Il problema è Di Maio

L’ostacolo principale alla formazione del governo si chiama Luigi di Maio.

Di Maio, 32 anni tra poco più di un mese, è arrivato a toccare il cielo con un dito. È il capo della più grande forza politica in parlamento e uno degli uomini più potenti del paese. È conteso dai media, ascoltato dagli industriali e accolto nei circoli più esclusivi. Tutto questo però è appeso a un filo sottile. Di Maio è alla sua seconda legislatura e questo significa che secondo le regole interne del Movimento non può più essere candidato.

Certo, se la legislatura finisse subito e se si tornasse al voto già questa estate o magari in autunno si potrebbe fare un’eccezione, Grillo lo ha già annunciato. Ma chi può dire cosa accadrebbe se invece si formasse un governo e se la legislatura durasse due o tre anni? Nessuno può sapere se a quel punto il Movimento avrà ancora bisogno di Di Maio o se piuttosto non preferirà puntare su una figura meno usurata e compromessa, come Alessandro Di Battista, che sembra aver saltato un giro proprio in vista di questa occasione.

Di Maio ha una sola scelta: può raggiungere la vetta, diventare presidente del Consiglio e “fare la storia“, come ha detto lui stesso, oppure può finire in una palude che lo porterà dritto al dimenticatoio. Ecco perché ha imposto sin dall’inizio come condizione irrinunciabile che l’incarico di presidente del Consiglio venisse affidato a lui. Entrare a far parte di un governo in qualsiasi altra posizione significa per lui condannarsi ad un lento logoramento e, probabilmente, a perdere ogni speranza di diventare capo del governo.

Se nel corso delle ultime settimane Di Maio ha accettato di farsi da parte e, apparentemente, rinunciare all’incarico, lo ha fatto solo a malincuore e il suo gesto è stato comunque più formale che sostanziale. La scorsa settimana ha tramato di nascosto con Giorgia Meloni, offrendo la poltrona del ministro della Difesa a Guido Crosetto (ex capo dell’associazione delle industrie della difesa) in cambio di un appoggio alla sua leadership.

Nel frattempo ha provato a proporre una staffetta con Salvini (e ha chiesto privatamente al direttore del TgLa7 cosa ne pensasse di questa ipotesi). Negli ultimi giorni, nonostante la sua promessa di farsi da parte, ha tentato ancora una volta di portare avanti la sua candidatura, bocciando tutti i nomi proposti dalla Lega e cercando di apparire come l’unica alternativa al fallimento delle trattative (cosa che ha visibilmente mandato su tutte le furie Salvini).

È Luigi Di Maio che blocca la formazione del governo perché non può accettare un qualsiasi governo che non abbia lui come capo, il che è precisamente l’unica condizione che la Lega e Matteo Salvini non possono accettare. Penso che nei prossimi giorni vedremo la leadership di Di Maio in seria difficoltà quando si tratterà di decidere se la sua carriera politica vale il rischio di portare il suo partito ad elezioni anticipate mentre i sondaggi mostrano che gli unici a guadagnarci sarebbero i leghisti di Salvini. Sarà interessante vedere se il resto del Movimento 5 Stelle lascerà che sia lui a fare questa scelta.

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca