Le centrali solari nel Sahara

Potrebbero essere la soluzione ai problemi energetici dell'Europa, ma ci sono costi altissimi e ostacoli politici

Il vertice delle Nazioni Unite da poco finito a Durban ha riaperto, almeno per qualche giorno, il dibattito sul fabbisogno energetico e sulla produzione di energia da fonti rinnovabili che possa ridurre i livelli di inquinamento in molte aree del mondo. Molti ripongono le loro speranze nel solare, risorsa disponibile a basso costo e diffusa in buona parte del pianeta, ma dopo decenni di discussioni e prove sul campo, i sistemi per produrre energia dal sole faticano ancora ad affermarsi. Le cose potrebbero cambiare nei prossimi anni, come spiega Leo Hickman con un lungo articolo sul Guardian, grazie a un consorzio che mira a sfruttare al meglio l’energia solare raccogliendola là dove non manca mai: nei deserti.

Tra i primi a stimare quanta energia solare fosse necessaria per soddisfare il fabbisogno dell’umanità ci fu Gerhard Knies. Tedesco, esperto di fisica delle particelle, Knies si mise a studiare il problema dopo il disastro di Chernobyl nel 1986 e giunse a questa importante conclusione: in sei ore i deserti di tutto il mondo ricevono più energia dal Sole di quanto ne consumi l’intera umanità in un anno. In linea teorica, quindi, una porzione del Sahara grande quanto il Galles (circa 28mila chilometri quadrati) ricoperta di pannelli solari potrebbe dare energia a tutta l’Europa.

Sulla base delle valutazioni di Knies e dei numerosi altri studi realizzati negli anni sul solare, nel 2003 è nata Desertec, un’iniziativa che vede principalmente impegnata la Germania e che mira a produrre entro il 2050 il 15 per cento dell’energia di cui ha bisogno l’Europa grazie ai raggi del Sole. L’ambizioso progetto prevede la costruzione di una rete di centrali solari ed eoliche in un’ampia area compresa tra il Medio Oriente e il Nordafrica. I complessi dovrebbero essere poi collegati con l’Europa tramite elettrodotti di nuova generazione, in grado di disperdere solamente il tre percento dell’elettricità che trasportano ogni mille chilometri. L’intero progetto ha un costo che si aggira intorno ai 400 miliardi di euro e secondo gli scettici non sarà mai realizzato completamente.

Nonostante le difficoltà economiche, politiche e tecniche, Desertec negli ultimi anni ha raccolto importanti investimenti e nel 2009 è nata anche la Desertec Industrial Initiative (Dii), un consorzio formato da società come Siemens ed E.ON e da istituti di credito come Deutsche Bank. Il piano ha assunto maggior consistenza e a novembre i responsabili dell’iniziativa hanno annunciato di essere pronti per costruire una prima centrale solare in Marocco. L’area prescelta si trova a pochi chilometri di distanza dalla città di Ouarzazate, a ridosso del deserto sabbioso del Sahara.

Desertec costruirà un complesso che si estende per dodici chilometri quadrati e che, una volta terminato, sarà in grado di produrre fino a 500 Megawatt. Si tratta di un progetto pilota, spiegano i responsabili dell’iniziativa, che servirà per mostrare ad altri investitori la validità del sistema e per convincere imprenditori e politici a incentivare la costruzione di simili centrali tra Nordafrica e Medio Oriente. A partire dal 2020 gli organizzatori confidano di coinvolgere anche Egitto, Siria, Libia e Arabia Saudita grazie alla posa dei nuovi cavi attraverso il Mediterraneo e la Turchia verso l’Europa. Il progetto dovrebbe essere in grado di autosostenersi a partire dal 2035, spiegano i responsabili dell’iniziativa.

Per molti paesi africani Desertec potrebbe essere una grande occasione di sviluppo, ma secondo i detrattori difficilmente darà nuove opportunità e potrebbe ridursi tutto in una nuova forma di colonialismo. I progettisti, gli ingegneri e i tecnici che si occupano dell’iniziativa sono principalmente europei e le loro strumentazioni sono prodotte in Occidente. Inoltre, i politici locali non vedono di buon occhio Desertec perché mira a produrre nei loro paesi energia che non servirà poi per soddisfare le loro necessità, ma per portare energia a migliaia di chilometri di distanza in Europa. In effetti quando l’iniziativa fu presentata alla Lega Araba, Desertec incontrò numerose resistenze. L’idea non piaceva e furono necessari molti incontri e mediazioni per convincere i leader dei paesi arabi sulle opportunità (lavorative, economiche) offerte dalle nuove centrali solari.

Lo scetticismo intorno a Genertec non manca e in parte è anche dovuto a una domanda cruciale, soprattutto in tempi di crisi come questi: chi paga per un progetto così ambizioso e costoso? Una risposta netta e precisa al momento non esiste. Per la centrale in Marocco si parla di una serie di prestiti da parte della Banca Mondiale, ma è probabile che i fondi non saranno sufficienti per coprire anche altre iniziative. Intorno al consorzio ci sono comunque diversi istituti di credito tedeschi che, crisi permettendo, potrebbero diventare primi prestatori. Altri fondi potrebbero arrivare dall’Unione Europea e quindi, in ultima istanza, dalle tasche dei cittadini europei.

Oltre ai problemi economici, per Desertec ci sono all’orizzonte anche problemi tecnici non indifferenti. La grande esposizione annua ai raggi solari rende la zona del Sahara ideale per le centrali solari, ma le aree sabbiose sono un ostacolo per l’efficienza dei sistemi solari. I granelli di sabbia ricoprono i pannelli o gli specchi parabolici delle centrali, riducendone l’efficienza. Sono così necessarie decine di metri cubi di acqua ogni giorno o settimana per ripulirli e assicurare una produzione ottimale di energia. E l’acqua deve essere inevitabilmente prelevata dalle sorgenti locali, sperando che ce ne sia nelle vicinanze. Nel caso di centrali nel bel mezzo del deserto, infatti, l’approvvigionamento sarebbe quasi di sicuro un problema e a oggi non esistono sistemi di pulizia a secco validi per ripristinare l’efficienza dei sistemi sporcati dalla sabbia.

Nel campo della produzione di energia il rapporto tra costi e benefici è fondamentale per realizzare sistemi che funzionino, e non solo nel breve termine. Nel caso di Desertec l’impressione è che il piano sia più che altro orientato a favorire le aziende del solare attive in Germania, conclude il Guardian. Le tecnologie tedesche per la produzione di energia elettrica dai raggi solari sono tra le più avanzate al mondo e molti dei componenti di cui avrà bisogno Desertec sono prodotti solo nel paese.