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  • Sabato 1 settembre 2012

Le foto degli “Shock Camp”

Sono prigioni alternative statunitensi a minima sicurezza, utilizzano programmi basati sulla disciplina, e sembrano dare qualche risultato

Secondo quanto riporta un articolo dell’Associated Press pubblicato ieri dal Wall Street Journal, i circa 45 mila detenuti statunitensi che hanno vissuto l’esperienza degli “Shock Camp” negli ultimi 25 anni, una volta usciti di prigione hanno mostrato tassi di recidiva molto più bassi della media.

I cosiddetti “Shock Camp” sono strutture di detenzione a minima sicurezza attive negli Stati Uniti a partire dagli anni Ottanta come alternativa alle classiche prigioni. Queste strutture, secondo quanto scrive un rapporto del dipartimento della Giustizia statunitense del 1994, «forniscono un ambiente terapeutico dove i giovani autori di reati non violenti ricevono un trattamento di rieducazione, un’educazione accademica e l’assistenza necessaria per promuovere il loro reinserimento nella comunità».

Questi centri di detenzione, che hanno una sorveglianza minima, si trovano quasi sempre tra i campi e non sono dotati di muri o barriere di reclusione, possono entrarci soltanto i detenuti giudicati colpevoli per reati non violenti che acconsentano al trattamento firmando un contratto. Il periodo di reclusione dura sei mesi, durante i quali i detenuti vivono in un clima altamente disciplinato, basato su orari fissi, con rassegne da parte degli ufficiali per controllare l’igiene dei detenuti, pranzi in comune, ma anche esercizi mirati a fortificare il fisico e a potenziare la fiducia reciproca tra loro.

In questo momento nello stato di New York ci sono 3 campi di questo tipo e con poco più di mille detenuti, scrive AP. I campi sono quello di Moriah, nei monti Adirondack, quello di Lakeview ad ovest della contea di Chautauqua, e quello di Monterey, nella regione dei Finger Lakes. Fino al 2011 ce n’era un quarto, quello di Albany, scrive sempre AP, ma è stato chiuso nel 2011 per problemi economici, anche se questo sistema rieducativo, mirato a ridurre la pena dei detenuti, ha fatto risparmiare secondo gli organizzatori del programma oltre 1 miliardo di euro in 25 anni.

Anche i dati forniti dagli organizzatori e citati da AP nell’articolo sembrano essere incoraggianti: pare infatti che, a distanza di un anno dalla fine della pena, i detenuti che hanno vissuto l’esperienza degli Shock Camp mostrino tassi di recidiva decisamente più bassi del normale: di quasi un terzo rispetto ai detenuti normali a un anno dal termine della pena (7% contro 19,9) e di circa la metà a 3 anni di distanza (26,4 contro 42).