Castro: “Il modello Cuba non funziona più”
L'ex dittatore cerca un nuovo ruolo internazionale e si appassiona ai delfini, racconta il giornalista dell'Atlantic Monthly di ritorno da Cuba
Jeffrey Goldberg, uno dei più importanti giornalisti del mensile americano Atlantic Monthly, è stato a Cuba nei giorni scorsi e ha incontrato Fidel Castro. Come racconta sul suo blog (scriverà un articolo più lungo sul giornale di carta), Castro lo aveva fatto invitare a Cuba due settimane fa dopo aver letto un suoi articolo su Iran e Israele. La curiosità del mondo intorno all’ex dittatore è cresciuta molto dopo il suo rientro sulla scena pubblica cubana degli ultimi mesi: le sue condizioni di salute parevano averlo allontanato nel 2006 dal nuovo potere dell’isola, e invece adesso ci si interroga quanto le sue apparizioni implichino in termini di presenza politica.
Goldberg ha cominciato a pubblicare un diario online del viaggio l’altroieri, molto ricco di particolari. Parla di un Castro visibilmente molto fragile e debole fisicamente, ma molto acuto e spiritoso: “Sono ancora un materialista dialettico”, ha risposto quando Goldberg gli ha chiesto se la malattia lo avesse fatto ripensare all’esistenza di Dio.
Castro, come anticipato dalla ragione dell’invito, sembra essere molto preoccupato dai rischi dell’escalation tra Israele e Iran e ha spiegato a Goldberg che il primo dovrebbe rinunciare al suo arsenale militare e il secondo abbandonare l’antisemitismo, che ha criticato e analizzato attentamente.
“Non credo che nessuno sia stato massacrato quanto gli ebrei. Direi molto più dei musulmani. Sono stati massacrati più dei musulmani perché vengono incolpati di ogni cosa. Nessuno dà la colpa ai musulmani di ogni cosa”. Il governo iraniano deve capire che gli ebrei “sono stati espulsi dalla loro terra, perseguitati e discriminati in ogni parte del mondo, come coloro che hanno ucciso Dio. Il mio parere è che sia successo questo: selezione inversa. Per duemila anni sono stati oggetto di persecuzioni terribili e pogrom. Ci si sarebbe aspettati che sparissero. Ma penso che la cultura e la religione li abbiano tenuti assieme come nazione. Hanno condotto un’esistenza molto più dura della nostra. Niente è paragonabile all’Olocausto.
Quando Goldberg ha chiesto a Castro se direbbe queste cose ad Ahmadinejad, Castro ha risposto “le sto dicendo a lei perché gliele faccia sapere”, e ha messo in guardia dalla pericolosità dell’arsenale nucleare iraniano in caso di escalation. Goldberg allora lo ha interrogato su una questione che gli interessava, ovvero la richiesta di Castro all’Unione Sovietica di un intervento nucleare al tempo della crisi dei missili a Cuba, nel 1962, se gli americani avessero attaccato l’isola.
“Dopo aver visto quello che ho visto, non penso ne valesse la pena”, ha risposto.
Secondo l’esperta di cose cubane che accompagnava Goldberg, l’interesse di Castro sulle vicende internazionali sottolineano un suo nuovo interesse per ridisegnarsi come statista della diplomazia internazionale.
Ieri sera Goldberg ha scritto di un’altra considerazione di Castro – stavolta sulle materie cubane – che lo ha molto colpito, e che sta facendo il giro delle news internazionali. “Il modello Cuba non funziona più neanche per noi”, ha detto l’ex dittatore, rispondendo a una domanda sulla sua fiducia nella possibilità di esportarlo. Secondo l’accompagnatrice di Golbberg era una riflessione sull’inefficacia della struttura statale ed economica del Paese, e non un disincanto sulla rivoluzione stessa, ma l’opinione è indubbiamente rilevante e impressionante: Cuba non funziona, secondo Castro, e c’è bisogno di riforme al sistema politico ed economico.
Il resto del post di Goldberg di ieri è dedicato alla visita all’acquario “a vedere i delfini”, fuori programma a cui Castro è sembrato tenere molto (l’acquario è un luogo che recentemente frequenta spesso), tanto da far aprire l’acquario in un giorno di chiusura.