Calvin e Hobbes sono ancora in giro a esplorare
Trent’anni fa usciva sui giornali l’ultima tavola di una delle strisce a fumetti americane più amate di sempre, all'apice del suo successo

La copertina di un volume dell’edizione americana della collezione completa di Calvin e Hobbes (Il Post)
Il 31 dicembre 1995, trent’anni fa, era domenica: il giorno della settimana in cui la consueta striscia quotidiana di Calvin e Hobbes diventava una tavola a colori. Era una delle richieste dell’autore, Bill Watterson, negli accordi di pubblicazione con i giornali. In quella tavola i due protagonisti della striscia, un bambino di sei anni e la sua tigre di pezza, camminano fuori casa ammirando il paesaggio innevato. Non ci furono nuove strisce o tavole dopo quella.
Fu la fine di dieci anni di pubblicazioni quotidiane e di distribuzione in oltre duemila giornali in tutto il mondo, tra cui la rivista Linus in Italia. «È un mondo magico, Hobbes, vecchio amico… andiamo a esplorarlo», dice Calvin al suo compagno di giochi, mentre insieme scendono lungo una collina sulla loro slitta. La slitta più famosa dell’arte americana insieme a quella di Quarto potere di Orson Welles, come scrisse il Washington Post nel 2020 per dare una dimensione del valore e dell’influenza di Calvin e Hobbes nella storia delle strisce a fumetti.
La prima striscia di Calvin e Hobbes era uscita il 18 novembre 1985: c’era un bambino, Calvin, che diceva al padre di aver catturato una tigre, Hobbes, usando come trappola un panino al tonno. Come si sarebbe presto capito nelle strisce successive, dalla prospettiva di Calvin – e soltanto dalla sua – quella tigre di peluche è una tigre animata, parlante e antropomorfa. Il bambino protagonista è soltanto uno, a differenza dei personaggi dei Peanuts, già all’epoca la striscia a fumetti più famosa al mondo, di cui anche Watterson era un appassionato lettore da piccolo.
Al centro della narrazione ci sono le interazioni di Calvin con Hobbes, che in pratica è un suo interlocutore privato a tratti più razionale e a tratti ancora più selvaggio di lui, per cui Watterson aveva preso ispirazione osservando i comportamenti del suo gatto domestico, Sprite.
Ma un’altra parte essenziale sono le interazioni di Calvin con gli adulti, soprattutto i genitori, alle prese con gli ingenti danni materiali delle sue azioni e con le sue richieste, in genere troppo assurde per essere soddisfatte. Spesso però anche le sue domande sono sviate, per comodità o per dileggio: a un certo punto, per dire, suo padre gli fa credere che già ai tempi delle foto in bianco e nero le foto in realtà fossero a colori ma il mondo ancora no.
– Leggi anche: “Calvin & Hobbes” hanno trent’anni
Molto è stato scritto sulla decisione di Watterson, all’epoca trentasettenne, di smettere di disegnare e scrivere Calvin e Hobbes. Nell’introduzione alla collezione completa delle strisce, uscita nel 2005 ed edita in Italia da Franco Cosimo Panini, scrisse di avere espresso attraverso le strisce le sue idee, i suoi valori e il suo stile, e di averlo potuto fare con la rara libertà di scrivere ogni parola, disegnare ogni linea e dipingere ogni colore. Aveva quindi cercato di mostrare la sua gratitudine «dando alle strisce tutto ciò che avevo da offrire», scrisse.
In molti attribuirono la scelta di Watterson alla volontà di dare una fine naturale a Calvin e Hobbes, all’apice del successo e prima che diventasse ripetitiva. Altri la attribuirono a una fatica diventata insostenibile per lui, che già si era preso due pause di diversi mesi nel 1991 e nel 1994. «Disegnare fumetti per un giornale è uno sport di resistenza», scrisse. Ma a parte le pressioni del lavoro quotidiano, quella fatica era riconducibile secondo molti soprattutto al desiderio di Watterson di difendere la sua libertà creativa in un tempo in cui era via via diventato sempre più difficile averla, o anche solo vedere strisce a fumetti sui giornali.

Una striscia originale di Calvin e Hobbes esposta a una mostra a Saragozza, in Spagna, l’8 dicembre 2023 (Nano Calvo/Vwpics/VW Pics/ZUMA Press Wire)
All’inizio degli anni Novanta, per esempio, Watterson si era opposto a una crescente tendenza dei giornali a ridurre lo spazio destinato alle strisce a fumetti, ottenendo di poter strutturare liberamente le tavole domenicali, le sue più creative e dettagliate. In base agli accordi avrebbe potuto adattare ogni vignetta ai testi e ai disegni, anziché fare il contrario con vignette di dimensioni prestabilite. E questa variabilità del formato avrebbe limitato la possibilità di editori e giornali di cancellare, ridurre o ridimensionare a piacimento singole vignette a seconda delle loro esigenze.
Gli editori non l’avevano presa benissimo, e per queste sue richieste si era fatto la reputazione di fumettista egocentrico e viziato. L’aveva accettata, come scrisse nell’introduzione alla collezione completa, perché aveva più a cuore l’interesse a sperimentare nuove opportunità creative e a difendere un’autonomia e una forma di controllo personale su ciò che faceva. Lo considerava peraltro il solo modo di mantenere la striscia «individuale e sincera», di continuare a darle «un senso di artigianalità».
Alla popolarità delle strisce contribuì indirettamente anche la riservatezza di Watterson, che scrisse di non essere preparato all’attenzione mediatica che quel successo gli aveva procurato, e che ancora oggi è considerato uno degli autori più schivi in circolazione, una specie di J. D. Salinger del fumetto.
Dopo il 31 dicembre 1995 molte persone pensarono che non dover più pubblicare le strisce quotidiane che lo avevano reso celebre avrebbe dato a Watterson l’opportunità di dedicarsi ad altri progetti. Ma da allora ha fatto pochissime cose, nessuna bella e influente quanto Calvin e Hobbes, anche se tutte seguite con grande e comprensibile attenzione. La più recente è The Mysteries, una breve favola illustrata uscita nel 2023, da lui scritta e disegnata insieme al caricaturista John Kascht.
L’altro aspetto per cui Calvin e Hobbes continua ancora oggi a essere ricordato e citato come esempio piuttosto raro è il reiterato rifiuto del suo autore di autorizzare nel tempo qualsiasi forma di commercializzazione delle strisce diversa dal fumetto. «Volevo disegnare fumetti, non gestire un impero, quindi le offerte e le richieste non avevano la benché minima attrattiva per me», scrisse Watterson. Ribadì quanto fosse importante per lui impedire che produzioni seriali di altro tipo snaturassero qualcosa che aveva sempre e soltanto immaginato come un fumetto, e tutto un mondo che per lui era sempre stato «molto piccolo e privato».
Ancora nel 2005, parlando della sua decisione di smettere di scrivere e disegnare Calvin e Hobbes proprio nel momento di massimo successo, la descrisse come una dimostrazione di rispetto e di gratitudine per i personaggi di quel suo mondo. E aggiunse: «mi piace pensare che, adesso che ho smesso di prendere nota di qualunque cosa facciano, Calvin e Hobbes siano lì fuori a divertirsi ancora di più di prima».



