Lo spleen della sinistra fogliante

Dicono che sia deluso, amareggiato, depresso, incerto sul da farsi. Che non dia più ai suoi le direttive energiche d’una volta, abbia perduto la brillantezza degli anni ruggenti, che non veda vie d’uscita e accarezzi l’idea di mollare.
Io non volevo credere che davvero Giuliano Ferrara soffrisse tanto la situazione. Poi ieri ho letto sul Foglio un pezzo puntualmente titolato Ah, i comunisti di una volta, e ho percepito l’autunno che s’è impadronito di una delle non molte teste pensanti dell’epopea berlusconiana e preberlusconiana.
Per farla breve, siamo sempre alla storia della subalternità del Pd nei confronti delle correnti manettare che lo lambiscono; della paura dei concorrenti vendoliani e grillini; dello spegnersi dell’autonomia culturale e politica che era tratto altero e glorioso dell’eredità comunista e ora scolorisce nel tatticismo tardodemocristiano di Letta e Renzi, con rimpianto per quando le operazioni le dirigevano, pensa te, D’Alema, Veltroni e Bersani.
Come si vede, parecchio antiquariato e soprattutto molta confusione, coronata dall’omaggio a Napolitano baluardo dell’antica nobiltà e dell’attuale fermezza contro le derive demagogiche: giusto, se non fosse che il Pd è attualmente sdraiato sull’unica via d’uscita possibile dalla vicenda, quella prospettata proprio dal capo dello stato a Ferragosto e rigettata da Berlusconi perché contiene la presa d’atto della sentenza e delle sue misure applicative.

Ho pensato: la sincera amicizia di Ferrara per il suo Cav lo induce a un passatismo che non è il suo.
Poi, girata pagina del Foglio, ho trovato ben altro. Un trionfo di passatismo. Messo in colonna da Barbara Palombelli fino all’improbabile, fino a enunciare linee di discendenza diretta da De Mita a Renzi passando per Letta e Franceschini. «Votare piddì e diventare diccì a molti non piacerà», «cancellare la parola sinistra dai manifesti», luogocomunismi che ammetto d’aver cercato fra le salsicce delle feste emiliane: aggiornatevi, anche lì non ce n’è più traccia.
Capisco lo schiacciamento prospettico, anche se è la sindrome di noi anziani che pensiamo d’aver visto tutto poi però confondiamo i decenni, dunque non può riguardare Palombelli.
Ma insomma, Renzi demitiano e lo spleen bersaniano, son cose che lette sul Foglio intristiscono. Come dicevano loro a noi, quando ce lo meritavamo perché eravamo appunto quella sinistra là: non siate così seriosi. Fatevela una risata.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.