Charles de Gaulle (1890-1970), French President, inspecting the Chelsea Pensioners in London during a state visit to Great Britain, April 1960. (Photo by Keystone Colour/Getty Images)

Come si fa un leader

Michele Salvati descrive cosa deve avere un politico che vuole fare la Storia

Michele Salvati sulla Lettura di oggi affronta una questione da sempre importante e oggi parecchio attuale, visti i tempi di indecisioni europee, difficoltà globali e governi tecnici italiani. Che cosa rende una persona un grande leader politico democratico?

«Das Madchen», la ragazza, così Helmut Kohl chiamava Angela Merkel, con affetto e condiscendenza. E che dire del confronto tra Hollande e il grande «florentin», François Mitterrand? O, ancora più schiacciante, tra Sarkozy e de Gaulle? O tra Tony Blair e Ed Miliband? Carità di patria mi trattiene dal paragonare i nostri attuali leader politici con i padri della Repubblica e questi pochi riferimenti servono solo a ricordare quanto siano comuni tali confronti, non solo in Europa. E quanto siano unanimi nel doppio giudizio che esprimono: non ci sono più i grandi leader democratici del passato e questo è insieme causa ed effetto del decadimento delle nostre democrazie. Quanto c’è di vero in questo doppio giudizio?

Prima di rispondere, chiediamoci chi sono i grandi leader democratici. Sono leader democratici coloro che non sovvertono le istituzioni fondamentali di una democrazia liberale: per un grande leader, per chi è profondamente convinto della necessità storica del proprio progetto, la tentazione di liberarsi degli impacci dei partiti, della rappresentanza e del parlamentarismo può essere molto forte. Essi sono dunque un sottoinsieme dei grandi leader, di coloro che cambiano il corso della storia, del loro Paese o di aree più vaste: Napoleone, Mussolini o Lenin sono stati grandi leader, grandi capi carismatici, ma non leader democratici. Cavour o Gladstone o de Gaulle lo sono stati. Questo precisato, chiediamoci ancora quali sono i caratteri essenziali e storicamente accertabili di un grande leader democratico, oltre a quello di porre come vincolo alla propria azione innovatrice le istituzioni di base di una democrazia liberale. Volendo molto semplificare, a mio avviso i caratteri essenziali sono due.

Il primo ha a che fare con la natura del progetto politico al quale essi dedicano la loro vita. Deve trattarsi di un progetto storicamente progressivo, che apre nuovi orizzonti di sviluppo economico, sociale e culturale al Paese di cui hanno la responsabilità politica e al contesto internazionale in cui è inserito. Di solito si tratta di rompere una situazione di stallo o di ristagno, prodotta da tenaci forze di conservazione che tenderebbero a perpetuarla. Il secondo carattere ha a che fare con la difficoltà del progetto, con la resistenza delle forze nazionali e internazionali, economiche, sociali e politiche, che devono essere piegate per realizzarlo. Più grande e innovativo il progetto, più tenaci le forze di conservazione, maggiore è la grandezza del leader, se riesce ad attuarlo e a mantenersi nei confini della democrazia. Ma chi valuta se il progetto era un grande progetto, un progetto che era giusto perseguire, e quanto fossero elevati gli ostacoli che vi si frapponevano? Valuta la storia, naturalmente, e la storia — ovvero il consenso delle principali correnti di studi storici — non è un giudice perfetto: giudizi dissidenti, a volte vere inversioni nel consenso dominante, sono comuni tra gli studiosi seri. E più veniamo a leader vicini nel tempo, meno distanti dai problemi politici che ancor oggi affrontiamo, maggiori sono ovviamente i dissidi.

(continua a leggere sul sito della Lettura)

foto: Charles de Gaulle nel 1960. (Keystone Colour/Getty Images)

Continua sul Post