Zenone era un dilettante

Qualche paradosso negli ultimi mesi politici lo abbiamo visto – anche fermandoci al lato estetico della questione, e senza voler dare un giudizio politico o entrare nel merito.
Durante le primarie si era detto di Renzi “troppo a destra, vuole accordarsi con Berlusconi”. Per i turchi, ormai non più giovanissimi, era il fumo negli occhi. Risultato? Orfini candida Renzi come premier.

E Renzi però l’aveva detto chiaro: non si diventa premier se non attraverso primarie e voto popolare (mica come D’Alema). Risultato? «Se Napolitano me lo chiede, non mi sottraggo». E chi gli sbarra la strada? Il 60 per cento del PD vincitore di primarie? No, Berlusconi.

Il povero Ichino lascia il partito prima delle elezioni perché la linea liberal-democratica non trova cittadinanza. Tutti lo rimproverano: è un partito plurale, che può avere dissenso al suo interno, mica uno se ne va solo perché ha perso una battaglia e si porta via il pallone. Risultato? I dissidenti di oggi, i Civati, i Puppato (i Bindi pure?) – che poi li fanno passare per gli ammutinati del Bounty e invece sono dissidenti perché sono rimasti fedeli alla linea che il partito ha tenuto fino a 15 giorni fa – sono invitati ad autoespellersi (preferibilmente lasciando il pallone). «Chi non vota la fiducia si mette fuori» is the new black.

Letta dice 20 giorni fa che il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile. Spero di cuore che non intenda nel senso che qui non produrrà risultati.
Fassina fa una campagna a testa bassa contro liberal-democratici e inciuci di ogni tipo. Risultato: il partito appoggia un governo liberal-democratico (che comunque non è una parolaccia) e a chi pensano di dare la reggenza, così, tanto per non logorare partito e governo? A Fassina, che alla fine voterà la fiducia al governo multicolore con il Pdl e il silenziatore Monti.

La politica è realismo, certamente, e bisogna anche fare i conti con un risultato elettorale davvero difficile (io sono tra quelli che si augurano, a questo punto, un sensato successo di Letta), ma qui sembra Matrix (il film), o un’opera di Escher.
I militanti si stanno spostando in massa verso il manicomio, i simpatizzanti si dividono in due classi: gli apocalittici (quelli che rispondono «tanto vince Berlusconi» anche quando chiedi l’ora) e i disintegrati («Ma che ne so, non ci capisco niente. La trilaterale. Se c’era Berlinguer»).
Di Grillo e Berlusconi tacere è bello. Del resto per loro il paradosso è esercizio quotidiano. Zenone era un dilettante.

Gianluca Briguglia

Gianluca Briguglia è professore di Storia delle dottrine politiche all'Università di Venezia Ca' Foscari. È stato direttore della Facoltà di Filosofia dell'Università di Strasburgo, dove ha insegnato Filosofia medievale e ha fatto ricerca e ha insegnato all'Università e all'Accademia delle Scienze di Vienna, all'EHESS di Parigi, alla LMU di Monaco. Il suo ultimo libro: Il pensiero politico medievale.