Hanno spento Tevatron

Il grande acceleratore di particelle del Fermilab di Chicago è stato disattivato, ma le scoperte sulla velocità dei neutrini potrebbero regalare un nuovo futuro al centro di ricerca

Ieri alle due del pomeriggio, una simpatica signora di settantacinque anni ha spento Tevatron, il secondo acceleratore di particelle più potente al mondo dopo il Large Hadron Collider (LHC) del CERN di Ginevra. Helen T. Edwards ha azionato un tasto rosso e poi uno verde, fermando l’impianto con una circonferenza di 6,3 chilometri, che aveva contribuito a progettare e costruire negli anni Settanta.

Per un quarto di secolo, Tevatron ha dominato il campo degli studi legati alla fisica delle particelle, primato che negli ultimi anni gli era stato sottratto da LHC. L’acceleratore si trova nei pressi del Fermi National Accelerator Laboratory (Fermilab) di Batavia, vicino Chicago. Fu il primo sistema a far scontrare tra loro particelle con energia pari a un trilione di electron-volt, ovvero un TeV, termine dal quale deriva il nome dell’acceleratore. Utilizzando Tevatron fu possibile scoprire l’esistenza del “quark top”, la particella fondamentale del cosiddetto modello standard usato dai fisici per descrivere le componenti base dell’universo e di tutto quello che ci circonda.

Lo scorso anno si ventilò l’ipotesi di mantenere attivo l’acceleratore di particelle. Si pensò che potesse essere ancora utile per trovare uno dei pezzi mancanti al grande puzzle della fisica, il bosone di Higgs, che secondo i fisici conferisce una massa a tutte le altre particelle. La speranza era quella di verificarne l’esistenza prima del CERN, ma dopo una lunga discussione il Congresso decise di chiudere la struttura e lasciare che al bosone di Higgs ci pensassero i ricercatori di Ginevra.

La chiusura di Tevatron rischia di rendere marginale l’importanza del Fermilab nel campo della fisica delle particelle, ma una nuova opportunità potrebbe dare comunque un futuro al centro di ricerca, come spiega questa settimana l’Economist. Grazie alla scoperta, tutta da confermare, della scorsa settimana sui neutrini che viaggiano a una velocità superiore di quella della luce, per il Fermilab potrebbe aprirsi un nuovo futuro.

La scoperta del bosone di Higgs è importante, senza dubbio. Si tratta, tuttavia, di una teoria un po’ antiquata considerato che risale agli anni Sessanta. I neutrini più veloci della luce, se davvero esistono, sono invece qualcosa di completamente nuovo. E il Fermilab è in una bona posizione per poterli studiare. Produce già i fasci più intensi di neutrini, utilizzando un sistema che non ha nulla a che vedere con il Tevatron. Un progetto chiamato NOvA, che dovrebbe iniziare a raccogliere i primi dati a partire dalla primavera del 2013, invierà i neutrini attraverso la crosta terrestre da Batavia a un rilevatore sotterraneo distante 810 chilometri in Minnesota. Se NOvA otterrà gli stessi risultati di OPERA [il dispositivo del Gran Sasso che ha rilevato una velocità dei neutrini superiore a quella della luce, ndr] e di MINOS, allora l’era della fisica post-Einstein sarà davvero iniziata e il Fermilab ne sarà al centro.

Il responsabile del centro di ricerca, Pier Oddone, ha piani ambiziosi per la struttura anche se rimarrà priva del suo famoso acceleratore di particelle. Dopo NOvA è in progetto un altro esperimento chiamato LBNE (Long Baseline Neutrino Experiment) per inviare un fascio ancora più intenso di particelle verso un altro laboratorio sotterraneo, che sarà costruito nel South Dakota, e avere una misurazione ancora più accurata della velocità dei neutrini.

Il progetto è ritenuto molto interessante dalla comunità scientifica, ma ha l’enorme difetto di essere molto costoso. LBNE richiederà almeno un miliardo di dollari di investimenti per essere realizzato e, anche a causa della crisi economica, gli Stati Uniti non sembrano essere molto dell’idea di sostenere una simile spesa. Lo scorso anno l’agenzia governativa National Science Foundation ha negato il proprio sostegno per il progetto del laboratorio nel South Dakota, che è passato così al Dipartimento dell’Energia. Il Congresso non ha trovato un accordo su un primo stanziamento da 17 milioni di dollari per avviare il piano, che rimane quindi in sospeso.

Le ricerche legate alla fisica delle particelle sono costose, specialmente nella fase di costruzione dei grandi macchinari necessari per gli esperimenti. Complice la crisi economica e le disponibilità di meno fondi, gli Stati Uniti stanno definitivamente abbandonando la strada della ricerca in solitaria in questo campo, conclude l’Economist. Del resto, già da tempo gli Stati Uniti collaborano con i principali centri di ricerca sulle particelle in giro per il mondo, compreso il CERN di Ginevra.

La fisica non appartiene a nessun paese. Ciò detto, potete scommettere che i ricercatori del Fermilab saranno felici di rivendicare il loro ruolo nell’aver contribuito a smontare la relatività. Perché nel profondo del loro cuore, persino gli scettici che dicono di ritenere i risultati di OPERA un errore sperano in realtà che non sia così.