Juliette Greco ha 85 anni

Ha cantato intorno a generazioni di cultura francese, a cominciare dagli esistenzialisti e dai poeti francesi della Rive Gauche. Si veste sempre di nero, è bellissima e non ha ancora smesso

«Mi chiamo Juliette Gréco, e non ho mai avuto uno pseudonimo. Sono nata il 7 febbraio 1927. Mia madre mi ha detto che quel giorno pioveva, e la pioggia favorisce la crescita di tutte le piante, anche quelle più velenose». Juliette Gréco, attrice e cantante francese, è nata il 7 febbraio 1927 a Montpellier e compie oggi 85 anni (25 in più di Vasco Rossi, già). Si veste sempre (e da sempre) di nero («perché è l’unico colore che mi difende e protegge, con un altro qualcuno potrebbe vedermi»), la sua pelle è ancora chiarissima (Pablo Picasso diceva di lei che «si abbronzava alla luna»), ed è stata amica e ispiratrice di Jacques Prévert, Jean-Paul Sartre, Raymond Queneau, François Mauriac, Boris Vian, Charles Aznavour.

Il padre di Juliette Gréco era corso e la madre, bordolese, fu un membro attivo della Resistenza in Francia. Venne arrestata nel 1943 e con la primogenita Charlotte venne deportata in un campo di prigionia. Juliette, che aveva solo 16 anni, fu invece liberata e venne accolta dalla sua insegnante di francese a Parigi, Hélène Duc, che la incoraggiò a partecipare al concorso della scuola d’arte drammatica francese più importante del tempo: il Conservatorio. Greco non venne ammessa, ma Madame Dussane, nei suoi commenti, annotò «Da sorvegliare per l’avvenire».

La Rive Gauche
Juliette Greco iniziò a frequentare i caffè della Rive Gauche, ad esplorare la vita intellettuale del Quartiere Latino e di Saint Germain des Prés: ottenne una serie di ruoli minori nel teatro francese e un lavoro in un programma radiofonico nazionale dedicato alla poesia. Nel 1947, in Rue Dauphine, aprì il “Tabou”, poi leggendario luogo di incontro degli Esistenzialisti. Juliette ricorda: «Si scendeva una scaletta di pietra, bisognava fare attenzione a non urtare la testa e si arrivava in un luogo rettangolare che sembrava ideale per far risplendere lo spirito della libertà riconquistata dopo i funesti anni nazisti dell’occupazione. L’oscurità del Tabou era squarciata dai lampi del nostro entusiasmo e i Maestri offrivano il sapere senza costringerci all’inchino».

Nel locale si ritrovavano anche i più grandi artisti e musicisti del tempo, come Jean Cocteau e Miles Davis con il quale Juliette ebbe una storia d’amore (si è sposata tre volte: con gli attori Philippe Lemaire e Michel Piccoli e con il pianista Gérard Jouannest che, ancora oggi, la accompagna sul palcoscenico). A quel tempo, Juliette Gréco non cantava ancora. Il successo arrivò nel 1949, quando Prévert, Queneau e Aznavour scrissero delle canzoni per lei. Jean-Paul Sartre le donò, invece, il testo “La Rue des Blancs-Manteaux”.

“Si tu t’imagine”, 1950, parole di Raymond Queneau

“Je les hais les dimanches”, 1952, parole di Florence Véran e Charles Aznavour

“Les Feuilles mortes”, 1952, parole di Jacques Prévert

Il cinema
Gli anni Cinquanta furono, per Juliette Gréco, anche quelli dedicati al cinema: divenne però celebre sullo schermo nella metà degli anni Sessanta con la serie “Belphégor”, film in 5 episodi trasmessi in Italia sulla Rai con il titolo “Belfagor-Il fantasma del Louvre” tra giugno e luglio del 1966. Nel 2001 ne è stato fatto un remake con Sophie Marceau. Al cinema recitò in “Orpheus”, film del 1950 diretto da Jean Cocteau, in “Bonjour Tristesse”, del 1958, tratto dal romanzo di Françoise Sagan. Il produttore cinematografico Darryl Francis Zanuck (uno dei fondatori della 20th Century Fox Film Corporation) la volle con sè in America, ma nessuno dei film da lui prodotti con Gréco nei ruoli principali (“Le radici del cielo” 1958, “Crack in the Mirror” 1960 e “The Big Gamble” 1961) ebbero molto successo. Grazie all’incontro con Serge Gainsbourg, Léo Ferré e Jacques Brel incise invece molte delle canzoni che la resero celebre in tutto il mondo tra gli anni Sessanta e Settanta.

“Jolie Môme”, 1961, parole di Léo Ferré

“Sous le ciel de Paris”, 1962, parole di Maurice Chevalier

“Désabillez-moi”, 1967

Le tournée internazionali
Nonostante una grave depressione, Juliette Gréco continuò a incidere album e a tenere concerti in tutto il mondo. Nel 1966 cantò al Théâtre National de Paris con Georges Brassens, l’anno dopo registrò la propria versione della canzone di Jacques Brel “La chanson des vieux amants”, a Berlino si esibì davanti a un pubblico di 60mila persone e portò le sue canzoni in numerose tournée internazionali. Lei, in un semplice abito nero, appariva in quegli anni da sola davanti a un sipario di velluto rosso. Rimase sempre fedele alla canzone d’autore, con testi composti da poeti e scrittori, spesso di non semplice comprensione per il grande pubblico: e fu forse questo il motivo per cui, inizialmente, fu meno celebrata di Edith Piaf. Negli anni Settanta interpretò “Les voyous” del poeta Pierre Seghers, “Le 6ème sens” di Serge Gainsbourg e “J’arrive” di Jacques Brel.

“J’arrive”, 1968, parole di Jacques Brel

Un simbolo della Francia
Nel 1982 scrisse la sua autobiografia (“Jujube”) e nel 1983 pubblicò l’album “Gréco 83”, una selezione delle sue migliori canzoni. Juliette Gréco era ormai diventata un simbolo della Francia: nel 1991 cantò all’Olympia di Parigi e nel 1999 venne accolta nell’Ordre national du mérite, un ordine cavalleresco concesso dalla Repubblica Francese, fondato dal presidente Charles de Gaulle. Pubblicò altri 3 album: nel 2003 “Aimez-vous les uns les autres ou bien disparaissez”, nel 2006 “Le temps d’une chanson” (con il contributo dei grandi nomi del jazz americano: il sassofonista Michael Brecker e il trombettista Wallace Roney) e nel 2009 “Je me souviens de tout” registrato in soli quattro giorni e presentato al Théâtre des Champs Elysées, a Parigi.

“Non Monsieur, je n’ai pas vingt ans”, 1980

“La chanson des vieux amants”, all’Olymipia di Parigi nel 2009

La posizione
Juliette Gréco rimase fedele agli ideali politici della sua giovinezza e degli ambienti in cui si formò. Ogni occasione fu per lei buona per parlare contro l’oppressione dei regimi politici e per difendere i diritti umani. Uno degli esempi più noti è quando cantò in Cile, mentre il paese era ancora sotto la dittatura militare del generale Pinochet. Allo stadio di Santiago, davanti a un pubblico composto di soldati, la cantante francese scelse un repertorio apertamente critico con le dittature e pacifista. Venne fischiata e fu costretta ad abbandonare il palco. Nel 2002 sottoscrisse una somma a favore del giornale comunista francese L’Humanité. La sua azione venne interpretata come una dichiarazione di appartenenza al movimento comunista: «Sì, è vero – spiegò Gréco – c’è stato un grande clamore per quella donazione, che a un certo punto è diventata pubblica. Bisogna distinguere tra l’ideale, il sogno giovanile e la realtà. Non è che se uno sottoscrive per un giornale comunista vuol dire che appartiene a quel partito. Vuol dire che ritiene quel giornale indispensabile alla vita politica di un paese. Quanto al comunismo, è chiaro che le cose sono cambiate, ma è come per la religione: qualche cosa resta sempre del proprio credo, anche se si è trasformato in utopia».

Il compleanno
Juliette Gréco ha deciso di festeggiare i suoi 85 anni con un nuovo disco (“Ça se traverse et c’est beau”: tredici canzoni dedicate ai ponti di Parigi) e con tre concerti al Théâtre du Châtelet, il primo dei quali si è svolto ieri sera. Uno dei nuovi testi è stato scritto da Amelie Nothomb, un altro ancora da Philippe Soller. Juliette Gréco ha firmato invece le parole di “Miroir noir”. Sul palco, insieme a lei, c’è il pianista Gerard Jouannest, suo marito e compagno di palcoscenico da una vita.