Come ingannare il New York Times
Inviando centinaia di mail, un giornalista ha infilato nella classifica delle notizie più condivise un pezzo sulle tavolette in cuneiforme
Thomas E. Weber è un giornalista esperto di tecnologia e Web, scrive per il Daily Beast, è stato un editorialista del Wall Street Journal e nelle scorse settimane si è dato da fare per prendersi gioco del sito del New York Times. Insieme ad alcuni complici, Weber ha cercato di modificare la classifica degli articoli più condivisi tramite email, i “most e-mailed”: una delle sezioni più consultate del portale del giornale statunitense per scoprire le notizie più lette e segnalate dai milioni di lettori che ogni giorno affollano le sue pagine online.
Tra le ultime notizie, i pezzi di opinione e gli editoriali c’era una notizia di scienza vecchia di tre settimane sulla chiusura di una mostra sulle tavolette di cera scritte in cuneiforme. Che cosa può aver portato una notizia fredda e stantia a scalare la classifica delle notizie più lette online? Ve lo posso dire: sono stato io. O meglio, è stato un gruppo di persone sotto la mia direzione che, a una mia precisa richiesta, hanno condiviso quella particolare storia in un periodo di tempo relativamente breve, per capire come funzionasse il meccanismo che segnala gli articoli più condivisi via email.
Weber dice di aver compiuto il blitz per dimostrare come anche un grande sito di informazione online, uno dei più rispettati al mondo, possa essere facilmente preda di gruppi di persone interessati a modificare la gerarchia delle notizie, mettendone in risalto alcune al posto di altre e incentivando quindi una maggiore diffusione di quelle notizie. Il sito del New York Times attira mensilmente circa cinquanta milioni di visitatori unici, dunque le loro scelte e le loro preferenze diventano molto rilevanti per capire quali articoli siano ritenuti più interessanti e degni di attenzione. La classifica dei pezzi più condivisi è in evidenza in buona parte delle pagine online del giornale. Ci sono anche le classifiche sulle notizie più segnalate dai blog, quelle più ricercate e quelle più viste, ma quella degli articoli segnalati per email è da sempre l’unica a essere costantemente in evidenza. E sulla base delle informazioni contenute in quella sezione gli altri lettori si fanno un’idea delle notizie più popolari, gli editori puntano su alcune informazioni e gli inserzionisti possono decidere come orientare le loro campagne pubblicitarie.
Insieme ai suoi complici, Weber si è inizialmente chiesto quante email fossero necessarie per modificare l’ordine delle notizie più condivise per posta elettronica. Al gruppo di partecipanti è stato richiesto di visitare in un dato momento il sito del New York Times, selezionare un particolare articolo e utilizzare la funzione “Segnala via email” per condividerlo per posta con i propri contatti. L’articolo da far salire nella classifica è stato identificato nella categoria “Scienza”.
Il primo round si è svolto il 23 novembre alle cinque del pomeriggio. Abbiamo detto ai nostri volontari di condividere via email una storia sui fondi per la ricerca, che era stato pubblicato online circa due settimane prima, e di farlo entro un certo numero di ore. Come ci hanno spiegato i volontari, il conteggio ha mostrato che in poche ore il pezzo era stato inviato via email da 48 persone a 135 contatti.
Un paio di ore dopo l’inizio del blitz, la notizia è comparsa nella classifica degli articoli più condivisi via email della sezione Scienza, passando poi entro la mattina successiva dalla decima alla sesta posizione. Era un buon risultato iniziale, ma non consentiva di rispondere a una domanda importante: l’articolo era salito grazie alle 48 segnalazioni o al fatto che i destinatari erano stati complessivamente 135 persone?
Il 9 dicembre il gruppo è tornato in azione, chiedendo questa volta a ciascun volontario di condividere per email un vecchio articolo di scienza con un solo contatto ciascuno. In poco tempo, 35 persone hanno così inviato il pezzo ad altrettanti contatti. L’articolo è comparso nella sezione dei pezzi più condivisi via email, raggiungendo la quinta posizione. Il risultato dimostrava che la classifica era principalmente condizionata dal numero di mittenti, probabilmente aiutato dal fatto che una volta in evidenza la notizia poteva essere poi condivisa da altre persone che non partecipavano all’esperimento.
Dunque se una dozzina di persone può rendere “popolare” un articolo nella pagina di categoria Scienza, che cosa serve per finire nella classifica complessiva, quella vista da milioni di lettori, e così tenuta d’occhio dagli stessi responsabili del Times?
Utilizzando Mechanical Turk, un servizio di Amazon che permette di commissionare lavori reiterativi, Weber ha assoldato alcune centinaia di persone pronte a seguire le sue indicazioni. I partecipanti si sono iscritti al sito del New York Times e il 14 dicembre hanno ricevuto il loro obiettivo: l’articolo sulle tavolette di cera scritte in cuneiforme. Grazie a una settantina di condivisioni via email, l’articolo ha raggiunto in poche ore la posizione otto nella classifica delle notizie più condivise nell’area Scienza. Il giorno successivo, verso le sette, grazie a 300 nuove condivisioni la notizia era balzata al quarto posto, ma sempre nella categoria Scienza. Dopo 400 email, la notizia è infine approdata nella lista complessiva dei 25 articoli più segnalati via email di tutto il New York Times nelle ultime 24 ore.
Per arrivare alla posizione numero 10, la prima visibile nella classifica riportata nella homepage del New York Times, la pagina più vista del giornale, ci sono volute complessivamente 36 ore e molte altre condivisioni via posta elettronica. Il 16 dicembre alle 12:18 la notizia ha raggiunto il proprio massimo toccando la terza posizione. Complessivamente, spiega Weber, per ottenere questo risultato ci sono volute 1.270 condivisioni.
Lo sforzo per raggiungere l’obiettivo è stato notevole: ci sono volute molte persone, tempo e anche qualche soldo per pagare i partecipanti assoldati online. L’esperimento di Weber dimostra però quanto sia facilmente accessibile la classifica a chi voglia beneficiare dell’enorme mole di traffico che genera ogni giorno il New York Times per promuovere una notizia. Poche migliaia di segnalazioni rendono visibili articoli che potrebbero essere potenzialmente letti da diversi milioni di utenti, e questo fa nascere il sospetto che la classifica possa essere a volte modificata strumentalmente magari per mettere in evidenza una recensione positiva o per farsi pubblicità. Al giornale assicurano che il sistema è sicuro, anche se forse imperfetto: il servizio conteggia il numero di utenti che decidono di condividere le notizie e non il numero dei destinatari, così da impedire a un ristretto numero di persone di condizionare le classifiche.