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  • Domenica 4 dicembre 2011

Come vanno le cose in Afghanistan

Non così male come dicono i media: alla luce degli ultimi dati c'è da essere molto ottimisti, scrive l'Economist

(AP Photo/ Ahmad Jamshid)

(AP Photo/ Ahmad Jamshid)

Nonostante gli ultimi attacchi terroristici contro le truppe della NATO, il trattamento poco conciliante della stampa occidentale e il recente omicidio dell’ex presidente Burhanuddin Rabbani, secondo l’Economist la situazione in Afghanistan sarebbe in netto miglioramento: c’è da essere ottimisti.

A Bonn, in Germania, è in corso una conferenza internazionale sul futuro dell’Afghanistan (tra l’altro boicottata dal Pakistan), dal titolo “Dalla transizione alla trasformazione dell’Afghanistan”. Ai lavori, che terminano il 5 dicembre, partecipano 103 delegazioni, 85 Paesi – per l’Italia c’è il ministro Terzi di Sant’Agata – e 17 organizzazioni internazionali, per stilare un programma di sostegno per l’Afghanistan dopo il 2014, anno del previsto ritiro dei 130mila soldati della missione ISAF guidata da NATO e Stati Uniti. La comunità internazionale prometterà un impegno di partenariato civile ed economico di lungo periodo, l’Afghanistan dovrà impegnarsi nelle riforme istituzionali, politiche, economiche e in tema di diritti umani.

Quella di Bonn è la prima conferenza internazionale guidata dall’Afghanistan e questo, secondo l’Economist, è già un grande segno di maturità per il Paese dopo dieci anni di guerra. Secondo uno studio della Banca Mondiale, dal 2014 per ripartire l’Afghanistan avrà bisogno di circa 7 miliardi di dollari all’anno in aiuti: una somma tutto sommato ridotta, visto che solo gli Stati Uniti in questi anni ne hanno investiti 440 miliardi.

Per quanto riguarda la resistenza talebana, invece, secondo l’Economist si dovrebbero considerare soprattutto i risultati raggiunti negli ultimi anni. Nelle province di Helmand e Kandahar, roccaforti talebane nel sud del Paese, i terroristi hanno subito una batosta, tanto che gli attacchi ai militari ISAF sono in forte calo (in alcune aree fino al 29 per cento). Questo ha significato un aumento degli attentati contro i civili, che nel 2011 hanno costituito l’85 per cento delle persone uccise nel conflitto, ma per questo i talebani avrebbero oramai consensi minimi tra la popolazione. Una volta indeboliti anche dal punto di vista militare, i talebani potrebbero ricominciare i negoziati col governo, considerati fondamentali dalle autorità afghane per riportare il paese alla normalità. Anche perché dopo il 2014 i talebani non avrebbero più la scusa dell’occupazione militare straniera per continuare i propri attacchi.

La condizione necessaria affinché l’Afghanistan possa tornare alla normalità, tuttavia, è che le Forze di sicurezza afghane ANSF (Afghan National Security Forces) siano per il 2014 pienamente operative e ben organizzate. Il raggiungimento di questo obiettivo passa per una maggiore integrazione delle varie etnie del Paese (in primis i pashtun) proprio nell’ambito delle forze armate, che hanno accolto già 3mila ex talebani tra le propria fila. Inoltre, dopo i brogli delle ultime elezioni, sarà fondamentale la credibilità del voto del 2014.

Rimangono altri gravi problemi da risolvere, primo su tutti il gioco sporco del Pakistan, dove i servizi segreti deviati dell’ISI sostengono i talebani e le reti terroristiche di Haqqani con basi al confine tra i due paesi. Senza contare la produzione di droga e le molte cose che non vanno nello stesso governo di Karzai, che si è spesso distinto per corruzione e altre pratiche poco trasparenti. Ma la fiducia degli afghani nell’esecutivo cresce, ora è all’80 per cento. Da quando non governano più i talebani alcune cose sono migliorate, e di molto: prima dell’invasione del 2001, i bambini e le pochissime bambine che andavano a scuola erano 1,2 milioni, oggi sono 8,2 (e il 40 per cento di loro sono bambine); gli afghani che avevano una copertura sanitaria erano l’8 per cento, oggi sono l’80; il Parlamento afghano oggi è composto per il 27 per cento da deputate, mentre oltre il 60 per cento degli afghani ha un telefonino e sono nati canali televisivi (ora a quota 75) e radio private (175). L’economia del Paese cresce del 9 per cento l’anno. Un risultato sicuramente figlio degli aiuti internazionali e della presenza delle forze ISAF, ma secondo la Banca Mondiale, dopo il 2014 il paese potrà continuare a crescere da solo di circa il 5-6 per cento ogni anno.

Foto: AP /Ahmad Jamshid