• Mondo
  • Venerdì 22 giugno 2012

Chi aiuta i ribelli siriani

La stampa statunitense sta raccontando del sostegno logistico - e forse anche militare - della CIA, mentre aumentano i disertori fra i soldati di Assad

di Davide Piacenza

A rebel, member of the Free Syrian Army (FSA), waits at one of their bases in the town of Sarmada, in northwestern Syria, on April 16, 2012. Syrian opposition activists organised protests against President Bashar al-Assad's regime on April 20, 2012, in a new test of its readiness to honour a peace plan UN chief Ban Ki-moon said it has so far failed to heed. AFP PHOTO/D. Leal Olivas (Photo credit should read D. Leal Olivas/AFP/GettyImages)
A rebel, member of the Free Syrian Army (FSA), waits at one of their bases in the town of Sarmada, in northwestern Syria, on April 16, 2012. Syrian opposition activists organised protests against President Bashar al-Assad's regime on April 20, 2012, in a new test of its readiness to honour a peace plan UN chief Ban Ki-moon said it has so far failed to heed. AFP PHOTO/D. Leal Olivas (Photo credit should read D. Leal Olivas/AFP/GettyImages)

Nelle generali difficoltà di lettura e interpretazione di quello che accade da molti mesi in Siria, dove i giornalisti indipendenti sono pochi e perennemente sotto minaccia, una delle questioni ancora aperte riguarda i rifornimenti di armi dell’esercito ufficiale siriano e di quello cosiddetto ribelle, che si definisce Free Syrian Army (FSA). Nei giorni scorsi si è discusso della decisione della Russia di inviare verso la sua unica base navale del Mediterraneo, quella di Tartus, due navi da guerra con a bordo un ingente numero di soldati. In Scozia qualche giorno fa è stata bloccata una nave russa apparentemente carica di missili e armi, diretta in Siria. Ora si parla del ruolo degli Stati Uniti.

Articoli di diverse importanti testate statunitensi, dal New York Times al Wall Street Journal, scrivono infatti che la CIA sta avendo un ruolo nelle operazioni di riarmo delle forze dell’opposizione siriana nel sud della Turchia. Il rifornimento di fucili, granate anticarro e munizioni avverrebbe col benestare degli alleati statunitensi nella regione, su tutti Qatar e Arabia Saudita. Questi giornali, citando fonti anonime di intelligence, parlano di agenti della CIA che starebbero reclutando uomini al confine turco, con l’intento di fornire ai ribelli siriani i mezzi per costruire una rudimentale rete di servizi segreti. Altri parlano solo di aiuti logistici e strategici, e non di rifornimenti di armi. Già a maggio il Washington Post aveva sottolineato un crescente flusso di armi provenienti dai paesi del Golfo Persico, che si ipotizzava essere gestito dagli Stati Uniti. L’amministrazione Obama aveva però negato ogni coinvolgimento in operazioni del genere.

Il discorso dell’armamento dei siriani è diventato un caso diplomatico pochi giorni fa, quando il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha apertamente accusato i russi di rifornire il regime di Assad di elicotteri da guerra. Il ministro degli esteri russo, Sergey Lavrov, è intervenuto accusando l’amministrazione americana di “ipocrisia” per i suoi passati traffici di armi nella regione e aggiungendo che gli elicotteri di cui parlava Clinton erano solo mezzi russi oggetto di riparazioni di routine. La Russia, da tempo il principale alleato di Assad, è poco propensa alla destituzione del regime, nonostante le pressioni di Obama e della comunità internazionale.

In ogni caso, da quando le diserzioni dei soldati del regime sono aumentate a un ritmo da rendere difficili controlli e punizioni, l’esercito dei ribelli ha potuto contare su un buon apporto di forze, come racconta lo Spiegel. I disertori dell’esercito governativo sarebbero molte migliaia, finora, stando a fonti interne al paese, ma sono soltanto una fetta del Free Syrian Army. L’esercito dei ribelli è una formazione eterogenea di gruppi anche molto diversi, clan militari che operano a livello cittadino e regionale, con poche connessioni fra loro e in assenza di strutture gerarchiche ben definite, spesso arroccati in postazioni militari sottratte alle forze del regime.

Nato ufficialmente nel luglio del 2011 per iniziativa di un gruppo di disertori, il FSA ha più volte dichiarato la sua apoliticità, sottolineando che il suo unico scopo è rimuovere il presidente Assad. L’attuale leader, il colonnello Riad al-Asaad, il 10 giugno dichiarava di poter contare sull’apporto di 15.000 uomini (da allora le diserzioni sarebbero molto aumentate, e ieri un pilota siriano è volato in Giordania chiedendo asilo politico).

Il punto di riferimento dell’opposizione siriana continua però a essere il Consiglio Nazionale Siriano (Syrian National Council, SNC), l’organizzazione in esilio che raccoglie i diversi gruppi della resistenza siriana: dai Fratelli Musulmani al Damascus Declaration
for Democratic Change (un movimento nato nel 2000 e subito soppresso), dai leader tribali ai rappresentanti delle fazioni curde. Il Consiglio Nazionale Siriano sta tentando di unire le diverse divisioni locali dell’esercito di liberazione, in modo da formare una resistenza più efficace a livello nazionale.

foto: Sarmada, Siria. (D. Leal Olivas/AFP/GettyImages)