Domatori di Berlusconi

L'Italia che tratta il proprio PresdelCons come un animale da addomesticare, o un bambino capriccioso da calmare

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
14-09-2011 Roma
Politica
Camera – manovra crisi economica
Nella foto: Silvio Berlusconi
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
14-09-2011 Rome
Politics
Chambers of Deputies – economic measure -
In the picture: Silvio Berlusconi

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse
14-09-2011 Roma
Politica
Camera – manovra crisi economica
Nella foto: Silvio Berlusconi
Photo Mauro Scrobogna /LaPresse
14-09-2011 Rome
Politics
Chambers of Deputies – economic measure -
In the picture: Silvio Berlusconi

Non ci pare che manchino gli elementi che mostrano non solo la drammaticità della crisi politica italiana, ma il suo aver perduto ogni senso del ridicolo e ogni misura di dignità adulta. Un giorno sì e uno sì si rinnovano occasioni di riflessione sul paradosso di un governo che la maggioranza del paese ritiene inadatto a governare e nessuno riesce a far spostare, o sul navigare alla deriva del suddetto governo, o sull’abbrutimento di una classe politica fatta nella sua maggioranza di singoli inetti che trascinano quotidianamente le proprie esistenze indifferenti al proprio ruolo. La gestione politica dell’Italia oggi non è solo un disastro, è un asilo. Come dimostra ancora non tanto la sconfitta di ieri alla Camera della maggioranza – può accadere, è la politica – ma le reazioni infantili successive, con accuse a questa o quell’assenza, conti di pallottoliere, sghignazzi dall’altra parte, pretese che sia stato un caso, eccetera.

La ciliegina sulla torta di questo scenario è la strada prevalente ormai presa dalle considerazioni su come uscirne, quella che di fatto cerca di addomesticare Berlusconi come fosse un animale uscito dalla gabbia o un bambino capriccioso, avendo rinunciato a ogni altro progetto. Un numero crescente di analisti e commentatori orienta ormai le proprie proposte allo psicanalitico: dalle richieste di dimissioni degli editorialisti del Corriere della Sera che spiegano al PresdelCons che la sua uscita sarà onorevole e gli farà fare una bella figura, a Michele Serra che oggi su Repubblica cerca di capire cosa ci sia nella testa di Berlusconi a tenerlo attaccato a una scelta che paghiamo tutti (“gli pare inverosimile che qualcuno non lo ami”), a Giancarlo Loquenzi che in tv qualche giorno fa è arrivato a rivendicare, come se fosse una cosa normale, che “più gli si chiede di dimettersi, più lui non lo farà”.

E non è solo una cosa degli addetti ai lavori. Al Post arrivano con crescente frequenza proposte di lettere aperte o proposte a Berlusconi, da parte di lettori e collaboratori, coi toni più vari: i più decisi critici del PresdelCons sono rosicchiati dal dubbio che l’assurdità della situazione sia così palese che non è possibile che non la veda lui stesso, il PresdelCons. Dovrà capirla, in qualche modo, mormorano in molti: non foss’altro che per il suo interesse (di recente abbiamo sentito qualcuno evocare persino l’offerta di una trattativa per un salvacondotto giudiziario, in un’applicazione della logica dell’emergenza speculare e complementare di quelle che invece suggeriscono l’insurrezione).

E così declina questa crisi politica, e si porta dietro ben altro che il fallimento di oggi: quando Berlusconi sarà finito non tornerà tutto a posto, e la ricostruzione di una maturità generale sarà una specie di dopoguerra senza piano Marshall. Che forse sarebbe il caso di anticipare smettendo di trattare una crisi politica come un caso umano, ancora di più se lo fosse per davvero: per la nostra dignità, per evitare che diventi sessanta milioni di casi umani.