Il muro dei sindacati

Nella sua corsa a ostacoli, Mario Monti è arrivato davanti al primo vero muro. Che non è quello dei tassisti, né quello degli avvocati o dei notai, e neanche quello dei padroncini dei Tir che vorrebbero paralizzare il paese. Con queste categorie in un modo o nell’altro si risolverà, perché il governo s’è già preso un bel vantaggio nei loro confronti.

Il muro se l’è trovato di fronte Elsa Fornero ieri dopo essersi illusa che le confederazioni sindacali e la Confindustria (ma anche Rete imprese Italia, l’associazione dei medi, piccoli e coop) avrebbero anche solo accettato il metodo di discutere un progetto dettagliato presentato loro dal governo.

Dopo tante polemiche intorno all’articolo 18, Fornero ha spiazzato tutti presentando qualcosa di ben più corposo, sostanziale e rivoluzionario rispetto alla tradizione italiana: la trasformazione della cassa integrazione speciale (vale a dire eterna) in disoccupazione sostenuta da un reddito minimo di reinserimento. Non si è neanche arrivati a discuterne: sindacati e Confindustria hanno alzato il muro fin dalla questione di metodo.

Semplificando molto: dopo anni in cui le parti sociali denunciavano l’assenteismo governativo dalle trattative in materia sociale, ora all’opposto rivendicano a sé la titolarità esclusiva delle discussioni (e degli eventuali accordi) sulla riforma del contratto e degli ammortizzatori sociali. C’è dietro a questo niet una concezione che esclude dal processo decisionale chiunque non sia rappresentato né da sindacati né da Confindustria (dunque addio alla pretesa di Monti e Fornero di agire in nome e per conto dei giovani non garantiti, ma anche addio alla sovranità del parlamento). E soprattutto c’è il rigetto di un’ipotesi di riforma degli strumenti che proteggono i lavoratori dalla crisi che appare in effetti molto ambiziosa. Difficile da pensare, da mandare giù, da praticare e soprattutto molto difficile da finanziare.

La galoppata di Monti si trasforma nel faticoso attraversamento di un guado insidioso. E stavolta nessun partito, questo è sicuro, sarà disposto a dargli una mano.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.