Dal 2026 il gasolio costerà di più
Mentre il prezzo della benzina scenderà, per effetto dell'allineamento delle accise sui carburanti deciso quest'anno

Dal 1° gennaio 2026 aumenterà il prezzo del gasolio, per via dell’allineamento delle accise sui carburanti, cioè delle tasse di importo fisso che gravano su ogni litro di carburante venduto e che contribuiscono quindi a determinare il prezzo per il consumatore alla pompa di rifornimento. Saranno fissate a 672,90 euro per mille litri (cioè poco più di 67 centesimi al litro), sia per la benzina che per il gasolio. Per anni invece il gasolio aveva avuto accise inferiori, e per questo è quasi sempre costato meno della benzina.
Secondo i calcoli della Federazione italiana gestori impianti stradali carburanti (FIGISC) quindi nel 2026 le accise sul gasolio aumenteranno di circa 50 euro ogni 1000 litri, mentre quelle sulla benzina diminuiranno di circa lo stesso ammontare. Significa che il gasolio costerà circa 5 centesimi in più al litro rispetto a prima, e un pieno da 35 litri costerà circa 1,75 euro in più. Con gli attuali prezzi della materia prima, il prezzo del gasolio nel 2026 potrebbe superare quello della benzina.
Il gasolio è il carburante più usato a livello industriale e nei trasporti, e talvolta viene anche impiegato come combustibile per il riscaldamento. Per questi motivi ha sempre ricevuto un trattamento fiscale di favore e le sue accise sono sempre state inferiori rispetto a quelle sulla benzina, più usata invece per il trasporto privato.
L’allineamento prevede che le accise sulla benzina scendano e salgano quelle del gasolio, uniformando quindi la tassazione sui due carburanti. La differenza era infatti considerata un “sussidio ambientalmente dannoso”, come si chiamano gli incentivi economici statali che favoriscono business dannosi per l’ambiente. La riduzione di questi sussidi rientra tra gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), il piano di riforme e investimenti finanziato con fondi europei.
L’obiettivo è contribuire a migliorare la qualità dell’aria. Infatti anche se i motori diesel producono minori emissioni di anidride carbonica (CO2), il principale gas a cui si deve il cambiamento climatico, rispetto ai motori a benzina diffondono nell’aria maggiori quantità di particolato fine, ossidi di azoto e altri inquinanti, soprattutto nel caso dei veicoli più vecchi. Sono sostanze dannose per la salute delle persone, e l’idea è che sotto il profilo dell’impatto ambientale il gasolio non meriti un trattamento fiscale diverso da quello della benzina.
Il primo aumento era stato deciso nella primavera di quest’anno, ed era pari a 1,5 centesimi al litro. Questo è il secondo, ed era incluso nella legge di bilancio approvata definitivamente martedì.
Il decreto che quest’anno ha introdotto il progressivo allineamento delle accise prevede che le conseguenti entrate servano a finanziare il fondo nazionale per il trasporto pubblico. L’utilizzo di veicoli che vanno a gasolio è in calo perché in molte città non possono circolare, e le aziende automobilistiche ne producono sempre meno, ma riguarda ancora milioni di persone.
Il prezzo finale del carburante ha tre componenti. La prima è legata al prezzo industriale, ossia la quotazione a cui il rivenditore ha deciso di immettere il suo prodotto sul mercato. La seconda è composta dalle accise, mentre la terza componente è l’IVA, che si calcola in percentuale del prezzo di vendita.
In Italia si parla da sempre di come le accise su benzina e gasolio siano particolarmente alte e di come sarebbe necessario abbassarle per far sì che i prezzi dei carburanti scendano. Tuttavia negli anni sono state invece aumentate, perché garantiscono allo Stato un gettito molto elevato e a cui sarebbe difficile rinunciare. Inoltre, le accise svolgono il ruolo di disincentivare il consumo di combustibili fossili, i principali responsabili delle emissioni inquinanti e quindi del riscaldamento globale.



