I nostri account, dopo di noi

Negli Stati Uniti si discute l'opportunità e la possibilità di dotarsi di un testamento digitale, per consentire a qualcuno di fiducia di occuparsi dei nostri dati dopo la nostra morte

Quando 19 mesi fa Benjamin Stassen, di Washington, si è suicidato all’età di 21 anni, non ha lasciato niente di scritto, almeno non in un diario o su un foglietto di carta. I suoi genitori sono però convinti che l’attività online del figlio potrebbe fornire loro qualche indizio per comprendere le ragioni del suo gesto. E ritengono, in quanto eredi, di avere il diritto di avere accesso ai suoi account. La famiglia Stassen si trova quindi impegnata in una battaglia legale con Facebook e Google che sostengono invece di dover rispettare i contratti legati alla privacy e stipulati con i loro utenti.

Gli Stassen sono una delle tante famiglie che cercano di ottenere dalle società online gli accessi (alla casella di posta elettronica, a Facebook, ai conti bancari online) di una persona defunta. Un giudice ha stabilito che i Stassens sono gli eredi di tutto ciò che apparteneva al figlio: beni e documenti, inclusi i contenuti del suo account Facebook. L’ordinanza del tribunale si trova ora nell’ufficio legale di Facebook che potrebbe decidere di fare ricorso o conformarsi.

Su Facebook esiste un modulo per segnalare il profilo di una persona deceduta: vanno indicati il nome e il cognome, la data di nascita e altri dati. Una volta inviato, il documento deve essere accolto dallo staff di Facebook: il profilo di questa persona verrà reso privato e visibile solo ai suoi amici confermati, scomparendo anche dalle ricerche pubbliche.

Il programma televisivo Rock Center, della rete statunitense NBC, si è occupato della storia della famiglia Stassen e ha raccolto alcune opinioni legali da parte di giuristi e associazioni per i diritti civili. Secondo Rebecca Jeschke, della Fondazione Electronic Frontier, che difende i diritti civili online, sarebbe il caso di pensare a una sorta di testamento digitale, in cui ognuno renda noto ai familiari come desidera vengano trattati i suoi dati online dopo la propria morte. “Non credo di essere sola a trovarsi in imbarazzo all’idea che qualcuno legga la mia corrispondenza online dopo la mia morte”, ha aggiunto Rebecca Jeschke.

Naomi Cahn, che insegna legge all’università George Washington, ha precisato che per ora non esiste nessun precedente legale sull’argomento, aggiungendo che sarebbe auspicabile che avvocati, leggi statali, governo federale e internet provider comincino a discuterne per poter riempire al più presto il vuoto legale. Per ora, ha detto Cahn, compagnie internet come Google, Yahoo e Facebook hanno redatto le condizioni di utilizzo dei loro prodotti considerando che la maggior parte degli utenti considerino i propri account come privati, e inaccessibili anche con la loro scomparsa.

Il governo statunitense, all’inizio del maggio scorso, ha pubblicato un articolo sul suo blog ufficiale in cui invita gli utenti dei social network a lasciare scritte le proprie volontà sulla gestione degli account. L’articolo, che si intitola “Come e perché dovreste scrivere un testamento per i social media”, spiega come muoversi per nominare un esecutore testamentario che si occupi di chiudere o di gestire i propri profili.