Paura di votare

Improvvisamente, non hanno più fretta. Non so che cosa Ghisleri abbia detto a Berlusconi, in ogni caso lui deve essersi convinto che passando giorni interi davanti alle telecamere di qualsiasi rete tv (Santoro compreso: evidente l’interesse per il pubblico grillino) le sorti del Pdl possono essere rovesciate. E che si possa ripetere la magia (aiutata dal conflitto di interessi) già tante volte tentata.

La rimonta del 2006 su Prodi è il precedente al quale si guarda (compresa la promessa berlusconiana di allora di abolire l’Ici e quella odierna di abolire l’Imu). Come scrive Paolo Natale su Europa l’autentico rischio 2006 rimane l’inesistenza di una vera maggioranza al senato: rischio che solo una vittoria Pd più ampia di quella prevista potrebbe sventare. Neanche l’apparizione della famosa Lista Monti cambierebbe le cose.

In questo quadro, si capisce perché il Pdl, non avendo niente da perdere tanto meno l’onore, giochi cinicamente con i lavori d’aula sulla legge di stabilità. Dopo aver causato la crisi anticipata della legislatura, ora prova a riallungarne artificialmente la vita. Vedi mai che una settimana in più di occupazione del teleschermo frutti qualche decimo percentuale al mentitore seriale che abbiamo visto all’opera ieri sera. La verità è che, dopo tanto cianciare di sovranità popolare, il Pd è l’unico partito pronto ad affrontarne il giudizio. Dagli arancioni al Pdl, da Casini a Grillo, l’impreparazione è evidente.

Operazioni improvvisate di aree eterogenee come quella nata intorno a Ingroia. Una coalizione centrista ancora in attesa dell’esito delle riflessioni di Monti. Un centrodestra disperato che torna a dipendere dai giochi di prestigio più frusti. E Grillo, anche lui: la bile con la quale commenta anche le primarie democratiche per i parlamentari, dopo quelle tra Bersani e Renzi, è la prova che l’onda di M5S s’è ormai fatta risacca.

PS. Anche i radicali sono impreparati al voto. Ma vivaddio (e viva Pannella) lo dichiarano, ne denunciano le ragioni, chiedono sostegno senza infingimenti a chi possa candidarsi dando loro qualcosa che ammettono di non avere. È lo stile di trasformare una debolezza in forza. Non sappiamo se funzionerà. Ma temiamo che se Pannella non dovesse salvarsi da questa sua ultima campagna, non ci sarebbe mai più un’altra chance per le idee radicali. La forza consiste anche nel sapersi fermare al momento giusto.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.