La vostra svolta fatela su questo

Un paradosso atroce, eppure vero. Dal fondo del mare di Lampedusa, chiusi sotto una vecchia chiglia fattasi bara, decine di donne e di bambini ridotti a povera morta cosa danno la scossa a un paese intorpidito e instupidito dai riti astrusi della sua vita pubblica.

Si ferma il circo della politica, dopo giornate di una rappresentazione alla quale abbiamo faticato a dare dignità di importante svolta, essendo invisibile, impalpabile, forse inesistente il conflitto di idee.
Non si tace, non potrebbe del resto, ma almeno cambia sceneggiatura per qualche ora lo show televisivo, lo schermo attraverso il quale i cittadini si sono abituati più a seguire le parabole dei primattori che non a cercare di comprendere la realtà del paese.
Ma non c’è da fare qualunquismo intorno al violento irrompere della tragedia nella commedia italiana. Farlo sarebbe troppo facile – «voi parlate e i disperati affogano» – e alla fine solo poco meno grave della mascalzonata di quei cialtroni che, sui morti di Lampedusa, ripropongono le strumentalizzazioni contro Cecile Kyenge.

C’è invece da farsi turbare, scuotere e cambiare dalla sgradevole dissonanza fra toni e contenuti del dibattito pubblico e gravità dei nostri mali.
Scrivevamo ieri delle prove delle quali dovrà farsi carico il “nuovo” governo Letta-Alfano, in aggiunta alla già affollata agenda di misure per l’economia e per il lavoro. Chiudere per sempre l’era berlusconiana. Certo. Ma quanto appare limitato, solo 24 ore dopo, anche questo epocale orizzonte.
Dedicassero piuttosto forze, energie, capacità, esperienza, il nuovo potere contrattuale interno e la rinnovata credibilità europea, a chiudere la ferita di quella che papa Francesco e Napolitano chiamano senza perifrasi «vergogna».

Non c’è una soluzione facile a portata di mano (cialtroni cento volte di più i mitraglieri da poltrona della stagione dimenticata dei respingimenti). Ci sono strade difficili da riprendere, discorsi duri da intavolare a Bruxelles, terre di nessuno come la Libia dove tornare, leggi finalmente da riscrivere. Misure concrete di solidarietà da attuare. E anche un sentimento nazionale da risvegliare per superare una volta per tutte pregiudizi, egoismi e paure. Senza impossibili miracoli, ma con generosità.
Questa sì sarebbe la prova di maturità, la vittoria generazionale, la vera «svolta storica» per il presidente del consiglio e per il suo ministro degli interni.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.