È esplosa una bomba in una moschea alawita in Siria
Sono state uccise almeno 8 persone: l'attentato è stato rivendicato dallo stesso gruppo che attaccò una chiesa di Damasco a giugno

Venerdì una bomba è esplosa in una moschea frequentata da fedeli di dottrina alawita a Homs, la terza città più grande della Siria, mentre era in corso una preghiera: sono state uccise almeno otto persone e più di venti sono state ferite. Poche ore dopo l’attacco è stato rivendicato da Saraya Ansar al Sunna, un gruppo terrorista islamista che aveva rivendicato anche l’attacco suicida in una chiesa di Damasco avvenuto lo scorso giugno, in cui erano state uccise 25 persone e ne erano state ferite 60.
Saraya Ansar al Sunna è formato da combattenti fuoriusciti da Hayat Tahrir al Sham, il gruppo ribelle islamista guidato dall’attuale presidente della Siria, Ahmed al Sharaa. A partire dallo scorso gennaio Saraya Ansar al Sunna ha compiuto diversi attacchi terroristici: principalmente contro la comunità alawita, cioè la minoranza religiosa di cui fa parte l’ex dittatore Bashar al Assad, deposto e scappato dalla Siria a dicembre del 2024. Assad aveva governato a lungo circondandosi principalmente di funzionari e collaboratori alawiti: per questo la comunità viene identificata con il regime da molti siriani (sebbene ovviamente non tutti gli alawiti abbiano appoggiato Assad).
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L’attacco di venerdì è avvenuto nel quartiere di Wadi al Dahab, dove risiede una grossa parte della comunità alawita di Homs e dove negli ultimi mesi ci sono stati diversi omicidi mirati attribuiti allo stesso gruppo, fra cui quello di un’insegnante uccisa da una bomba lanciata dentro casa sua.
Da quando è caduto il regime di Bashar al Assad la comunità alawita è soggetta a violenze e massacri. In particolare quelli avvenuti nell’arco di quattro giorni lo scorso marzo nella provincia di Latakia, nell’ovest della Siria, dopo che alcuni ex militari della minoranza alawita ancora fedeli ad Assad avevano tentato una sollevazione armata contro il nuovo governo nella quale uccisero decine di membri delle forze di sicurezza. Il giorno dopo il governo inviò nella regione migliaia di soldati, che repressero la sollevazione con eccezionale brutalità: fu un massacro in cui uccisero anche civili, tra cui donne e bambini. In tutto si stima che fra entrambe le parti furono uccise più di 1.400 persone. A novembre è iniziato il primo processo pubblico sui massacri. Fra le persone imputate ci sono più di 500 uomini, sia assadisti che militari del governo.
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