Il post di Di Maio contro i negozi cinesi e pakistani

In un post pubblicato sulla pagina Facebook del Movimento e molto criticato dice che vendono prodotti contraffatti, nocivi e fanno concorrenza sleale

Sta facendo discutere un post pubblicato mercoledì sulla pagina ufficiale del Movimento 5 Stelle in cui il capo politico del Movimento, Luigi Di Maio, annuncia una campagna contro i negozi di proprietà di cittadini cinesi e pakistani, accusati di evadere le tasse e vendere prodotti «non registrati, nocivi, facendo concorrenza sleale e danneggiando la nostra economia». Il post, scrive Adnkronos, avrebbe causato numerosi malumori tra parlamentari e dirigenti del Movimento, molti dei quali lo considerano discriminatorio oltre che un goffo tentativo di imitare la Lega.

L’idea di adottare misure speciali contro i negozi di proprietà di stranieri non è nuova, anche se è con ogni probabilità illegale. Il post di Di Maio, infatti, sembra riprendere in maniera identica una polemica simile lanciata dal capo della Lega Matteo Salvini lo scorso autunno, quando aveva definito i “negozi etnici” «ricettacolo di spacciatori, di gente che beve fino alle tre di notte, che pisciano e cagano».

Il post di Di Maio sembra far parte di una nuova strategia comunicativa con cui il Movimento 5 Stelle sta provando a rispondere alla durissima sconfitta subita alle elezioni europee, imputata da Di Maio e il suo staff alla svolta particolarmente critica nei confronti dell’alleato di governo che il Movimento ha adottato nelle ultime settimane di campagna elettorale.

La nuova strategia prevede di spostare il Movimento su posizioni vicine a quella della Lega in molti ambiti e di minimizzare le critiche all’alleato. Di Maio, per esempio, non ha fatto quasi nessuna menzione del caso Arata, il consulente della Lega molto vicino all’ex sottosegretario Armando Siri, arrestato in un’inchiesta antimafia e non ha nemmeno criticato l’ipotesi di un nuovo condono sul denaro presente nelle cassette di sicurezza (una questione su cui, lo scorso dicembre, aveva minacciato di far cadere il governo).