Stare più attenti

Sono stato a Ballarò. Su cui ho da sempre giudizi contrastanti. Vado matto per Floris, e mi fa ridere ogni sua battuta, e lo trovo sempre efficacissimo. Ieri sera ho persino sghignazzato a una di queste, a un certo punto, e ho pensato che sarei sembrato come quelli che si sentono sghignazzare ad AnnoZero durante le vignette di Vauro, insopportabili. Comunque: Floris è uno di cui invidio la prontezza di battuta vincente e la capacità di tenere in mano quel circo.
Ballarò invece mi ha sempre perplesso per il pubblico e gli applausi, e ne ho scritto. Dopo stasera ne sono ulteriormente spiazzato: so di dire le cose che dicono tutti e sembrano sempre banali e ipocrite. Però ho avuto l’impressione che si potesse solo urlare, e che anche così la discussione fosse quasi sempre fuorviante e superficiale. Ma forse era colpa degli ospiti, forse era colpa dei temi. E poi forse era colpa mia, che ho avuto spesso l’impressione di riuscire a entrare solo per battute inutili e non per le cose più concrete che avrei potuto dire, buone o fesse. Vabbè, ma ora non volevo fare un’autocoscienza sulla mia prima puntata di Ballarò, come si fa da ragazzi dopo la prima partita di tennis in cui si analizza ogni volée sbagliata e ci si congratula del servizio al terzo game e si aspetta che gli altri dicano “dai, te la sei cavata”. Volevo solo dire, per chi c’era, che ho detto una cosa sbagliata sulla famiglia Bossi. Poi ho provato a spiegarmi, ma ho capito che tutto si sarebbe potuto complicare e siamo passati ad altro. Io volevo – il discorso non era stato introdotto da me – confermare che anche nella Lega ci possono essere casi di incompetenze promosse senza che se ne capisca la ragione, ma il contesto l’ha fatta sembrare un’obiezione legata a un rapporto tra padre e figlio. Tema sulle cui strumentalizzazioni gaglioffe ho una certa esperienza (rinnovata ieri dal Presidente Cota, ma anche a lui dev’essere scappata la mano) e una sensibilità sufficiente a non farmene mai sfiorare. E se sembra che lo abbia fatto, mi dispiace. E scrivo dei post così.


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Luca Sofri

Giornalista e direttore del Post. Ha scritto per Vanity Fair, Wired, La Gazzetta dello Sport, Internazionale. Ha condotto Otto e mezzo su La7 e Condor su Radio Due. Per Rizzoli ha pubblicato Playlist (2008), Un grande paese (2011) e Notizie che non lo erano (2016).