all’estero dipendono direttamente dal suo ufficio, e che quindi non è corretto accusare la Casa Bianca per come andarono le cose lo scorso settembre.

L’assalto al consolato di Bengasi fu condotto durante le proteste nate intorno alla diffusione di un “film” satirico sulla vita di Maometto, prodotto negli Stati Uniti. Il video, diffuso su YouTube, portò a scontri e proteste in molti paesi arabi, ma senza conseguenze drammatiche come nel caso della Libia. Nei giorni seguenti circolarono sospetti credibili riguardo l’ipotesi che l’attacco non sia stato un estemporaneo frutto delle proteste ma fosse stato pianificato, approfittando del caos seguito alla diffusione del video su Internet. L’amministrazione Obama fu accusata, soprattutto da ambienti repubblicani e dallo stesso candidato alle presidenziali Mitt Romney, di non aver gestito a dovere la sicurezza nel complesso del consolato dove furono uccisi i quattro cittadini statunitensi, compreso Stevens.

Nel corso di un’intervista alla CNN data mentre si trova in missione in Perù, Hillary Clinton ha precisato che né il presidente Barack Obama né il suo vice Joe Biden furono coinvolti nella gestione della sicurezza al consolato di Bengasi. Il segretario di Stato ha detto anche di essere al lavoro per capire come siano andate effettivamente le cose a Bengasi, se vi sia stato un attacco coordinato e dove abbiano fallito le misure di sicurezza adottate sul posto. Ha comunque ricordato che: «Faremo del nostro meglio per mettere in campo i migliori sistemi di sicurezza possibili, ma non possiamo tenere le persone isolate dietro mura di sei metri e pretendere che facciano il loro lavoro. Gli statunitensi si devono rendere conto che i civili che servono il nostro paese mettono la loro vita in prima linea… in un mondo che di suo è rischioso e pericoloso».

La settimana scorsa il Congresso degli Stati Uniti si è occupato dei fatti di Bengasi con un’audizione alla Camera, dove diversi esponenti repubblicani sono stati molto critici nei confronti della Casa Bianca, con accuse indirizzate anche verso lo stesso presidente e il suo staff. I toni sono stati meno duri nei confronti di Hillary Clinton, cui è stato riconosciuto l’impegno nel mettere in chiaro che cosa accadde al consolato. Stando a una fonte del Wall Street Journal, nei giorni precedenti l’audizione, Clinton avrebbe chiamato diversi membri del Congresso per spiegare loro le misure prese da settembre a oggi, per aumentare la sicurezza delle missioni all’estero e per ricostruire i fatti che portarono alla morte di Stevens.

L’assunzione di responsabilità da parte di Hillary Clinton arriva a poche ore di distanza dal secondo dibattito presidenziale tra Barack Obama e Mitt Romney e, secondo diversi osservatori, ha l’obiettivo di allentare la tensione su uno dei temi più controversi in politica estera degli ultimi mesi per l’attuale amministrazione. Il dibattito si terrà presso la Hofstra University di Hempstead, nello Stato di New York e i candidati dovranno rispondere alle domande di un pubblico selezionato, avendo maggiori possibilità di interagire tra loro rispetto al primo dibattito del 3 ottobre. È quindi probabile che si torni a parlare della vicenda di Bengasi, tema sul quale Romney potrebbe attaccare facilmente Obama.

L’argomento è stato affrontato anche lo scorso 11 ottobre durante il dibattito tra il vicepresidente Joe Biden e il candidato repubblicano alla vicepresidenza Paul Ryan. In quell’occasione Biden ha spiegato chiaramente che la Casa Bianca non aveva ricevuto particolari richieste per aumentare le misure di sicurezza a Bengasi, nei mesi prima dell’attacco. Con la sua assunzione di responsabilità, Clinton ha sostanzialmente confermato questa versione. Il padre dell’ambasciatore Stevens, Christopher, ha detto in un’intervista che la morte di suo figlio non dovrebbe essere politicizzata ai fini della campagna elettorale.