Il Pd e il collasso quantistico

Un’utente di Twitter, Silbi, ha dato la definizione che intuisco essere la più adatta, anche se è fuori dalle mie competenze: il Pd che secondo l’ultimo sondaggio di Nando Pagnoncelli tocca ormai il 32,2 per cento (teoricamente il massimo storico, considerando che nel 33,1 del 2008 vanno conteggiati anche i radicali) è secondo lei un «Pd quantistico».

Nella mia ignoranza indovino che significhi che gli italiani si dichiarano oggi per due Pd, su livelli spazio-temporali diversi: quello di Bersani (di ieri, oggi e domani) e quello di Renzi (di oggi e domani), anche se non escluderei che a quella cifra alta contribuiscano anche sognatori di un Pd tendenza Vendola o Tabacci. Insomma un Pd espanso «oltre i confini della realtà », per rimanere in tema.

Comunque vada domenica sera, o domenica 2, il destino di tutti e cinque i concorrenti e di tutti i simpatizzanti ed elettori del centrosinistra dipende dal successo di una delicata e non scontata operazione di riunificazione di quegli universi paralleli: quando Pd e centrosinistra avranno un solo candidato premier, dovranno continuare a valere quanto gli attuali due, tre, quattro Pd virtuali disponibili sul mercato elettorale.

Se il centrosinistra vuole davvero governare l’Italia e non delegare l’incarico una volta di più, non c’è alternativa a tentare questa difficile operazione. Seguendo l’istinto di duri combattenti d’altre epoche come Mario Tronti (settimane fa auspicava sull’Unità che Bersani, vinte le primarie al primo turno, si liberasse di Renzi e dei suoi indesiderabili sostenitori, alieni rispetto alle tradizioni politico-culturali del Pd) avremmo la certezza di un auto-ridimensionamento elettorale (Silbi, peraltro accesa antirenziana, parla di collasso quantistico) e quindi di riconsegnare il paese, nel migliore dei casi, alle cure dirette del professor Monti. Che poi è, a ben pensarci, ciò che la sinistra della generazione e dell’orientamento di Tronti ha sempre fatto.

Bersani, Renzi e tutti coloro che hanno creduto nelle primarie (compreso Vendola) sono i titolari dell’attuale potenzialità elettorale. Toccherà a loro confermarla e magari rafforzarla a risultato acquisito. Si spera che gli altri – quelli che «le primarie distruggeranno il partito» – per rientrare in gioco a cose fatte non tentino, loro sì, di distruggere il magnifico lavoro di mobilitazione e di resurrezione delle coscienze che si è realizzato in questi mesi.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.