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  • Martedì 22 febbraio 2011

Che cos’è Ergenekon

In Turchia tre giornalisti sono stati arrestati con l'accusa di far parte di un'organizzazione terroristica

Venerdì scorso tre giornalisti turchi sono stati arrestati arrestati con l’accusa di far parte di Ergenekon, un’organizzazione clandestina accusata di terrorismo e di voler rovesciare l’attuale governo turco. La polizia aveva fatto irruzione nelle loro case all’inizio della settimana, dopo che i tre giornalisti avevano diffuso un video particolarmente critico nei confronti delle indagini condotte dalla polizia sull’organizzazione. Al momento i reporter si trovano in carcere in attesa di venire giudicati. Tra loro c’è Soner Yalcin, proprietario e fondatore del sito internet Oda TV. L’episodio ha suscitato numerose critiche a livello nazionale e internazionale e ha aperto due questioni delicate e spinose: quella della libertà di stampa in Turchia e quella di Ergenekon, organizzazione che se per alcuni è responsabile di attività eversive, per altri semplicemente non esiste.

L’ambasciatore statunitense in Turchia Francis Ricciardone, pur dichiarando di non conoscere tutti i dettagli del caso, ha criticato l’arresto dei giornalisti e ha ribadito l’importanza della libertà di stampa. Alcuni funzionari turchi lo hanno invitato a non interferire negli affari interni del paese, mentre il ministro degli Esteri turco ha trovato scorretto che un diplomatico straniero giudicasse un’inchiesta ancora in corso. L’Associazione dei giornalisti turchi ha definito l’attacco a Oda TV l’ultimo esempio di «intolleranza» nei confronti della stampa e ha aggiunto che in Turchia migliaia di giornalisti vengono perseguitati ogni anno: al momento circa sessanta si trovano in carcere a causa dei loro articoli. Il primo ministro Tayyip Erdoğan ha risposto alle critiche negando qualsiasi tentativo da parte del governo di mettere a tacere la stampa. Ha inoltre sottolineato che i tre giornalisti non sono indagati per i loro articoli o per le loro opinioni, e ha aggiunto «perché mai i giornalisti dovrebbero avere l’immunità? Non dovrebbero poter essere perseguiti? Dovrebbero essere esenti dal rispettare le leggi o pagare le tasse?»

Come dicevamo, il caso ha anche riaperto il dibattito sull’organizzazione Ergenekon. Ergenekon sarebbe un’organizzazione laica ultranazionalista e filorussa, a cui apparterrebbero esponenti dei servizi segreti, dell’esercito, della polizia, oltre che intellettuali, avvocati e uomini d’affari. Il metodo di Ergenekon è simile a quello visto in passato in molti altri paesi, Italia compresa: infilitrarsi negli organismi statali allo scopo di sabotarli, creare disordini e rendere quindi necessario un intervento dell’esercito. A quel punto i militari, forti del sostegno popolare e di grande autonomia, potrebbero realizzare facilmente un colpo di stato. Lo scopo finale quindi sarebbe rovesciare il governo di Erdogan, ritenuto troppo vicino all’Unione Europea e soprattutto legato a partiti e movimenti di ispirazione islamica, per sostituirlo con un governo militare che riporti il paese nel solco tracciato da Ataturk, il militare e politico laico che fondò la repubblica turca negli anni Venti.

In questi anni, le storie su Ergenekon sono state avvolte in un racconto a metà tra il giornalismo d’inchiesta e le leggende metropolitane, misterioso, oscuro e pieno di cospirazioni. La prima persona a nominare Ergenekon è stato l’ufficiale navale Erol Mütercimler, che nel 1997 che l’ha definita “parte di una più grossa organizzazione” di cui fanno parte “generali, diversi capi di polizia, e uomini d’affari”. Nel 2001 si scoprì l’esistenza di alcuni file su Ergenekon: un agente segreto turco fu arrestato per un crimine minore e durante la perquisizione in casa sua la polizia trovò le prove su cui si basano tuttora gli atti d’accusa. Nel 2006 il leader di una banda di narcotrafficanti testimoniò per dieci ore su Ergenekon: raccontò di aver incontrato un leader dell’organizzazione secondo cui Ergenekon si stava infiltrando nell’esercito, nei servizi segreti e nella polizia.

Le indagini iniziarono ufficialmente nel 2007, quando la gendarmeria di Trabzon ricevette una chiamata anonima: una voce rivelava un indirizzo in cui si trovavano 27 granate appartenenti al Commando delle forze speciali, che furono effettivamente trovate. Le indagini sui sospetti si allargarono fino a ipotizzare il coinvolgimento di un’ottantina di altre persone. A oggi oltre cento persone, tra cui generali, leader di partito, intellettuali e persino un ex segretario generale del Consiglio per la sicurezza nazionale sono stati interrogati o arrestati a partire dal luglio 2008. I processi attualmente in corso contro Ergenekon sono tre e non si sa ancora quando finiranno. I membri di Ergenekon sono accusati di aver organizzato un colpo di stato che si sarebe dovuto tenere nel 2009.

Dall’altro lato, alcuni esponenti dell’opposizione e parte dell’opinione pubblica sono convinti che non esista nessuna organizzazione segreta: l’unica cosa che gli imputati avrebbero in comune è l’opposizione all’attuale governo, che avrebbe dunque inventato l’esistenza di Ergenekon per sbarazzarsi di qualsiasi dissenso. Altri intellettuali invece sostengono che lo stato si stia effettivamente liberando degli elementi antidemocratici che minano la sua stabilità. Anche i metodi con cui sono state condotte le indagini sono oggetto di forti critiche e di posizioni contrastanti. Molte persone contestano i tempi troppo lunghi del processo, l’uso sfrenato di intercettazioni telefoniche e le strumentalizzazioni politiche delle inchieste.

Nel 2008 un tribunale penale turco, giudicando alcuni ricorsi contro Zihni Çakır, autore di diversi libri su Ergenekon, condannò il giornalista e scrittore per aver rivelato informazioni riservate riguardanti un’inchiesta in corso, ma sostenne che Ergenekon è “un mito”, una teoria cospirazionista senza alcun fondamento. Come in ogni complotto che si rispetti, però, molti hanno sospettato anche di quella sentenza: il giudice che l’ha promulgata, infatti, sarebbe molto vicino a una persona ritenuta un pezzo grosso di Ergenekon.