Robin Hood, Alitalia e redditometro

Non è vero che il redditometro è stato inventato da Monti e non è vero che Berlusconi ha 2.000 profili Facebook. Sono alcuni degli errori e delle imprecisioni fatti ieri nel corso della puntata di Ballarò.

Giulio Tremonti ha definito il redditometro «devastante e distruttivo», aggiungendo che il varo del decreto che lo metteva in vigore è stata una scelta autonoma del governo Monti (qui avevamo spiegato cos’è e come funziona in modo semplice). Naturalmente è vero: il governo Monti poteva decidere di non vararlo, ma è altrettanto vero che il redditometro venne inventato dal governo di Tremonti. Una semplice ricerca sui giornali dell’epoca dimostra che, poche settimane prima della caduta del governo Berlusconi, il redditometro era pronto a entrare in vigore in una forma sostanzialmente identica a quello introdotto da Mario Monti.

Antonio Ingroia ha detto che vuole togliere l’IMU – sulla prima casa, supponiamo – e sostituirla con un’imposta patrimoniale. L’IMU però è un’imposta patrimoniale (ci rendiamo conto che si tratta di un appunto un po’ cattivello, ma lo facciamo perché Ingroia è appena entrato in politica e ha bisogno di qualche colpetto per rafforzarsi e diventare più credibile: purtroppo la campagna elettorale si gioca poco sui temi di cui lui è esperto e molto più sui temi economici – di cui sa molto meno).

Ingroia ha poi sostenuto che l’IMU è «insopportabile e insostenibile». Non discutiamo la sua legittima opinione, ma ci limitiamo a sottolineare che gli italiani hanno dovuto pagare l’ICI per circa 15 anni (dal 1993 al 2008) che era un’imposta più gravosa e meno progressiva dell’IMU (come avevamo scritto qui e come ha confermato lo studio della Commissione europea spesso citato a sproposito).

In un servizio della redazione sono state elencate molte società italiane che negli ultimi anni sono state acquistate da società estere. Il servizio si concludeva con le parole: «Ci è rimasta solo Alitalia, l’abbiamo pagata 3 miliardi, ma almeno non è passata ad Air France. Non ancora». Purtroppo, la brutta vicenda Alitalia è costata ai contribuenti italiani molto più di 3 miliardi e non c’è motivo di pensare che la mancata vendita ad Air France sia stata un bene per il nostro paese (qui potete leggere la nostra cronaca della vicenda).

Fin qui i fatti scorretti o imprecisi – pochi questa volta. Nel corso della puntata si è parlato anche di come il governo Berlusconi e il ministro Tremonti “tapparono” il buco causato dall’abolizione dell’ICI e della concorrenza fiscale tra gli stati. Si tratta di due argomenti molto dibattuti sui quali però nella trasmissione non c’è stato contraddittorio. Quello che segue non è un fact-checking in senso proprio: mostreremo soltanto l’altra lettura di quello che è stato detto – poi starà a voi farvi un’idea.

Tremonti ha sostenuto che l’IMU si potrebbe eliminare tassando banche, assicurazioni e petrolieri come fece lui per riempire il buco generato dall’eliminazione dell’ICI nel 2008. In un certo senso è vero: tra il 2008 e il 2009 Tremonti istituì la Robin Hood Tax con la quale venivano aumentate le tasse (l’IRES in particolare) alle compagnie petrolifere, alle banche e alle assicurazioni. Se all’epoca togliere l’ICI costò 1,7 miliardi, la Robin Hood Tax fece ben più che colmare quel buco: il primo anno procurò più di 2 miliardi di imposte, circa 5 in quelli successivi.

Tremonti non ha detto che la Robin Hood Tax fu molto criticata all’epoca. Lo scopo della legge era colpire le rendite e i profitti ingiusti, ma ne colpiva solo alcuni (quelli del petrolio, ad esempio), lasciandone fuori molti altri (i monopoli di Alitalia su certe rotte, quelli di Trenitalia, eccetera). Venne criticata perché andava a colpire principalmente l’ENI, che però era controllata dallo stato (se aveva davvero profitti ingiusti, lo stato poteva agire in quanto proprietario, invece che introducendo una nuova tassa).

Ma soprattutto venne criticata perché i suoi costi ricaddero in larga parte sui consumatori. La legge conteneva un cosiddetto “divieto di traslazione”: in altre parole, le imprese non potevano far ricadere i costi della nuova tassa sui consumatori. Un divieto però, praticamente impossibile da far rispettare e così alla fine a pagare sono stati i cittadini a causa dell’aumento delle bollette di gas e luce.

Il professor Alberto Quadro Curzio, professore alla cattolica di Milano e membro del Gruppo Etica e Finanza e della fondazione Centesimus Annus (importanti think-tank della finanza cattolica), ha sostenuto che la concorrenza fiscale tra paesi dell’Unione europea sia un male. Ci limitiamo a far notare che l’argomento è complesso e dibattuto e non tutti la pensano così (qui un esempio).

La solita nota leggera per concludere: durante un servizio della redazione è stato detto che Berlusconi ha più di 2.000 profili Facebook. Per quanto abbiamo potuto controllare, Berlusconi ha un solo profilo ufficiale, come Pierluigi Bersani. A questi però si aggiungono decine di profili di fan, pagine satiriche e altro – pagine che ha anche Bersani. Queste duemila pagine, quindi, non è ben chiaro da dove siano saltate fuori.
 

Davide De Luca

Giornalista. Ho scritto per l’Arena di Verona e per l’Agence Europe di Bruxelles. Ho collaborato ad alcuni libri d’inchiesta su CL e la finanza cattolica. Mi piacciono i numeri e l’economia e cerco di spiegarli in modo semplice. Su Twitter sono @DM_Deluca