Prima di parlare d’altro
Una newsletter di
Prima di parlare d’altro
Michele Serra
Martedì 27 febbraio 2024

Prima di parlare d’altro

«Questa settimana provo a mettere un poco di ordine. Disciplina affascinante, a proposito della quale diversi libri (anche best seller come quello di Marie Kondo) tentano di dare indicazioni utili»

(Leon Neal/Getty Images)
(Leon Neal/Getty Images)

Sento di poter dire, con un certo orgoglio, che Ok Boomer! scoppia di salute. Anche troppo. Vedo accumularsi, in file volenterose ma confuse (sono un archivista molto maldestro) le vostre lettere sugli argomenti affrontati. Il più recente – come e se parlare con i complottisti – ha raggiunto e forse superato, per numero di mail, il record toccato mesi fa da Taylor Swift, ovvero dalla mia domanda, da vecchio che chiede lumi ai giovani, “perché è proprio lei la numero uno?”. E ancora gravitano nel mio computer, inedite, diverse mail sul nuovo femminismo – se sia troppo o troppo poco radicale.
Perseguitato da una consolidata fama di opinionista-tuttologo, un poco mi spaventa la mia capacità di aprire sempre nuovi fronti (mai che me ne stia zitto, porca miseria). Ma mi fa felice la facoltà, parlando di me stesso, dei miei pensieri, delle mie esperienze, dei miei dubbi, di coinvolgervi. Per dirla facile: chiacchierare è bello se si chiacchiera mettendoci qualcosa di proprio e per questo di vero. Devo dunque ringraziarvi per l’attenzione e per la partecipazione. Cerco, scrivendo, di mettermi in gioco: beh, mi sento corrisposto.

Ma qualche affanno, ritrovarmi a presiedere una specie di assemblea permanente (anche se nessuno urla, e si parla uno alla volta) me lo dà. Come già scritto, ho chiesto al Peraltro Direttore: un paio di redattori giovani, brillanti, poliglotti e in grado di sostenermi in vecchiaia; una sede distaccata in Liguria con vista mare; una provvigione degna di vino bianco e gamberoni rossi; e una spider di rappresentanza (ho un debole per le auto sportive, possibilmente burine); ma niente, da quell’orecchio non ci sente. Dunque mi tocca arrangiarmi da solo, e questa settimana provo a mettere un poco di ordine. Disciplina affascinante, a proposito della quale diversi libri (anche best seller come quello di Marie Kondo) tentano di dare indicazioni utili.

Per mettere ordine, e lunedì prossimo cercare di ripartire da nuovi lidi e per nuovi itinerari, provo a tirare le conclusioni dell’incursione, non breve e non indolore, nel mondo del cosiddetto “complottismo”, termine piuttosto approssimativo per descrivere un fenomeno tangibile: il rifiuto della realtà per rimpiazzarla con altri materiali psichici. La settimana scorsa ho pubblicato una serie abbastanza impressionante, e anche emozionante, di esperienze “sul campo”. Lettori che non affrontavano la questione astrattamente, o ideologicamente, ma raccontavano il loro duro confronto con persone un tempo vicine, anche molto vicine, e poi “portate via” dalla fede cieca in interpretazioni della vita, diciamo così, non verificabili. Ben più che disprezzo, o distacco, emergeva dolore. Emergevano ferite umane.
Come sintesi di questo breve viaggio nell’incomprensione e nell’impotenza, pubblico questa lettera. La considero una sintesi amara, ma condivisibile. Non indica rimedi. Ma descrive bene il problema.

“Mi hanno colpito molto le lettere sulle relazioni affettive con amici e partner appartenenti alla nebulosa dei complottisti. È un tema vivo e doloroso che indica un’altra frattura, l’ennesima, che attraversa la società: da una parte i ‘razionali’, dall’altra i ‘complottisti’. Che la frattura sia assai penosa, lo dimostra il nostro timore di affrontare l’argomento in pubblico, per non correre il rischio che fra noi e ancora un altro amico, ancora un altro cugino, scenda quel diaframma di sospetto che ha già raffreddato altri affetti, dalla pandemia in poi. Da razionale osservo i complottisti e mi chiedo perché proprio ora, perché proprio loro, perché Piero e non Sara, perché l’edicolante e non la cassiera. Soprattutto mi chiedo perché Piero, che conosco e amo da molti decenni, non sia più al mio fianco. Vedo una spaccatura fra me e Piero: che cazzo ci fai di là, Piero?”
“Su Ok boomer! della settimana scorsa ho letto la lettera addolorata di Daniela che non riesce più a parlare con la sorella maggiore, un tempo affettuosa e protettiva. Daniela descrive la vita privata di questa sorella, ed è una vita di lavori, affetti e amori tutti accomunati dalla breve durata e dalla precarietà. Una vita liquida, la vita di chi naviga a vista tutti i giorni e non vede un punto d’approdo sicuro da nessuna parte. Ecco, quella lettera mi ha colpito perché mi vedo intorno tante sorelle di Daniela che sembrano imparentate anche con il mio amico Piero, con le sue croniche precarietà in tutti i campi dell’umana biografia. Allora mi chiedo se la chiave non sia proprio la latitanza o almeno la sempre minore disponibilità delle istituzioni che, in Italia e fuori, hanno sempre sostenuto le vite delle persone: la famiglia, soprattutto, ma anche la Chiesa, la classe sociale, il lavoro, la politica, i ruoli sessuali. E mettiamoci anche l’amore. Se crescono gli indifesi, di fronte alla latitanza di cui sopra, e se i loro lavori e i loro amori sono solo deludenti parodie di quanto si attendevano dalla vita, allora forse proprio quegli indifesi possono essere tentati di dare un calcio a tutto, anche alla conoscenza condivisa e alla fiducia nella ragione per ribellarsi alle forze invisibili (i ‘poteri forti’!) che, glielo dice la paura che provano ogni giorno, sembrano aver sottratto loro la prospettiva di vita”.
“Così un giorno passa il treno del complottismo, che sembra proprio rispondere ai nostri bisogni, e sembra una buona idea salirci sopra. Quando la sorella di Daniela si lascia scappare un Voi, rivolgendosi a chi le siede di fonte e si è magari vaccinato, forse intuisce che oggi il privilegiato è chi può progettare di avere lo stesso partner, la stessa casa e lo stesso contratto di lavoro anche fra 12 mesi. Così, forse, smettere di ragionare, e polemizzare ossessivamente, serve a restituire qualche colpo al destino, e alle sorelle inspiegabilmente appagate. Certo, ha la stessa coerenza logica del capriccio di un bambino. E chissà quanto, in futuro, ci farà sanguinare questa ferita”.
Fabio Galli

Adesso, però, proviamo a chiudere l’argomento “complottismo e credenze stravaganti” usando l’attrezzo che si usa quando non si vuole cedere più di tanto ai sentimenti: la satira. Umore tutt’altro che distraente: mira dritto al bersaglio. Qui di seguito una mia poesia (in settenari) del 2013 – dunque ben prima del covid e dei novax – sulla fede popolare nelle cure “non ufficiali”: si discusse molto, ai tempi, del metodo Stàmina, lanciato da un informatore pubblicitario e adottato con autentico entusiasmo da un paio giornali di destra.

Vengono dopo Stàmina
nuove cure salvifiche
senza alcuna disamina
e inutili notifiche

degli scienziati (casta!).
Per promuoverle basta
che piacciano alla gente.
C’è l’oncorepellente

estratto dalle vongole
i fanghi di Plutone
l’ipnosi con le bombole
le flebo di carbone

la bava di cammella.
E contro il brutto male
il metodo Di Bella
rifatto in digitale.

Segue, stavolta in ottonari, un’altra poesia, del 2011, su un fenomeno ingiustamente dimenticato: l’annuncio della fine del mondo entro il 2012 secondo la cosiddetta “profezia dei Maya”. Fu una specie di “seconda edizione” del precedente e più classico millenarismo, che fissava nel fatidico Duemila la definitiva modalità off. A meno di controdeduzioni da parte di siti meglio informati di me, non risulta che l’umanità si sia estinta né nel 2000 né nel 2012. Abbiamo ancora un po’ di tempo.

È dicembre e c’è chi teme
per la profezia dei Maya
e si pente, piange e geme
aspettando la mannaia.

C’è chi canta tra le rupi
chi si droga con le rane
chi fa imbalsamare il cane
che la morte non lo sciupi.

Qualcheduno si suicida
per sottrarsi all’incombenza
di quest’ultima corrida.
Altri dicono: pazienza!

Ma una fonte più accurata
spiega meglio i codicilli:
moriranno, in quella data,
solamente gli imbecilli.

*****

Veniamo all’altro “file” ancora aperto – e lo sarà per qualche secolo. Il nuovo femminismo, piombato quasi per caso nel bel mezzo di Ok Boomer! in seguito a una mia piccola apologia del film Barbie. In quale dosaggio, in quali forme, con quale linguaggio e per quali scopi essere femministe sia più efficace, come è ovvio, lo stabiliranno le donne. Qui la discussione si è accesa soprattutto a partire da una lettera di Lara, piuttosto polemica con quello che chiama “femminismo di opportunità”: una specie di “vogliamo tutto” che esenta dalla necessità di scegliere qualcosa e di rinunciare a qualcos’altro (mi scuso, anche con Lara, per la brutalità della sintesi). Qualcuna ha apprezzato, qualcuna proprio no. Marta, che ha 22 anni, proprio no.

“Ricorro allo slang della generazione Z perché spero riassuma bene le mie perplessità sul pensiero di Lara: Boh, zia! L’appellativo di “zia” lo usiamo tendenzialmente in modo bonario per appellare persone amiche, ma distanti da noi per idee, gusti o pensieri, considerati datati. Il Boh si riferisce invece a ciò che Lara chiama femminismo ‘di opportunità’. ‘Le donne seguaci del femminismo ‘di opportunità’ non vogliono scegliere, vogliono tutto, i figli, il tempo con i figli, diventare CEO, avere anche il tempo di non invecchiare frequentando palestre ed estetiste. Semplicemente non è possibile. Come non lo è per gli uomini”.
Che le donne di oggi vorrebbero avere la botte piena e la moglie ubriaca (detto sessista passato di moda) è assolutamente vero, ma è anche una volontà condivisibile e una speranza per la società tutta! Sono nata in una famiglia che ha messo la carriera davanti alla famiglia e mi ha insegnato a farlo. Ho anche visto che questa via porta allo sgretolamento dei rapporti familiari, senza contare che non sempre sono premiate la dedizione e la forza che impieghi nell’eventuale carriera. Questo per dire che riconosco perfettamente il background ideologico di questo trafiletto, ma non riesco ad accettarlo: ‘Si fa notare con disappunto che le donne esaltate dalle classifiche del Time fossero tutte in qualche modo ‘guerriere’. Se vuoi scalare la classifica del Time devi essere una combattente, a me sembra una ovvietà: proprio come per gli uomini. Ma puoi scegliere di non farlo’. Forse è proprio qui che mi ‘casca la boomer’: questa società – che Lara non mette in discussione perché, semplicemente, le è andata bene così – vuole guerrierə capaci di rinunciare a tutto tranne alla propria carriera. Posso, a 22 anni, non volere una società fatta così? Non mi basta scegliere di non essere io la guerriera di turno, se faccio questo passo indietro sarò schiacciata socialmente ed economicamente. Vorrei poter vivere in una società che non ha bisogno di guerrierə. Perché se accettiamo la ‘professione’ di guerrierə accettiamo anche che sia lecito fare a botte per vincere, lasciare sempre qualcosa (e qualcunə) indietro, decidere chi farà lə casalingə. All’interno di questa narrazione guerreggiante, il ‘femminismo di opportunità’ è il mio manifesto. Solo una piccola modifica va fatta: l’espressione ‘fare carriera’ va sostituita con una più umile ‘sentirsi realizzatə professionalmente’. Voglio una famiglia e voglio un lavoro che mi faccia sentire appagata. Non voglio più competere, né con uomini né con altre donne. E voglio questo per la maggioranza delle persone, non c’è niente di distorto né di tossico, solo tentativi di cambiamento. Se a ‘voi’ sembrerà una richiesta eccessiva, fateci almeno provare”.
Marta

Infine, Anita. Breve dispaccio a sostegno di Lara.

“Caro Michele, ti scrivo solo per incaricarti di abbracciare Lara da parte mia.
Era tanto che aspettavo di leggere una lettera così, con il semplice racconto di obiettivi raggiunti con le proprie scelte e il proprio impegno. Prendendosi le proprie responsabilità e senza piagnisteo. Di teoriche e teorici della pappa pronta non ne posso più. Lunga vita a Ok Boomer!”
Anita Merli

*****

Questa settimana Zanzare Mostruose gioca su una bestia sempre in agguato: l’equivoco. Titoli nati con le migliori intenzioni che però, se letti distrattamente, o maliziosamente, possono portare il lettore a conclusioni impensabili. Per esempio, segnalato da Danilo e letto su Domani:

FANTOCCIO DI MELONI BRUCIATO
LA SOLIDARIETÀ DI MATTARELLA

L’interpretazione politica è ovvia, la sequenza logica presta il fianco al dubbio…

Dal sito Prima la Martesana, ecco un fatto di “nera” di non immediata lettura:

IN PIENA NOTTE SUONA I CITOFONI DELLE CASE
RAGAZZA DI 23 ANNI FINISCE IN OSPEDALE

Silvano, che segnala il titolo, si domanda, legittimamente: avrà preso la scossa?
Riccardo ha preso atto, sul sito del Corriere della Sera, della piega veramente imprevedibile che potrebbe prendere la crisi coniugale più dibattuta del momento:

CHIARA FERRAGNI E FEDEZ SI SONO LASCIATI
IL RAPPER È ANDATO VIA DI CASA, LEI SARÀ OSPITE DI FAZIO

Per finire in modo pensoso, ecco l’acuta obiezione che Andrea oppone alla divertita pubblicazione qui, la scorsa settimana, del titolo

STRANGOLA LA MADRE, RESTA IN CELLA
“È PERICOLOSO, POTREBBE RIFARLO”.

Scrive Andrea: “La mia compagna, che viene dal mondo anglosassone dove certe sensibilità sono più sviluppate, mi ha fatto notare che questa ironia potrebbe essere accusata di disprezzo per le coppie omogenitoriali. In una coppia omogenitoriale al femminile, sarebbe possibile che il figlio, strangolata la prima mamma, esca di prigione e si ripeta con la seconda”.