Scribblitti, una pratica di ascolto e disegno

A novembre dello scorso anno mi è arrivato un messaggio da una redattrice de Il Post. -Ti ho trovato alla Biennale!- diceva, con foto allegata di una stampa adagiata su un grande tavolo.
Beccato. Era la foto di uno Scribblitti che avevo realizzato per una delle cinque progettualità presentate in Arsenale alla Biennale di Venezia di Architettura. La Biennale era stata inaugurata a fine Maggio e mancavano pochi giorni alla chiusura. -Perchè non ne hai scritto?- proseguiva giustamente il messaggio. -Perchè scrivere mi terrorizza- avrei potuto rispondere, ma ho glissato spiegando di altre cose. Il lavoro che avevo realizzato in quattro giornate all’interno del teatro di Consagra, che è stato il frutto della partecipazione della comunità gibellinese e dell’ascolto delle loro storie successive al terremoto del Belice, era davanti a lei insieme al mio quaderno, su cui avevo preso appunti e disegnato alcuni schizzi preparatori nei giorni precedenti, sotto una teca. Poco distanti da quello, a testimoniare le giornate passate in Sicilia con il gruppo di architetti che mi aveva invitato per usare Scribblitti come ponte di comunicazione con la popolazione locale attraverso lo staff di Mario Cucinella, curatore del padiglione italiano, c’era un video-documentario di questo progetto e quattro piccoli quadri a tempera che mi erano stati richiesti a stretto giro mentre ero in viaggio, due Natali fa ormai, a meno di venti giorni da quella esperienza, che sarebbero serviti per la realizzazione del poster dell’inaugurazione. Nel caso di alcune progettualità darsi del tempo e guardare le cose a bocce ferme e con una certa distanza credo che sia la cosa migliore da fare nonostante il paradosso di sentirsi chiamati a doverle condividere immediatamente.  Capisco che si tratti di una cosa obiettivamente stupida leggerne ora che è passato del tempo per come siamo abituati oggi a leggere e dare opinioni delle cose che accadono minuto per minuto, ma scriverne come singolo evento non aveva particolare senso. Volevo descriverne un prima e un dopo, contestualizzando. E il dopo, qualche esperienza successiva a Gibellina, ancora non era o a calendario o sufficientemente distante nel tempo. Allora ho aspettato un anno. Un anno largo.
Scribblitti nasce come piccolo progetto indipendente che dopo due anni, test dopo test dopo test dopo test (dopo test, dopo test, dopo test), chiude il suo primo ciclo con una presenza in Biennale.  È la seconda volta che un mio lavoro arriva in Biennale a Venezia e volevo vedere cosa sarei riuscito a fare dopo. Ora che qualcosa ho fatto e sono un po’ indaffarato nel tribolare tra nuove modalità di interviste e ascolto, di disegno e test su diversi materiali, riesco a restituire questo arco narrativo molto meglio. Non è facile, ma ci provo. Che sono lento, quello che faccio è lento, non è roba per centometristi, non sono un centometrista. Dopo Bruxelles, riprendendo la narrazione da dove avevo smesso di scrivere, sono stato invitato nel quadro di una residenza d’artista a realizzare tre lavori per il Festival H2O nel centro della Francia vicino Blois, lungo la Cisse, un affluente della Loira.

Ero stato invitato lí per descrivere attraverso l’ascolto e il disegno quello che era accaduto a causa della sua esondazione che non solo aveva allagato case e trascinato ogni genere di materiali fuori dal suo corso, ma aveva anche avvelenato la fauna circostante per via delle sostanze usate nella coltivazione agricola del territorio, causando la morte di molti animali selvatici. Ho avuto modo di percorrere con gli ingegneri delle acque -e un contingente di rappresentanti del territorio ed amministratori locali- quattrocento chilometri di fiume in lungo e in largo che mi hanno descritto cosa fosse successo in quei giorni e, sempre prendendo appunti o registrando in mancanza di altro, ho potuto aggiungere dettagli agli eventi tramite le persone che incontravo di giorno in giorno. Durante le giornate di ascolto, le persone meno preparate ad una intervista sono state le migliori per riportare la gravità delle situazioni attraverso i ricordi allo stato presente. Parlare con uno dei due responsabili di un santuario per la cura di animali feriti ad esempio è stato probabilmente l’incontro più importante per capire la gravità di quella specifica situazione e dei sacrifici fatti da un piccolo gruppo di volontari per portare avanti un progetto dedicato alla cura e alla tutela della fauna locale. Per la realizzazione degli Scribblitti di questa progettualità dopo l’attività di raccolta delle interviste ho avuto a disposizione tre piccole pareti all’interno di luoghi straordinari. La guardiola del giardino botanico è stata la prima, l’interno di uno dei mulini più antichi della zona la seconda e la cava da cui erano ricavate le pietre caricate poi su nave per la costruzione delle chiese nemmeno troppo limitrofe la terza parete a chiudere l’insieme. Vista la perfetta riuscita di questo gruppo di Scribblitti all’estero gestito con precisione ed in maniera straordinaria in ogni minimo dettaglio, ancora adesso mi ritrovo a ringraziare, ora che guardo con una certa distanza temporale le cose e con un po’ più di esperienza, la volontà dei curatori di questa progettualità di Scribblitti e la loro capacità di giocare con il format dato, come era successo soltanto in un’altra occasione tempo prima in Lettonia a Riga in collaborazione con l’Istituto Francese di Cultura e l’UNHCR, facendo coincidere incontri di ascolto e luoghi, in perfetto accordo con la popolazione locale ed i suoi organi culturali disseminati tra piccolissimi paesi e frastagliate zone rurali. Qualche mese dopo il progetto della Cisse, invece di partire per destinazioni molto più lontane e perdermi in qualche genere di percorso che conoscendomi e fatti i dovuti calcoli, salti carpiati ed iperboli a quest’ora forse starei scrivendo dal Paraguay, supportato da una coppia di curatori di un piccolo paese dell’entroterra siciliano, sono riuscito per la prima volta con la loro conoscenza del territorio non solo a fare una mini-serie di Scribblitti ma a vedere anche l’ultima (agognatissima) fase del progetto per come lo avevo scritto, realizzata pienamente -che non è facile-. Scribblitti è si una performance a tempo di interazione e disegno a mano libera, ma alla fine della serie di interviste e disegni nella grande teoria delle cose l’ho pensato con una giornata conclusiva di porte aperte alla cittadinanza in cui le persone possono entrare e vedere che cosa è stato fatto. Avete idea di quante volte mi sia riuscita bene quest’ultima parte? Ecco. Sarà che Castelbuono è un paese estremamente ricettivo e positivo, ma quest’ultima fase grazie all’organizzazione, il passa parola e la curiosità dei parenti più che di vedere gli Scribblitti di curiosare nella vita dei nipoti, è riuscita perfettamente. In teoria dovevano essere quattro le interviste e le pareti da realizzare nel gruppo di Castelbuono. Senza stupirsi troppo delle cose che possono succedere, ecco, una di queste letteralmente non era ancora pronta, il luogo dove avrei dovuto disegnare era ancora in fase di lavori. La cosa poteva essere letta come un nulla di fatto o un segno del destino, o più semplicemente per amicizia un racconto da recuperare successivamente, prendendo un aereo e chiudendo il gruppo in due tempi, invece si è presa l’occasione per rilanciare e pensare di articolare un tour di Scribblitti, un viaggio di interviste e disegni lungo tutta la Sicilia. Questa cosa desiderata già dal primo momento da Michele, uno dei due curatori, che ho cercato di frenare e contenere all’interno del paese di Castelbuono fino a che ci sono riuscito, ha potuto toccare alcune città siciliane e concludersi a Gibellina nella progettualità di Scribblitti per la Biennale di Architettura affiancato dagli architetti dello studio AM3 di Palermo, uno dei cinque studi invitati all’Arsenale e dagli assistenti di Mario Cucinella. Alla chiusura del gruppo di lavori durante la residenza francese pensavo che la cosa più giusta da fare fosse partire. E partire molto lontano. Partire sufficientemente lontano -senza presunzioni poetiche- da non capire la lingua parlata localmente iniziando da zero una nuova traccia di progetti. Invece di partire molto ad est o molto ad ovest sono andato un po’ a sud. Ancora non mi sentivo perfettamente sicuro del format che avevo scritto, andava messo sotto un test più largo, capito meglio. La progettualità in Sicilia è stato il banco di prova che mancava ancora per capire come si poteva realizzare qualcosa su territori più estesi e vedere cosa funzionava e cosa no e come registrare le possibili cose si e mediare le turbolenze delle cose no. Quando lavoro in studio fa parte della ricerca fare continui test, accumularli, ed accettare anche dei grandi fallimenti prima di arrivare ad un punto in cui capisco che si può passare ad una fase successiva e poi ad un altra e così via. Con Scribblitti il banco di prova non è in studio e vederlo muovere un passo più avanti implica, nel caso di un errore, sbagliare cose topografiche di qualche centinaio di chilometri. Dato che ci sono di mezzo anche i rapporti umani, significa rinunciare a qualsiasi pretesa di avere tutto sotto controllo, a calendario,  topograficamente. Mica facile con lo stress di una performance fisica e mentale come questa accettare un errore. Il proprio studio è un paradiso in questo senso, ma è un paradiso in cui non si ha alcuna occasione di incontrare persone, ascoltarle e mettere in moto delle energie per realizzare qualcosa insieme, oltre al proprio sé, quello che si pensa, quello che si pensa di pensare e via dicendo. Mica facile. Un paio di mesi dopo Gibellina ho avuto la prima occasione di realizzare uno Scribblitti, che poi sono diventati due, a Monaco. Avevo visitato quel posto diversi mesi prima per il lancio del monografico del primo anno di Scribblitti da parte di Slanted. Per l’occasione avevo disegnato durante la sera lungo una vetrata interna. Il luogo era una ex banca sventrata dal primo all’ultimo piano nel pieno centro della città riconvertita dal comune con l’aiuto di alcuni sponsor a luogo sociale con una programmazione molto fitta di eventi culturali e fiere con l’accesso ad una quarantina di camere di albergo ad hoc. Non avendo mai visto qualcosa di simile, approfittando di un secondo invito, sono tornato ben volentieri. A questo giro visto che avanzava del tempo e la storia che avevo raccolto meritava di essere sviluppata meglio con l’aggiunta di una ulteriore parete ho chiesto il permesso di usarne una, in un angolo cieco, all’interno di un corridoio. Il ritorno da questa veloce esperienza, via treno, lo ricordo ancora. Ho ricevuto tre controlli durante la notte da parte delle forze dell’ordine di frontiera. Non usate mai del balsamo di tigre in una cuccetta. Arriverà in tutto il vagone. Vi odieranno, arriverà la polizia, vi chiederanno i documenti, vi chiederanno cosa fate nella vita, cercheranno in tutto lo zaino e passerete lunghissimi minuti a spiegare che cosa è il balsamo di tigre e insomma non dormirete molto.

L’ ultima progettualità di Scribblitti è stata di sicuro la più folle. Forse perché un po’ alla Boris, forse perché è stata piena di momenti belli che non so neanche spiegare e questo mi ha nutrito molto lo spirito, la testa, il cuore e tutto quanto, e spero di poter realizzare qualcosa di simile prossimamente ora che le cose della metà scorso anno in avanti sono migliorate tra malattie, polmoniti, recuperi ed intoppi vari -ma non sono stato con le mani in mano, ve ne parlerò presto di cosa ho fatto nell’attesa, in studio- . La Parigi-Torino. Ecco. Era da un sacco, davvero un sacco di tempo, che un cartografo di Parigi ed io ci scrivevamo. Tipo amici di penna. Va detto che aveva iniziato lui, usando il form integrato nel sito, ma di questa cosa, dello scriverci ogni tot, dopo la prima mail, non si riusciva a farne a meno. Almeno io, che la persona era troppo interessante e sentivo che conoscerla era diventato un desiderio. Pur non avendo la più pallida idea di come costituire un gruppo di Scribblitti parigino e rimandando di volta in volta il pensiero, la voglia di scriversi non passava mai. È bello quando persone di questo tipo lanciano un razzo di segnalazione e almeno ti indicano la loro presenza nell’universo e il pensiero del “come” fare loro visita comincia ad insinuarsi fino a cercare uno stratagemma narrativo completamente scemo: fare partire il gruppo di un’altra città da una città molto più grande. Insomma, per poter andare a trovare lui e conoscere la sua famiglia a Belleville ho lanciato una call su Facebook nella prima città italiana che mi venisse in mente raggiungibile da Parigi via treno: Torino. Ecco. Se ascoltare le esperienze di vita di Marine e Riccardo con la loro selvaggia Marla ed i racconti del Congo che li ha fatti incontrare per la prima volta, sono stati una cosa che mi ha aperto il cuore e trasmesso la loro esperienza sulla forza dirompente della natura della vita e come si possono trasportare le cose più assurde in aereo e reso testimone di un sentimento di amicizia a cui mi sono trovato davanti poche volte in maniera così chiara, Torino si è unificata come un diagramma di Venn a pieno regime.

Subito, a marce serrate, con una organizzazione indipendente, molecolare, del fare le cose che non ho mai visto prima. Tutti diversi, ognuno con una voglia disarmante di partecipare e farmi capire la sua Torino e il suo mondo. Ognuno pronto, ogni persona, gruppo, collettivo lí per restituirmi narrazioni fulminanti di rinascita, di innovazione, di TAV e mica TAV e scommesse di vita centrate, realizzando gli obiettivi tra i più disparati. Aiutato dai suggerimenti di Fabrizio, una persona che mi ha aiutato tantissimo a lanciare Scribblitti a Torino fin da subito, questa progettualità a tandem, unica tra tutte quelle che sono riuscito a realizzare, è stata decisamente il migliore esperimento. Forse per questa capacità organizzativa indipendente o perché mi sono semplicemente divertito tantissimo passando il tempo con persone eccezionali (che, ok, con questo progetto è difficile il contrario) o perché sono felice di vedere che scritto un progetto, un progettino, invece di registrarne la staticità e i dogmi da seguire, ogni persona ci gioca e lo interpreta arrivando a nuove soluzioni, cosciente che la storia che mi potrebbe raccontare darà partecipando ancora più profondità all’insieme. Dopo Torino, verso Maggio dello scorso anno, ogni cosa si è fermata e ho ripreso a gennaio, in questi mesi, dei nuovi test con un nuovo strumento più difficile da utilizzare che sto iniziando a capire solo dopo gli ultimi pezzi, again: test, dopo test, dopo test (dopo test dopo test dopo test). Ma di questo ve ne parlerò un’ altra volta. In maniera più stringata. Giuro. A presto.

La terza foto in alto su su su è di Pastonesi, un fotografo pazzesco conosciuto in Sicilia. Questa qui sopra, l’ultima, scattata durante i lavori a Gibellina, di Davide Curatola Soprana del collettivo Urban Reports. Ringrazio tutte le persone che hanno collaborato fino ad ora alla realizzazione di ogni progettualità di Scribblitti. Grazie di ogni singolo incontro e della nostra amicizia.

Emanuele Sferruzza Moszkowicz

Mi chiamo Emanuele Sferruzza Moszkowicz, preferisco Em, o Hu-Be. Questo è il mio archivio: www.hu-be.com e questo è un progetto che porto avanti che mi permette di conoscere molte persone: www.scribblitti.com