Le canzoni più belle di Ella Fitzgerald

E le foto, a quindici anni dalla sua morte

Quindici anni fa moriva una delle voci femminili più belle del secolo scorso, Ella Fitzgerald, leggenda del jazz. Luca Sofri (il peraltro direttore del Post) in Playlist, La musica è cambiata aveva elencato le sue interpretazioni preferite di un repertorio enorme.

Tra le donne che hanno cantato il jazz, le più popolari di sempre sono Billie Holiday ed Ella Fitzgerald. E anche se la voce della prima suona in un modo ineguagliabile, quella con la più grande tecnica e versatilità è Ella, che cantò qualsiasi cosa per quasi settant’anni. Le sue interpretazioni sono una specie di biblioteca della canzone americana del Ventesimo secolo. Un suo biografo una volta disse: «Suonate una canzone di Ella in una stanza con un gatto, e il gatto si avvicinerà agli altoparlanti e si metterà a fare le fusa».

Every time we say goodbye
(Ella Fitzgerald sings the Cole Porter songbook, 1956)
Nella discografia di Ella Fitzgerald occupa uno spazio rilevantissimo la serie dei Songbooks, gli album pubblicati con l’etichetta Verve e dedicati interamente all’interpretazione degli standards di un grande autore americano. Il più riuscito è quello in cui lei canta le canzoni di Cole Porter, anche per merito di Cole Porter. Quando fu inciso, Cole Porter era ancora vivo, e lo ascoltò. Lui commentò: «Ehi, questa ragazza ha una dizione perfetta!». Every time we say goodbye è la sua più bella canzone d’amore. A parte le molte versioni jazz, l’hanno cantata Annie Lennox e i Simply Red.

Anything goes
(Ella Fitzgerald sings the Cole Porter songbook, 1956)
Ironica descrizione del cambiare dei tempi, una specie di «dove andremo a finire, signora mia»: «Ai vecchi tempi lasciar vedere un paio di calze era uno scandalo, adesso sa il cielo… e una volta i bravi autori conoscevano parole alate, adesso usano solo quattro lettere alla volta». Il titolo si può tradurre con «va bene qualsiasi cosa», o «tutto fa» («a questo punto, tutto fa» rispose un produttore del musical quando in mezzo a mille traversie di scrittura del copione un suo socio gli chiese «e come lo finiamo il primo atto?»). La cantava anche Kate Capshaw all’inizio del secondo Indiana Jones. Invece con Ella qui suona Maynard Ferguson, che diventerà celebre parecchi anni dopo con la sua interpretazione del tema di Rocky, Gonna fly now.

My romance
(Ella Fitzgerald sings the Rodgers and Hart songbook – Vol.2, 1957)
Questa è di Rodgers e Hart, il duo più celebrato e prolifico del songwriting americano.

It ain’t necessarily so
(Porgy & Bess, 1957)
Porgy & Bess è la famosa opera jazz di George Gershwin e suo fratello Ira. Louis Armstrong ne raccolse le canzoni in un disco, coinvolgendo Ella Fitzgerald a cantarne alcune. In It ain’t necessarily so (ne fecero una bella cover pop i Bronski Beat) il personaggio di Sportin’ life si permette di prendere in giro quel che sta scritto nella Bibbia.

The man I love
(Ella Fitzgerald sings the George and Ira Gershwin songbook – Vol. 2, 1959)
Autori come i Gershwin (The man I love è loro) e Cole Porter sapevano introdurre sempre qualcosa di infantilmente giocoso e concreto nelle grandi canzoni d’amore. Qui nell’attesa per «l’uomo che amo» – tutto da trovare – ci si domanda se arriverà domenica, o se arriverà lunedì, o forse no: forse martedì. Martedì potrebbe essere il giorno buono.

Someone to watch over me
(Ella Fitzgerald sings the George and Ira Gershwin songbook – Vol. 2, 1959)
Me-ra-vi-glio-sa canzone dei fratelli Gershwin, dedicata a un desiderio d’amore chiaro e definito: «qualcuno che si occupi di me».

Of thee I sing
(Ella Fitzgerald sings the George and Ira Gershwin songbook – Vol. 2, 1959)
Of thee I sing fu il primo musical a vincere un premio Pulitzer. Le canzoni erano dei fratelli Gershwin. Racconta di una campagna elettorale presidenziale la cui piattaforma politica è l’amore. «Thee» è la declinazione accusativa di «thou», termine arcaico e poetico per «you», seconda persona singolare.

Blue skies
(Get happy!, 1960)
Scritta da Irving Berlin (l’autore di White Christmas, Cheek to cheek e Puttin’ on the Ritz), fu aggiunta alle canzoni composte da Rodgers e Hart per il musical Betsy, nel 1926. Fu subito amatissima, e secondo la leggenda all’ultimo bis la cantante Belle Baker si dimenticò le parole, e Berlin la cantò lui dal suo posto in platea. Spopolò ancora nella versione country di Wille Nelson.

Everything happens to me
(Hello love, 1960)
A proposito di cose che capitano, Ella una volta raccontò di una sera che cantava all’Apollo Theatre di Harlem, e un isolato più in là, all’Harlem Opera House cantava Billie Holiday: «Nelle pause facevamo su e giù tra i due teatri per vederla, e alla fine andammo a trovarla dietro le quinte. E io feci questa cosa, e non so se fosse la cosa giusta da fare: le chiesi un autografo».

The way you look tonight
(Ella Fitzgerald sings the Jerome Kern songbook, 1963)
«Some-day, when I’m old and grey»: un giorno, quando sarò vecchio, mi ricorderò di te, e di com’eri stasera. Stupenda ballata di Jerome Kern e Dorothy Fields, oggetto di molte cover, tra cui una fantastica versione dei Dexy’s Midnight Runners. Qui suona la famosa orchestra di Nelson Riddle, che accompagnò per anni Frank Sinatra.

foto: George Konig/Keystone/Getty Images