Sessismo di partito

Il 22 maggio al Centro Studi Americani di Roma si è tenuto un incontro per la presentazione di un libro: c’erano anche Maria Elena Boschi e Luigi Di Maio. I due non si sono mai parlati direttamente, ma si sono stretti la mano, probabilmente su richiesta. La foto è circolata molto sui social network soprattutto per l’atteggiamento e l’espressione di lui e sulla pagina Facebook di alcuni sostenitori di Di Maio e Di Battista è stata parecchio commentata, come si mostra qui.

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Ho pubblicato su Twitter l’immagine montata con qualche frase evidenziata (l’ho a mia volta trovata in giro) e non intendo in nessun modo fermarmi su questo, c’è poco da dire e mi pareva tutto auto-evidente. Invece no. Altrettanto stupefacente è stata la maggior parte delle reazioni alle reazioni. Nell’indignazione generale si è in misura uguale e contraria passati a insultare gli insultatori in quanto sostenitori del Movimento Cinque Stelle, non facendo notare come fossero evidentemente e innanzitutto sessisti, misogini e maschilisti. Da un bar all’altro: «Un partito così può essere sostenuto solo da gente così, speriamo che restino lì», «Tra i grillini i segaioli frustrati sono molto di più che negli altri partiti», «Commenti-fogna fatti da uomini-fogna che tifano per un movimento-fogna», «Un uomo cafone come Luigi Di Maio non so neanche se possa definirsi un uomo», «La foto non tiene conto di quello che ha provato Maria Elena Boschi nel dar la mano a Gigino o’ mollusco», «Parlano tutti della propria mamma», «Il genio non è abituato a donne di classe come Maria Elena Boschi, frequenta la Taverna, Ruocco, la Lezzi, per questo fa quella faccia». E così via: sono state ripetute parole come fascisti, cafoni, frustrati, si sono replicati insulti sessisti e pochissimi hanno pronunciato la parola giusta: sessismo. E anzi: «Qui il sessismo c’entra zero, anche molto meno», «Quale sessismo.??!! Cosa c’entra il sessismo??».

Mi toccherà ora dire che non sono vicina né al PD né al Movimento Cinque Stelle e che comunque non è questo il punto. Il vero problema è che la questione non era visibile se non a pochissime. Ovviamente è stato piuttosto facile per qualcuno fare degli esempi trasversali mostrando che il sessismo non ha partito e lo si ritrova ovunque indipendentemente dal contenitore politico in cui ci si è messi.

Chiedendo scusa per la banalità, proverò allora a spiegarla facile: quando una donna è incinta funziona così:

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Non così:

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A un certo punto può capitare che:

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Il sessismo è la «tendenza a valutare la capacità o l’attività delle persone in base al sesso». Non criticare Boschi se lo si vuole fare sul piano politico (e di argomenti per me ce ne sono parecchi) e darle della “puttana” è sessismo, non è una critica legittima, né una critica politica. Non c’è un sessismo buono e non c’è un sessismo cattivo. Il sessismo semplicemente è: non ha altre specificazioni, non ha contenitori politici, non ha luoghi privilegiati in cui diventa più o meno grave, non sta esclusivamente né a destra né a sinistra. Certo, ci sono cose che diventano dei simboli e circostanze più visibili rispetto ad altre. Poi, alla fine, resta il sessismo e basta, quello che non viene raccontato e quello che, siccome è ben mascherato, non è riconosciuto come tale.

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Quello che manca in questa storia, ancora una volta, è la reazione di alcune donne che troppo spesso non ritengono l’occasione politica un’occasione “conveniente” per ribadire la loro appartenenza a un mondo civile e la loro autodeterminazione innanzitutto come donne.

Giulia Siviero

Per ogni donna che lavora ci vorrebbe una moglie. Sono femminista e lavoro al Post. Su Twitter sono @glsiviero.