I due presidenti

È uscito il film sul rapporto tra Tony Blair e Bill Clinton, dallo stesso autore di "The Queen"

di Gabriele Niola

È nelle sale italiane in questi giorni I due presidenti, storia della special relationship tra Tony Blair e Bill Clinton, che riprendeva gli omonimi rapporti già esistenti in passato tra esponenti del governo statunitense e britannico. Lontano dalla pura riscostruzione storica e anzi molto vicino ad un resoconto romanzato (o meglio dramatized), il film è decisamente qualcosa di più del solito romanzetto politico. Si tratta del terzo ed ultimo film della trilogia su Tony Blair realizzata da Peter Morgan, brillante sceneggiatore inglese emerso proprio grazie a quest’impresa (suo è poi stato lo spettacolo teatrale Frost/Nixon, diventato qualche anno dopo un film) il cui capitolo precedente era il ben più noto e pubblicizzato The Queen.

La poco attenta distribuzione italiana aveva deciso di omettere che The Queen, il film che ha fruttato un Oscar ad Helen Mirren grazie all’interpretazione della regina Elisabetta II, è in realtà parte di una saga più ampia. L’omissione era probabilmente dovuta al fatto che il primo film della serie, The Deal, non era destinato al cinema ma pensato e mandato sulla televisione inglese. Adesso invece questo terzo capitolo, anch’esso realizzato per la televisione in inglese, da noi arriva in sala. Misteri.
L’incastro distributivo però una volta tanto ci è favorevole, nel senso che I due presidenti, sebbene privo della statura e dell’inventiva di The Queen (al cui timone c’era l’esperto Stephen Frears), è comunque la quadratura perfetta della parabola tracciata da Peter Morgan su Tony Blair, il laburista che sembra un tory, l’uomo che piace a tutti, il traditore per antonomasia.

The Deal
Nel 2003 l’allora praticamente sconosciuto Peter Morgan propone ad ITV un film per la televisione basato sul libro “The Rivals” di James Naughtie. Si tratta del racconto del patto realmente avvenuto tra Tony Blair e Gordon Brown nel maggio 1994 al Granita Restaurant. In quella sede Brown, ideatore e fomentatore della politica di rinnovamento del partito laburista, accettava malvolentieri un dato di fatto, cioè che Tony Blair, l’uomo che aveva fatto da suo aiutante e secondo e che lui stesso aveva preso sotto le sue ali ed educato alla politica, era l’uomo più adatto per le prossime elezioni. Il patto prevedeva che alle elezioni del secondo mandato invece si sarebbe presentato Brown, cioè che Blair avrebbe fatto da apripista per il vero riformista, la vera testa pensante del partito. Cosa che puntualmente non è accaduta.
Visti i temi e la sceneggiatura secca e senza pietà di Morgan, ITV si tirò indietro all’ultimo momento, favorendo l’entrata dell’altra emittente britannica Channel 4, anche grazie alla rassicurante presenza di Stephen Frears alla regia.
Nel film, come in tutti seguiti, Tony Blair è interpretato da Michael Sheen (anch’egli poco conosciuto all’epoca) con un mimetismo di rara maestria e soprattutto centrando perfettamente il punto che Morgan intende rimarcare: Tony Blair piace, piace così tanto che nonostante quel che faccia non sia piacevole, egli lo rende tale finendo per conquistare anche noi spettatori. Obiettivo politicamente e artisticamente altissimo che è perfettamente centrato.

The Queen
Se The Deal guardava Blair nel relazionarsi con il proprio mentore, il secondo capitolo doveva guardarlo relazionarsi con la Regina elezioni avvenute, quindi un altro mentore (“Lei è il decimo primo ministro che incontro” gli dice al loro primo incontro). L’idea e la portata del secondo progetto, unita al successo di The Deal, obbligano però al passaggio al grande schermo. Scelta oculata vista l’eco ricevuta e i premi raccimolati.
Nel ritratto della regina tuttavia il primo ministro finisce nettamente in disparte e la penna e le idee di Perter Morgan sul laburista fascinoso emergono solo in un momento, quando davanti alle immagini di Elisabetta II che si avvicina alla folla Blair critica i propri uomini per l’atteggiamento anti-monarchico, mostrando la propria condivisione e comprensione della situazione che vivono i reali.
Il film si distingue inoltre per un tratto solo accennato nel capitolo precedente e molto espanso in quello successivo. Blair entra nel film come uomo prima che come politico, si moltiplicano le sequenze di vita privata, a casa con la moglie e con i figli. Per convincere il pubblico del suo fascino lo si rende più simile a loro, a costo di qualche forzatura.

I due presidenti
Il terzo ed ultimo mentore di Blair è Bill Clinton, l’uomo che in quest’ultimo film dichiara di voler creare il più grande periodo di governo modiale del centrosinistra (“Tu sei appena arrivato e hai almeno altri 10 anni davanti a te, io posso proseguire quello che sto facendo con Al Gore” gli confessa il presidente) e che finisce sotto i colpi delle proprie menzogne.
Quest’ultimo film è il più spietato dei tre. Nonostante Tony sia sempre bello, sorridente, affabile ed estremamente ragionevole (esemplare il modo in cui è mostrato il suo accanimento nell’affare Kosovo) le sue azioni sono ancor più rivelatrici di un modo di fare poco liberal e di sinistra. Morgan ce lo mostra come figlio delle idee clintoniane (il film inizia con un giovane Blair che va in America a studiare la strategia per la vittoria di Clinton per poi imitarlo) molto insicuro, almeno a telecamere spente, inesperto e ripiegato sui suoi abili consiglieri politici.
Uscito il regista Frears per fare posto allo stesso Morgan che avrebbe dovuto anche dirigere (ma in realtà dopo un ritiro in extremis è stato preso Richard Loncraine), la saga diventa molto più centrata sull’uomo che sul politico. Tony vive con la moglie e i figli al numero 10 di Downing Street (che visto da dentro sembra un piccolo appartamento), non ha servitù, si fa la lavatrice da solo e apprende dell’impeachment al notiziario della mattina mentre imburra il pane ai bambini.
La parabola si chiude con la fine dell’era Clinton e l’inizio di quella Bush. Prima vediamo il finto Blair parlare al telefono con il secondo per congratularsi della vittoria mentre saluta il primo che sale sull’elicottero per andare via, poi il vero Blair in immagini di notiziari che scherza dopo il primo incontro con il nuovo presidente a Camp David.
E dire che Clinton ci prova a metterlo in guardia e fargli capire che non sarà la stessa cosa, ma la risposta è chiara di tutta la lettura che Morgan fa del personaggio nei tre film: “Questa volta sono io il più esperto, sarò io a dare i consigli a lui. Chissà che non possa uscirne qualcosa di buono no?” accompagnata da un grande sorriso ottimista.