Ricostruire i volti delle persone ucraine uccise in guerra
Lo fa la tanatoprattrice Elena Holotsvan, per prepararli ai funerali: ne ha parlato con il Post nel suo studio di Dnipro
di Daniele Raineri

Elena Holotsvan è una specialista ucraina che su richiesta delle famiglie si occupa di rendere presentabili i corpi dei morti tra il momento della morte e i funerali. «Provo a spiegarlo in modo semplice. Sono una tanatoprattrice, che viene dalla parola tanatoprassi. Lavoro con i corpi delle persone morte e li preparo per l’addio», dice.
«Spesso non sono in buone condizioni: mancano parti del volto, gli occhi, il naso, la mascella… Il mio lavoro è ricostruirle, per dare ai parenti la possibilità di salutare i loro cari in modo dignitoso. Per ricordarli bene, non con spavento», aggiunge Elena.
Questa conversazione avviene nella sede della sua attività a Dnipro, in una palazzina in mattoni rossi che funziona anche come esposizione per servizi funebri. Ci sono bare vuote sul pavimento e bare appoggiate alle pareti, diversi modelli di corone di fiori e croci di legno. Il tono è gioviale e la specialista dice che la cupezza implicita nel suo mestiere non deve per forza diventare cupezza nella vita quotidiana.
«In Ucraina in generale non esiste questa professione. Io l’ho portata dall’estero più di sei anni fa e l’ho anche studiata in Italia, a Reggio Emilia», racconta Elena. «Me ne sono innamorata, perché mi sono accorta che posso fare cose che altri non riescono a fare». Intende: lavorare con i corpi senza impressionarsi. «Molti dicono che non sono normale, che faccio cose spaventose. Ma quando capiscono che è una professione, a volte cambiano idea», dice. «Le persone vogliono pace. Vogliono vedere i loro cari in modo sereno, anche soltanto per un’ultima volta».

Elena Holotsvan (Daniele Raineri/il Post)
A un certo punto dell’incontro, per parlare più a fondo di questo bisogno universale dell’umanità di ricomporre i volti e i corpi dei morti, si cita Il Padrino, il romanzo sulla mafia italo americana di Mario Puzo dal quale poi fu tratto un film famoso del regista Francis Ford Coppola.
La scena iniziale del romanzo e del film è la festa di nozze della figlia di Don Corleone, un potentissimo boss della mafia di New York chiamato anche Padrino. Durante il banchetto un impresario di pompe funebri, Amerigo Bonasera, chiede al Padrino di punire due teppisti che hanno aggredito sua figlia. Lui accetta, ma lo avverte: un giorno verrò da te e ti chiederò di restituirmi questo favore. E così succede. Quando una cosca rivale ammazza il figlio del Padrino, lui chiede a Bonasera, noto per la bravura nel suo campo, di ricomporre il corpo del figlio sfigurato dai proiettili in modo da poter celebrare il funerale con la bara aperta.
Elena per il suo trattamento prende l’equivalente di 100 euro, che a volte salgono fino a 200 a seconda delle condizioni della persona defunta. Come contributo personale, lavora gratis per le famiglie dei soldati ucraini uccisi al fronte.
La guerra in Ucraina è soprattutto una guerra di droni esplosivi e di artiglieria, non di scontri a fuoco, e questo vuol dire che i corpi dei soldati sono ridotti male. Se non desiderate conoscere altri dettagli a proposito del lavoro di Elena, fermatevi qui nella lettura di questo articolo.
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La specialista ucraina si occupa di diversi aspetti e il trattamento procede per fasi. A volte deve ricucire insieme i pezzi di cadaveri. Poi procede ad alcune iniezioni, a cominciare dalla zona dello stomaco, che fermano o comunque rallentano il processo di decomposizione del cadavere. Tampona le ferite. Infine si occupa di restaurare l’aspetto del corpo e del volto, con un assortimento di cere e di balsami. «Posso lavorare su due, tre corpi al giorno, ma a volte passo anche 15 ore su uno solo, se è molto difficile», dice.
«Uso le iniezioni soprattutto sul volto. Uso anche una cera speciale quando mancano parti del viso. A volte non so nemmeno come si chiamano i materiali in ucraino, perché li compro all’estero», spiega Elena. Come modello usa le foto fornite dalla famiglia. «Chiedo foto per capire le proporzioni del volto, la forma del naso, degli zigomi». Dice che può mostrare alcune immagini «prima e dopo» del suo lavoro, ma l’offerta è declinata con garbo.
«Se il corpo è normale, per esempio in caso di morte in ospedale, uso i liquidi per riempire il volto, perché alcune persone muoiono di cancro e il volto appare molto scavato. A volte non posso usare le iniezioni perché manca una parte del volto, allora devo ricostruirlo», dice.
«C’è stata una storia terribile: una donna voleva che la figlia di otto anni potesse vedere il padre morto come una persona normale, non con il volto distrutto. Era un soldato. La bambina non vedeva il padre da tre anni. Ma il corpo non era stato conservato bene nell’obitorio», ricorda Elena.
«È stata una delle richieste più difficili che mi è capitata. Era stato a lungo lontano da casa e la moglie voleva che sua figlia lo vedesse un’ultima volta per ricordare bene com’era. Volevo aiutare, ma quando sono arrivata il corpo era ormai in decomposizione e non avevo i mezzi tecnici per intervenire. Ho dovuto chiamarla per dirle che non potevo farlo. È stato devastante», aggiunge.
Dnipro è una metropoli da un milione di abitanti nell’Ucraina centrale, è lontana dal fronte ma è presa di mira spesso dai bombardamenti russi. Per la sua posizione fa da tappa per chi va e torna dalle regioni dove si combatte. Nel gennaio di due anni fa un missile russo colpì un condominio di Dnipro e uccise 46 civili, i soccorritori estrassero corpi da sotto le macerie per due giorni. Elena si occupò di otto vittime a titolo gratuito.

L’edificio bombardato a Dnipro, 14 gennaio 2023 (AP Photo/Evgeniy Maloletka)
Le famiglie che si rivolgono a Elena «quasi sempre ringraziano. Mi scrivono messaggi dicendo che li ho aiutati a trovare pace. A volte però è durissima: le madri piangono quando vedono il corpo, perché in quel momento capiscono davvero che la morte è reale. Dipende dalle persone. Ma se il volto è sereno, non hanno paura e ricordano il loro caro in modo bello».
Quando nella conversazione si tocca anche la religione cristiana, che nella sua dottrina parla in modo esplicito della resurrezione «nella carne» di tutti i corpi, Elena dice di non conoscerla bene (In sintesi: durante la resurrezione le anime si riuniranno ai corpi che saranno di nuovo fisicamente integri e in un’età ottimale, alcune interpretazioni intendono attorno ai trent’anni come l’età di Cristo quando morì).
Alla domanda «Quando lavori ti succede di pensare alla persona e a quando era ancora viva?», Elena risponde così: «Dipende. A volte sento che l’anima è ancora lì. Altre volte capisco che non c’è più. Non so spiegare perché. È una sensazione».
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