Il prossimo 8 ottobre, sarà un venerdì, alle 11 del mattino la fondazione del Premio Nobel annuncerà il vincitore del 2010 del famoso riconoscimento per la pace. Quest’anno i membri del Comitato organizzatore hanno dovuto analizzare 237 differenti candidature, il numero più alto nella storia del premio per la pace. Oltre ai singoli candidati, sono state inviate 38 proposte per organizzazioni umanitarie e non governative. Intorno alle candidature c’è come da tradizione il massimo riserbo e le regole prescrivono che si debbano attendere 50 anni per conoscere l’elenco delle persone e delle organizzazioni candidate.
Nonostante l’organizzazione del Premio Nobel non abbia quindi fornito alcuna indicazione sui possibili candidati, nelle ultime settimane hanno iniziato a circolare diversi nomi di potenziali vincitori o di candidati entrati nella selezione. Alcuni di questi nomi si fanno già da anni, mentre altri si sono aggiunti di recente e potrebbero avere chance concrete di ottenere il Nobel per la pace.
Internet
Un Nobel per la pace a un sistema di comunicazione sarebbe una novità, ma del resto in passato il riconoscimento non è stato assegnato solamente a persone ma anche a organizzazioni come la Croce Rossa, l’UNICEF e Medici Senza Frontiere. Secondo i sostenitori della candidatura, premiando Internet si riconoscerebbe definitivamente l’importanza del mezzo per costruire la pace e si ribadirebbe la necessità di mantenere la Rete libera, un bene di tutti. Per i detrattori – numerosi anche tra i cultori della Rete – premiare un mezzo che può avere anche usi deteriori e non qualcuno che lo ha utilizzato per scopi di pace non ha invece alcun senso.
Yoani Sánchez
Oggi, Yoani Sánchez è una delle fonti più ascoltate per comprendere le effettive condizioni di vita a Cuba e le politiche adottate dal regime castrista. Scrivere, ha raccontato in più occasioni, è l’unico modo per combattere le frustrazioni causate dalla situazione cubana e per sentirsi utile. Stando alle ricostruzioni di Sánchez, nel 2008 le autorità cubane avrebbero bloccato l’accesso a Generacion Y agli utenti della rete che abitano sull’isola. Il sito web tornò visibile anche a Cuba un anno dopo circa, ma non è ancora del tutto chiaro se fosse stato bloccato o vi fossero problemi tecnici legati allo stesso spazio online. Nel novembre del 2009 alcuni uomini del regime avrebbero cercato di imprigionare la blogger mentre si recava a una manifestazione. L’episodio è stato raccontato su Generacion Y, ma la propaganda governativa ha cercato di smontare il caso, accusando Sánchez di aver mentito. Intanto il blog è diventato seguitissimo in tutto il mondo e la battaglia di Sanchez celebrata da campagne, battaglie politiche e copertine di riviste.
La consegna del premio Nobel per la pace alla blogger cubana potrebbe portare maggiore attenzione sul rispetto dei diritti umani nel paese, così come potrebbe dimostrare ancora una volta l’importanza della Rete per la condivisione di notizie e informazioni al di fuori dei canali tradizionali di comunicazione. Non a caso, Sanchez è una sostenitrice del conferimento del Nobel a Internet. Secondo i detrattori, invece, dare il riconoscimento alla Sánchez potrebbe essere una scelta azzardata. La blogger è stata accusata in diverse occasioni di ingigantire i propri racconti per fare maggiormente scalpore. Ma questa accusa proviene principalmente dagli ambienti vicini al regime cubano e non è mai stata verificata credibilmente.
Emergency
Nel 1999 il premio Nobel per la pace fu conferito a Medici Senza Frontiere, un’organizzazione privata internazionale che porta soccorso sanitario e assistenza medica nelle aree del mondo in cui il diritto alla cura non è garantito. Il premio fu affidato all’associazione «come riconoscimento per il lavoro umanitario pionieristico che l’organizzazione ha realizzato in vari continenti». Da tempo si parla di un simile riconoscimento anche per Emergency, ma a differenza di altre ONG umanitarie, l’organizzazione di Gino Strada non si è risparmiata prese di posizione forti in politica estera. Critiche non sono state risparmiate nei confronti degli Stati Uniti per le guerre in Afghanistan e Iraq e per il comportamento stesso dei soldati al fronte. Forti attriti ci sono stati anche con il governo italiano in seguito al rapimento di tre operatori di Emergency in Afghanistan quest’anno.
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Rania di Giordania
In ambito internazionale, Rania lavora con l’UNICEF per migliorare le condizioni di vita dei bambini nelle aree più disagiate del mondo, un progetto cui lavora anche l’ex presidente sudafricano Nelson Mandela. Ha anche partecipato al lancio di “The Big Read”, una iniziativa per incentivare la lettura tra i più giovani come soluzione per migliorare i livelli di istruzione. La regina è anche impegnata sul fronte del dialogo interculturale e interreligioso per risolvere pacificamente i contenziosi e rimuovere alcuni stereotipi sulla cultura islamica.
Grazie ai numerosi progetti umanitari seguiti negli ultimi anni, Rania ha ottenuto numerosi riconoscimenti per il proprio impegno. La regina è anche Dama di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana. Il prossimo premio potrebbe essere il Nobel per la pace, ma secondo alcuni osservatori Rania dovrà attendere ancora qualche anno. Il premio è già stato conferito a un capo di stato lo scorso anno, dunque il comitato organizzatore potrebbe decidere di privilegiare attivisti e personaggi senza cariche istituzionali di rilievo.
Svetlana Gannushkina
Gannushkina è anche tra i fondatori dello Human Rights Centre Memorial, un’altra organizzazione sempre a tutela dei diritti umani. L’attivista si è occupata per più di un decennio del conflitto in Cecenia offrendo aiuti umanitari e assistenza legale alle popolazioni colpite dalla guerra, con il sostegno della sezione per i rifugiati dell’ONU (UNHCR). Per le proprie attività ha ricevuto numerosi premi e potrebbe dunque essere una buona candidata per il Nobel. Il Comitato del premio per la pace – nominato dal parlamento norvegese – quest’anno è composto da quattro donne e un uomo, condizione che potrebbe favorire ulteriormente la candidata.
Liu Xiaobo
In occasione del sessantesimo anniversario dell’adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani, nel dicembre del 2008 Xiaobo ha sottoscritto il manifesto Charta 08, successivamente pubblicato online da oltre 300 intellettuali e attivisti cinesi. Xiaobo venne arrestato due giorni prima della pubblicazione del manifesto e dopo mesi di prigionia, nel giugno del 2009 gli inquirenti hanno confermato l’arresto per atti sovversivi contro il governo. Nel dicembre dello stesso anno, Xiaobo è stato condannato a undici anni di prigionia, una sentenza molto criticata all’estero e contro la quale si sono mossi gli Stati Uniti e altri paese, senza ottenere però alcuna apertura da Pechino.
La candidatura di Xiaobo al premio Nobel per la pace è stata proposta nel gennaio di quest’anno. L’iniziativa è sostenuta, tra gli altri, da Desmond Tutu e il Dalai Lama. Ma Zhaoxu, il ministro degli esteri cinese, sostiene che consegnare il premio all’attivista sarebbe un grave errore. I componenti del comitato del Nobel hanno assicurato che le dichiarazioni del ministro non condizioneranno la loro scelta finale.
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