Si torna a parlare di Tobin Tax
Da ieri, anche grazie alla decisione dell'Italia, la tassa sulle transazioni finanziarie sembra essere una prospettiva più vicina e concreta, almeno in parte dell'Europa
Questa notte il Consiglio dei ministri ha approvato la cosiddetta “legge di stabilità” introducendo anche un provvedimento per la tassazione delle transazioni finanziarie, ispirato alla Tobin Tax. La Tobin Tax è un meccanismo proposto dall’economista americano James Tobin nel 1972 (professore di Mario Monti a Yale) per dare maggiore equilibrio ai mercati e disincentivare le operazioni speculative. Oggi, per Tobin Tax si intende la tassazione delle transazioni finanziarie (TTF) che si applica a chi opera sui mercati.
Della Tobin Tax-TTF si discute da molto tempo, tanto che Mario Monti, in un suo intervento, ne ha parlato paragonandola – come fece lo stesso Tobin – al mostro di Loch Ness: nel dibattito politico ed economico «si vede, poi scompare, poi dopo un po’ riappare». Da ieri però quella di una sua introduzione, in almeno parte dell’Europa, sembra essere una prospettiva più vicina e concreta.
L’Ecofin in Lussemburgo, ieri
Ieri, durante un incontro in Lussemburgo dell’Ecofin (il Consiglio Economia e finanza dell’UE, composto dai ministri dell’economia e delle finanze degli stati membri) è stato dato un primo via libera all’introduzione effettiva dell’imposta. Nonostante l’adesione sia stata di solo undici Paesi (compresa l’Italia) su ventisette, il numero è stato comunque sufficiente. La scorsa settimana, infatti, la Francia e la Germania avevano chiesto e ottenuto di autorizzare la cosiddetta “cooperazione rafforzata”, una procedura che consente di prendere decisioni vincolanti con il voto favorevole di almeno nove paesi. A favore, oltre a Francia, Germania e Italia, anche Spagna, Austria, Belgio, Portogallo, Slovenia, Grecia, Slovacchia, Estonia. Il Regno Unito, da sempre contraria, non potrà ora porre il veto. Così come la Svezia, l’Olanda e l’Irlanda e gli altri paesi che non hanno aderito.
Perché alcuni Paesi hanno detto di no?
I paesi sfavorevoli all’introduzione della TTF, in prima fila il Regno Unito, temono una fuga di capitali verso altri mercati. Come spiega oggi il Sole 24 Ore:
La tassa è molto criticata da chi paventa che finisca con l’incentivare la delocalizzazione delle attività finanziarie, aggravando la “fuga” degli investitori internazionali dall’Eurozona, ma è anche molto popolare politicamente per il suo innegabile contenuto etico e simbolico. E proprio a considerazioni di carattere politico interno sembra corrispondere, fra l’altro, il cambiamento di posizione del Governo italiano, inizialmente contrario alla “cooperazione rafforzata”. (…)
La “Tobin” resta comunque una tassa di difficile applicazione, se non a livello globale. Nel caso fosse applicata da un singolo Paese o da pochi Paesi con aliquote differenti, ci sarebbe il serio rischio di alimentare la speculazione, anziché scoraggiarla. Gli investitori preferirebbero operare in Paesi detassati o potrebbero effettuare arbitraggi finanziari giocando tra le differenti aliquote.
Per i Paesi che si sono dichiarati invece favorevoli, un simile sistema (oltre ad essere simbolicamente importante) potrebbe incentivare gli investimenti e disincentivare almeno in parte le speculazioni. L’altro vantaggio sarebbe poi la possibilità per gli Stati di ottenere un nuovo sistema per fare cassa, senza pesare con imposizioni fiscali direttamente su tutti i contribuenti. Alcuni economisti hanno calcolato che applicando una Tobin Tax dello 0,1 per cento si potrebbero ottenere annualmente 166 miliardi di dollari.
La prima proposta della Commissione europea
Nel settembre del 2011 la Commissione europea e il commissario alla Fiscalità, il lituano Algirdas Semeta, avevano proposto di introdurre la TTF nell’Eurozona sull’86 per cento circa delle transazioni fra istituzioni finanziarie (compresi derivati e fondi d’investimento) e secondo due aliquote minime diverse, lo 0,1 per cento per gli scambi di azioni e obbligazioni e lo 0,01 per cento per quelli sui derivati. Spiega il Sole 24 Ore:
Per minimizzare i rischi di delocalizzazione, la tassa, sempre secondo la proposta originaria, doveva applicarsi a qualunque transazione riguardante almeno un’istituzione finanziaria di un Paese membro, anche se effettuata fuori dall’Ue.
Nella nuova versione, questa condizione riguarderà i Paesi partecipanti alla cooperazione rafforzata invece che tutta l’Ue.
Le stime originarie sulle entrate (con l’applicazione in tutta l’Unione Europea) erano di 57 miliardi; gli effetti di un’applicazione ristretta non sono stati ancora quantificati.
I tempi
I tempi per la nuova tassa non saranno brevi. Entro la metà di ottobre Italia, Spagna, Slovacchia ed Estonia (i quattro paesi che da ieri hanno deciso di partecipare alla cooperazione rafforzata) dovranno inviare delle lettere formali. Il commissario UE Algirdas Semeta ha detto di voler presentare la nuova proposta all’Ecofin del mese prossimo. A quel punto, dopo un parere favorevole del Consiglio, gli undici paesi potranno procedere nella cooperazione rafforzata. L’effettiva operatività del sistema dovrebbe dunque realizzarsi entro la fine del 2014, anche se sono in molti a pensare che serviranno tempi più lunghi.