Chi fa il bello e il cattivo tempo?

Alcuni degli eventi meteorologici estremi degli ultimi anni sono provocati dal riscaldamento globale, altri no

Violenti temporali, ondate di caldo anomalo, nevicate record e inondazioni negli ultimi anni si stanno ripetendo con crescente frequenza in buona parte del pianeta, tanto da spingere i ricercatori a chiedersi se gli eventi meteorologici sempre più estremi siano dovuti o meno al progressivo riscaldamento della Terra. A metà settembre una violenta tempesta ha colpito la città di New York, con venti che hanno raggiunto i 160 chilometri all’ora di velocità, qui in Italia le piogge copiose hanno causato una estesa alluvione in Veneto e l’elenco delle anomalie nell’andamento del clima è molto ampio, come spiega Noreen Malone su Newsweek.

Lo scorso inverno, per esempio, in buona parte dell’emisfero settentrionale si sono registrare temperature più fredde della media e nevicate copiose, mentre nell’emisfero australe i picchi di caldo hanno raggiunto nuovi record. Seoul ha poi avuto la più grande nevicata mai registrata nella storia della città, in Australia, Pakistan e Brasile le piogge abbondanti hanno causato numerose alluvioni, mentre in Florida un inverno particolarmente freddo ha messo a rischio le piantagioni.

Il riscaldamento globale, dopotutto, non comporta solamente estati più calde. All’aumentare delle temperature della Terra, dicono gli scienziati, ci saranno molti più effetti del semplice surriscaldamento. Il cambiamento nelle temperature degli oceani e l’aumento del livello dei mari condizionerà tutto dall’andamento delle piogge alla direzione dei venti. Ma quanto di tutto ciò sta effettivamente accadendo, e quanto è semplice speculazione?

Dare una risposta non è semplice, perché i singoli eventi meteorologici anomali che si verificano nel corso di una stagione non sono necessariamente legati al cambiamento del clima. Un singolo evento, spiegano i climatologi, non può essere attribuito con certezza al riscaldamento globale. Una tempesta violenta o un’ondata di alte temperature fuori dalla media diventano rilevanti per lo studio dei cambiamenti del clima quando si ripetono per più stagioni, mettendo in evidenza un andamento anomalo che si ripete negli anni.

Le forti nevicate sul Nord America dello scorso inverno, per esempio, sono state causate dalla collisione di due fronti atmosferici, una anomalia probabilmente del tutto naturale e non connessa al cambiamento climatico. E anche il tornado che ha colpito Brooklyn è stato un evento anomalo, ma non ci sono ancora elementi sufficienti e tendenze per collegare quanto accaduto al riscaldamento globale.

Eppure, una recente ricerca ha iniziato a dimostrare che almeno in alcuni casi, gli eventi meteorologici con caratteristiche estreme possono essere ricondotti al riscaldamento globale. Uno studio da poco pubblicato dai ricercatori della Duke University dimostra che questo è il caso del tempo meteorologico nell’area sudorientale degli Stati Uniti. Undici delle ultime trenta estati sono state più umide o secche in maniera anormale negli stati del sud-est.

Il meteo in estate in buona parte dell’Europa occidentale e degli Stati Uniti orientali è influenzato dall’anticiclone delle Azzorre, un’area di alta pressione la cui altezza geopotenziale media è aumentata di quasi un metro ogni dieci anni negli ultimi 60 anni. In pratica, l’anticiclone si è progressivamente alzato sopra al livello del mare, diventando più potente. Il sistema ha anche aumentato la propria estensione, dicono i ricercatori, avvicinandosi di più alla costa orientale degli Stati Uniti e aumentando i suoi spostamenti periodici tra nord e sud.

Le variazioni nelle caratteristiche dell’anticiclone delle Azzorre hanno dirette conseguenze sugli eventi meteorologici: se si sposta più a nord del solito causa estati più aride, mentre uno spostamento verso sud comporta maggiori precipitazioni. I ricercatori hanno allora provato a cercare le cause naturali alla base delle variazioni nell’anticiclone, ma non sono stati in grado di trovarle. Secondo gli scienziati della Duke, i cambiamenti sarebbero stati causati dall’uomo.

Lo studio ha anche rilevato come El Niño, il fenomeno climatico ricorrente che origina nell’oceano Pacifico ogni cinque anni portando eventi meteorologici estremi, sta diventando sempre più frequente e più forte. Questo cambiamento era stato previsto da numerosi modelli matematici e simulazioni al computer per valutare gli effetti delle attività umane sul clima, quindi per i ricercatori si tratta di una conferma sull’effettivo ruolo dell’uomo nel processo di riscaldamento globale. Tuttavia, per comprendere le effettive conseguenze delle attività umane sul clima servirà ancora tempo e proprio per questo motivo esperti e ricercatori invitano a utilizzare il principio di precauzione: ovvero a cambiare le nostre abitudini e i nostri sistemi produttivi per emettere meno gas inquinanti prima che possa essere troppo tardi.