La storia di Fini e della casa a Montecarlo

Nel 1999 AN ereditò una casa da una sua sostenitrice, poi venduta a una cifra molto bassa

di Francesco Costa

© Marco Merlini / LaPresse
30-07-2010 Roma
Politica
Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, funerali del primo maresciallo Mauro Gigli e del caporal maggiore capo Pierdavide De Cillis, i militari rimasti uccisi in Afghanistan durante un attentato
Nella foto il presidente della Camera, Gianfranco Fini

© Marco Merlini / LaPresse
Rome, 07-30-2010
Politic
Santa Maria degli Angeli e dei Martiri Basilica, funeral of Mauro Gigli and Pierdavide De Cillis, the two soldiers killed in Afghanistan during a terrorist attack
In the photo Chamber of Deputies President, Gianfranco Fini
© Marco Merlini / LaPresse 30-07-2010 Roma Politica Basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, funerali del primo maresciallo Mauro Gigli e del caporal maggiore capo Pierdavide De Cillis, i militari rimasti uccisi in Afghanistan durante un attentato Nella foto il presidente della Camera, Gianfranco Fini © Marco Merlini / LaPresse Rome, 07-30-2010 Politic Santa Maria degli Angeli e dei Martiri Basilica, funeral of Mauro Gigli and Pierdavide De Cillis, the two soldiers killed in Afghanistan during a terrorist attack In the photo Chamber of Deputies President, Gianfranco Fini

Qualcosa c’è, nell’inchiesta del Giornale su Gianfranco Fini e la casa di Montecarlo, o si tratta dell’esecuzione del “trattamento Boffo” auspicato qualche giorno fa da un parlamentare del PdL? Bisogna scremare tra strumentalizzazioni e storie che non c’entrano nulla, muoversi sospettosamente tra i report giornalistici, ma qualcosa c’è. Per capirlo bisogna ripercorrere l’intera storia dall’inizio: e il vero inizio di questa storia si colloca intorno al 1400.

La dinastia Colleoni
Ok, esageriamo un po’. Però effettivamente comincia tutto da Bartolomeo Colleoni, condottiero italiano del XV secolo che nel corso della sua vita collezionò un gran numero di vittorie in battaglia e un numero altrettanto grande di beni immobili, terreni, case, ville, castelli. Un patrimonio immobiliare sterminato che è stato tramandato di generazione in generazione dalla famiglia Colleoni, fino ad arrivare nel corso del novecento a Guardino Colleoni, conte e gerarca fascista. Alla sua morte erediterà tutto sua figlia, la contessa Anna Maria Colleoni.

Da Monterotondo a Montecarlo
La contessa Anna Maria Colleoni vive a Monterotondo, un comune di 40mila abitanti della provincia di Roma, a poco più di venti chilometri dalla Capitale. Monterotondo è un comune rosso: più volte decorato al valor militare per gli sforzi dei suoi cittadini durante la Resistenza, è stato amministrato ininterrottamente da giunte di sinistra. La contessa Colleoni è figlia di un gerarca fascista, ed è simpatizzante del Movimento sociale prima e di Alleanza Nazionale poi: le sue preferenze politiche incontrano quindi una certa frustrazione, in una cittadina in cui il Partito Comunista e i partiti che gli succederanno vincono a man bassa a ogni tornata elettorale. Però la Colleoni si impegna e si spende, e non fa mancare il suo sostegno alla sezione locale del MSI, poi AN. Nel 1995 viene invitata a una cena indetta per festeggiare l’elezione di Roberto Buonasorte, primo consigliere comunale di AN della storia di Monterotondo. Alla cena partecipa anche Fini, e a un certo punto la contessa gli dice che non ha eredi diretti, non essendosi mai sposata, e che alla sua morte lascerà il suo intero patrimonio ad Alleanza Nazionale. «Da camerata a camerata», gli dice. La contessa muore il 12 giugno del 1999, a 65 anni.

Boulevard Princesse Charlotte, 14
Il testamento dice per l’appunto che l’intero patrimonio della contessa deve essere ceduto ad Alleanza Nazionale. Ne fanno parte case, magazzini, box auto, immobili vari, titoli obbligazionari, conti correnti: di tutto. L’erario valuterà il tutto oltre gli otto miliardi di lire, tenendosi molto basso. Manca al conteggio una casa a Montecarlo acquistata dalla contessa negli anni Sessanta, ma solo perché la contessa non registrò la proprietà in Italia. Morta la contessa, scrive il Giornale, qualcuno fa sapere ad AN che il patrimonio ha “una ciliegina sulla torta”. I tesorieri di AN fanno le verifiche del caso, chiedono conferma dell’esistenza della casa e la aggiungono a quanto ereditato. La casa si trova nel principato di Monaco, boulevard Princesse Charlotte 14. Chi si occupò del passaggio di proprietà dice che si tratta di un appartamento di 45-50 metri quadri, senza vista sul mare. Però aggiunge che è composta da un salone, due camere, cucina, bagno e balcone: tutto in cinquanta metri quadri? Non è chiaro.

«Rischiavi di prenderti la setticemia»
Mentre molti immobili ereditati dalla Colleoni vengono immediatamente venduti e monetizzati, la casa di Montecarlo rimane lì, chiusa e disabitata, dal 1999 in poi. Donato Lamorte, ex capo della segreteria di Fini, dice di averla vista nel 2008 e di averla trovata in condizioni «terribili».

«In uno stato deplorevole, fatiscente. Cataste, vetri rotti, spazzolini da denti dentro scatole di Simmenthal. Se toccavi qualcosa rischiavi di prenderti la setticemia e morire»

La cessione
Nonostante questo, scrive il Giornale nelle sue inchieste, negli anni diverse persone si fecero avanti per acquistare la casa. Nel 2005 una persona offrì un milione e mezzo di euro. Le agenzie immobiliari del principato confermano che per un immobile del genere il prezzo va dai quindici ai venticinque mila euro al metro quadro: almeno un milione di euro, insomma. Nel 2008 Alleanza Nazionale vende finalmente la casa a una società che si chiama Printemps Ltd, con sede ai Caraibi. E per la somma di 300 mila euro. Il primo punto anomalo della vicenda è questo: perché AN ha rifiutato offerte superiori al milione di euro per poi vendere a 300 mila? I finiani sostengono – ultimo Enzo Raisi, sul Secolo di oggi – che quella casa versava in condizioni talmente fatiscenti che non si poteva fare altrimenti, perché «aveva un costo di restauro enorme», e in effetti lo stesso Libero parla di una perizia, fatta fare da AN dopo l’acquisizione dell’immobile, che ne stimava il valore in circa 250 mila euro. Il Giornale sostiene però di aver parlato direttamente con persone che negli anni hanno formalizzato le loro offerte alla sede nazionale di AN.

Scatole cinesi
Il secondo punto anomalo è l’identità dei compratori: non è chiaro chi stia dietro la società Printemps, che ha titolari olandesi di cui si sa poco. Quello che si sa è che poco tempo dopo Printemps vende la casa a un’altra società offshore, per una cifra di poco superiore: solo che la società compratrice, la Timara Ltd, è stata creata all’uopo e i suoi titolari sono gli stessi della società venditrice. Il Giornale non esclude ci siano stati altri passaggi, sempre tra società offshore dall’origine poco chiara, e sostiene che lo scopo sia stato «far scomparire l’immobile»: i giornalisti che seguono l’inchiesta hanno cercato di risalire ai referenti delle società offshore, senza arrivare a molto. In sostanza, sostengono che si sia voluto tenere la casa fuori dal patrimonio di AN senza toglierla dal controllo del suo presidente Gianfranco Fini. Oppure che si sia voluto vendere la casa a un prezzo favorevole al cognato di Fini, che oggi vive proprio in quella casa, in affitto. Ma ci arriviamo. La domanda intanto è: com’è stata scelta la società a cui vendere la casa?

Chi ha deciso, in AN
Francesco Pontone è l’ex tesoriere di AN: la persona che gestiva il patrimonio del partito e ha firmato il contratto di vendita della casa di Montecarlo a Printemps Ltd per 300 mila euro, tutti regolarmente iscritti a bilancio. Pontone ha dato dichiarazioni piuttosto vaghe sul tema. Enzo Raisi ha detto che «se vuoi vendere un immobile nel Principato di Monaco devi quasi obbligatoriamente vendere a società offshore, è la normalità». Il Giornale ha raccontato ieri la versione di Antonio Caruso, parlamentare del PdL e all’epoca garante del comitato di gestione del patrimonio di AN. Caruso dice di essersi interessato personalmente della cessione della casa e di avere appreso quindi che già nel 2001 c’erano persone disposte a offrire fino a due milioni di euro. Lo disse a Pontone, il tesoriere, il quale gli avrebbe risposto che «i tempi non erano maturi».

Primus inter pares
C’è un altro punto, sottolineato sempre oggi sul Secolo da Raisi. Al momento della cessione della casa di Montecarlo alla società offshore Gianfranco Fini non era più il presidente di AN. Aveva lasciato l’incarico a maggio, subito dopo essere stato eletto presidente della camera. Il partito era diretto da un comitato reggente comprendente i cosiddetti “colonnelli”, con Ignazio La Russa come primus inter pares e il compito di traghettare il partito verso la fusione con Forza Italia. Nessuno ha chiesto conto a La Russa della cessione della casa, che è occorsa lungo il suo periodo di reggenza. Ma allo stesso modo non si può immaginare l’estraneità di Fini dagli organi dirigenti del partito che guidò per vent’anni, nel caso di una cessione occorsa appena due mesi dopo le sue dimissioni.

La famiglia Tulliani
La terza anomalia in realtà è quella da cui comincia l’inchiesta del Giornale, che ha scoperto chi è l’attuale inquilino della casa di Montecarlo. Si chiama Giancarlo Tulliani ed è il cognato di Gianfranco Fini: il fratello della sua compagna Elisabetta Tulliani. Com’è possibile? Com’è che una società offshore con sede nelle isole Antille decide di affittare una casa a una persona così vicina all’ex leader del partito che l’ha venduta? Per alcuni questo proverebbe come l’immobile in questione sia ancora nella disponibilità del presidente Fini, grazie al gioco con le scatole cinesi di cui sopra. I finiani parlano di «clamorosa coincidenza». Altri dicono che è «inspiegabile», «un mistero». In mezzo, c’è chi sostiene che Tulliani possa aver saputo dell’esistenza dell’immobile da affittare da qualcuno dentro il partito. Il Corriere della Sera ha ipotizzato che si tratti di Amedeo Laboccetta, che conosce sia Giancarlo Tulliani che Francesco Corallo, un imprenditore italiano amico di uno degli amministratori della società Printemps, ma il deputato ha negato tutto.

«Io Giancarlo lo conosco bene ma non sapevo nulla dell’esistenza di una casa a Montecarlo di proprietà del partito né lui mi ha mai detto di averne bisogno»

Giancarlo Tulliani non ha dato spiegazioni su come ha preso l’appartamento in affitto. Quando i cronisti del Giornale lo hanno raggiunto a Montecarlo e hanno suonato il campanello, lui ha chiamato la polizia pur di farli allontanare. Si è detto che l’appartamento a Montecarlo serve a Tulliani per lavoro: il cognato di Fini si occupa di produzione di programmi televisivi e negli ultimi mesi era già finito nel mirino dei giornali di centrodestra per via dei suoi rapporti con la RAI.

La buona battaglia
Da ieri la procura di Roma indaga sulla casa di Montecarlo. Le ipotesi di reato sono appropriazione indebita e truffa aggravata, il fascicolo è per il momento contro ignoti. L’apertura dell’indagine è un atto dovuto, seguito alla denuncia presentata da due esponenti della Destra, il partito di Francesco Storace: Marco Di Andrea e Roberto Buonasorte, che se ricordate è lo stesso politico la cui elezione nel 1995 fu festeggiata alla cena con Fini e la contessa Colleoni. La loro denuncia però non ha a che fare con nessuno dei tre punti anomali emersi finora (il prezzo della casa, l’identità del compratore, l’affitto a Tulliani), bensì con una clausola contenuta nel testamento della contessa Colleoni. Nel testo consegnato al notaio, si legge:

«Io sottoscritta Anna Maria Colleoni dichiaro liberamente di nominare erede universale dei beni mobili e immobili che mi appartengono al momento del mio decesso, il partito Alleanza nazionale nella persona del suo attuale Presidente on. Gianfranco Fini come contributo per la buona battaglia»

Per la buona battaglia. I ricorrenti sostengono che la svolta politica intrapresa da Fini negli ultimi anni tradisca le condizioni poste dalla contessa al trasferimento dei beni, cioè «la buona battaglia», e che Fini anzi di quella battaglia sia diventato ormai esplicito avversario e oppositore. E quindi gli eredi della contessa Colleoni potrebbero impugnare il testamento e chiedere indietro un risarcimento.

In ogni caso, ormai le indagini sono aperte. Poco importa la ragione della denuncia dei due: la Guardia di Finanza sta indagando sulla compravendita dell’immobile e ieri è andata nella vecchia sede di AN di via della Scrofa, a Roma, in cerca dei relativi documenti. I militari non hanno trovato molto, e hanno disposto una rogatoria internazionale per chiarire lo stato dell’immobile di Montecarlo: potrebbe servire a chiarire i passaggi di questa vicenda e fare emergere le eventuali presunte procedure illecite. Il presidente della camera si è detto tranquillo: «Ben vengano le indagini su tutto ciò che concerne il patrimonio di An, anche se la denuncia proviene da avversari politici».

Tutto il resto
La storia della casa a Montecarlo finisce qui, per ora. Tutto il resto che si è letto in questi giorni, spesso sovrapposto alla storia della casa, in realtà non c’entra niente. La stampa di area PdL, come sappiamo, cerca da mesi storie e pretesti per mettere in cattiva luce il presidente della camera. Questa su Montecarlo è effettivamente una storia: molte delle altre cose non lo sono. Elisabetta Tulliani ha un grande patrimonio immobiliare: lei sostiene di averlo acquisito grazie a una vincita al Superenalotto; il suo ex compagno Luciano Gaucci, latitante a Santo Domingo, dice che è stato lui a vincere i soldi e ad averglieli regalati, insieme a case e terreni. Entrambi dicono che l’altro gli deve soldi o beni: litigano da anni e c’è una causa civile in corso. In ogni caso, niente a che vedere con la storia di Gianfranco Fini e della casa a Montecarlo e niente che abbia alcuna rilevanza, politica o penale. Trattasi di gossip.