Cosa sta facendo il PD

Come i giornali di oggi si occupano dell'assemblea nazionale del Partito Democratico

Oggi e domani l’assemblea nazionale del Partito Democratico – cioè le mille persone circa elette con le primarie dello scorso ottobre – si riunisce a Roma. La prima piccola notizia è che questo avviene senza vecchi segretari da dimissionare o nuovi segretari da insediare. Negli ultimi dodici mesi, infatti, l’assemblea era stata convocata per ratificare le dimissioni di Veltroni ed eleggere Franceschini a febbraio e poi, alla fine dell’anno, per ufficializzare l’insediamento di Bersani. Stavolta, ed è la prima cosa che nota il Corriere della Sera, si parla del paese.

Nessun dibattito sul proprio ombelico. Il Pd, che riunisce oggi e domani l’assemblea dei mille eletti con le primarie, cerca una tregua interna. E il segretario Pierluigi Bersani ha preparato una relazione tutta all’attacco del governo, della maggioranza, di Berlusconi e di Tremonti: «Non sanno governare la crisi, il paese è fuori controllo». Sarà questo il leit-motiv del segretario, insieme con la denuncia delle responsabilità del Pdl in Appaltopoli, dei rischi per la democrazia con il ddl sulle intercettazioni, della necessità di abbattere i costi della politica e di ritrovare un’etica pubblica.

Il clima sereno dell’assemblea dovrebbe essere garantito dalla tregua siglata con la minoranza (Franceschini, Veltroni, Fassino, Fioroni e co.), coi quali si è deciso di rimandare la questione del candidato premier. Qui occorre fare un riassuntino.

La minoranza del PD ha sempre teorizzato, fino al punto da scriverlo nello statuto, che il segretario del PD è il candidato premier naturale del partito e, quindi, in caso di coalizioni, il PD parteciperebbe col proprio segretario a una elezione primaria aperta. L’attuale maggioranza del PD, invece, ha sempre teorizzato l’opposto: che non è obbligatorio che il segretario del PD sia il candidato, e che in caso di coalizione il candidato sarebbe oggetto di trattative con gli alleati, non necessariamente di primarie. Ora, il gioco del posizionamento strategico e delle reciproche accuse ha generato un completo ribaltamento. Il tentativo da parte della minoranza di indebolire Bersani ha portato alla continua evocazione di quel “papa straniero” di cui parlava Ezio Mauro dopo le regionali: quindi niente identificazione tra segretario PD e candidato premier. La necessità di difendersi fa fare una giravolta anche a Bersani, e così il vicesegretario Enrico Letta ieri incorona il segretario come “il candidato premier del PD”. La ciliegina sulla torta ce la mette l’Italia dei Valori. Da settimane l’IDV tenta di mettere il PD nell’angolo sfidandolo a scegliere subito un candidato, con il PD a rispondere che c’è tempo e bisogna pensare al progetto. Ora Letta lancia un candidato e questo è il commento di Massimo Donadi, raccolto dal Riformista.

Lanciare ora la candidatura di Bersani, significa indebolirla. Non è condivisa neanche all’interno del PD e manca il progetto politico attorno al quale costruire il nuovo centrosinistra.

Lo scopo di quest’assemblea, oltre a dare tonicità e visibilità all’opposizione del PD è lanciare la campagna nazionale PD Open, di cui si è discusso ieri. Discutere, approvare e quindi lavorare su alcuni documenti tematici, volti a definire – e in alcuni casi ridisegnare – il profilo del partito. Il tema più spinoso in questo momento sembra essere quello sulla riforma del lavoro. La racconta Repubblica.

Nelle caselle dei mille delegati c’è una proposta complessa che ha già suscitato la contrarietà del giuslavorista Pietro Ichino. «Il decalogo proposto è un passo indietro», sostiene Ichino, la cui posizione è condivisa da Veltroni. Elaborato da Stefano Fassina, il piano punta a rendere più costoso per le aziende il lavoro precario; prevede il salario unico e incentivi per il lavoro femminile.

Ichino non sarebbe il solo contrario: con lui ci sarebbero anche gli ex sindacalisti Sergio D’Antoni e Achille Passoni. E la corrente di Ignazio Marino sarebbe pronta a far loro da sponda.

Ignazio Marino lancerà qualche rilievo critico, chiedendo «un partito più coraggioso»: «Chiederò che il segretario attui quanto scritto nello Statuto a proposito del referendum tra gli iscritti. Su temi importanti si facciano due o tre documenti, li si faccia girare tra i circoli e si voti». Un esempio per tutti, il lavoro: «Non mi convince il documento presentato, non penso che decisioni su materie così delicate possano essere prese da un gruppo di esperti chiusi nella segreteria della sede del partito».

Tutto l’ambaradàn, direbbe Bersani, per un obiettivo preciso, almeno nel breve termine: ridisegnare l’immagine del partito. Fabio Martini sulla Stampa di oggi racconta infatti della preoccupazione nel PD per un sondaggio commissionato alla IPSOS.

È l’ora di pranzo, i senatori del Pd sono riuniti a porte chiuse per ascoltare in anteprima i dossier con i quali i vertici intendono rilanciare il partito e ad un certo punto il vicesegretario unico, Enrico Letta, rivela: «Abbiamo commissionato alla Ipsos di Nando Pagnoncelli una importante ricerca nella quale, tra l’altro, è stato chiesto agli italiani di posizionare i partiti lungo il «continuum» conservazione-innovazione. Ebbene, noi del Pd siamo finiti schiacciati sulla conservazione, mentre i nostri avversari sono percepiti come innovatori…». Alla vigilia della Assemblea nazionale del Pd (in programma oggi e domani alla Fiera di Roma), chiamata a rilanciare l’azione del Pd, è dunque questa l’immagine che i democratici sanno di portare in giro per il Paese: quella di un partito di conservatori.