Sull’aereo più pazzo del mondo

Lo scenario è di quelli apocalittici, con centinaia di figure freneticamente in movimento sotto l’incombere di eventi drammatici. Eppure potrebbe anche non succedere alcunché, e ci limiteremmo a contemplare un quadro politico dove tutto si agita e alla fine nulla cambia. È davvero un helzapoppin.

Le agenzie private internazionali si accaniscono in giudizi cupi sull’affidabilità italiana. Il Fmi ci nega la prospettiva del pareggio di bilancio nel 2013, per il quale tanti sacrifici sono stati decisi, mentre la Commissione europea pare crederci. Le borse vanno su e giù, lo spread coi titoli tedeschi va solo su. La presidente degli industriali intima al governo di dimettersi. I sindacati, tutti, preparano scioperi. La maggioranza viene battuta a ripetizione in parlamento, su qualsiasi argomento. Berlusconi è un punching-ball. Un fondatore di Forza Italia, Pisanu, gli chiede di mollare. Casini quasi lo implora. Un altro anziano della repubblica, Pannella, lo tratta alla stregua di Saddam, provando a coinvolgerlo in un’amnistia che tiri fuori i detenuti ma valga anche per il premier come salvacondotto.

E non è finita qui, altri fronti di crisi si aprono, si chiudono, si riaprono. Ci sono naturalmente le inchieste e i processi. Una buona notizia da Napoli per Berlusconi (un gip che in pratica ordina di trasferire l’indagine Tarantini a Roma) non è però abbastanza buona da compensare la mazzata appena ricevuta dal tribunale di Milano, quel taglio dei tempi del processo Mills che potrebbe portare entro l’anno a una condanna del presidente del consiglio, magari con annessa interdizione dai pubblici uffici.

Precipita domani nell’aula della camera la richiesta di arresto per Milanese, l’onorevole affittacamere di Tremonti. Per i giornali sarà la votazione dell’anno, o forse del secolo: se nel segreto dell’urna Milanese venisse condannato, vorrebbe dire il tradimento di tanti leghisti (e probabilmente di molti del Pdl), quindi crisi di governo automatica.
Ma sarà davvero così? Si può dubitarne: dopo Papa, Scajola, Brancher, il centrodestra può ancora cercare di tenere una quota di sopravvivenza lasciando giù le zavorre. Per la medesima giornata di domani, per dare un segnale di fiducia, Berlusconi ha convocato proprio a Montecitorio un incongruo vertice “sulle riforme”, compresa quella elettorale: paradossale riunione, visto il clima intorno, ma vale come segnale di ostinata resistenza.

In tanti guardano al presidente della repubblica. Si moltiplicano gli appelli. Scalfari su Repubblica gli ha chiesto un discorso alle camere per dichiarare sfiducia a Berlusconi. Colombo sul Fatto gli ha chiesto invece di bandire dal parlamento la Lega tornata secessionista, un po’ come sostengono da molti mesi alcuni costituzionalisti, giuristi e politici, stretti intorno a un documento che è stato pubblicato anche da Europa. Napolitano ascolta tutti e tutto. Il suo attivismo, che è forte, si concentra intorno alla tessitura del paracadute da far aprire un minuto dopo l’eventuale venir meno del governo. Del resto non può fare molto di più, il capo dello stato. Significativo che, come riporta oggi Europa, più che delle improvvisate leghiste (liquidate in modo sbrigativo e sprezzante: «Chi evoca la secessione è fuori dalla storia») si preoccupi di verificare le intenzioni delle opposizioni di centrosinistra: non c’è spazio per sognare rapide rivincite elettorali, tipo quelle fatte intravedere a Vasto: prima dell’eventuale voto c’è molto lavoro di ricostruzione da fare per un governo che a quel punto sarebbe “del presidente” a pieno titolo.

Sull’aereo più pazzo del mondo che è la politica italiana, il paracadute di saggezza e responsabilità confezionato da Napolitano potrebbe però anche rimanere impacchettato, inutilizzato. L’improbabile pilota ai comandi pare proprio deciso di volersi schiantare a terra insieme a tutti noi.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.