Gli Stati Uniti hanno negato il visto all’ex commissario europeo Thierry Breton
È accusato di voler censurare la libertà di pensiero, per il suo lavoro nel contrasto alla disinformazione su Internet

Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che è l’equivalente del ministero degli Esteri italiano, ha fatto sapere di aver sanzionato cinque persone europee negando loro il visto per entrare nel paese: tra loro c’è soprattutto il politico francese Thierry Breton, ex commissario europeo per il Mercato interno e i Servizi. L’accusa nei loro confronti è di voler limitare la libertà di pensiero negli Stati Uniti e di danneggiare gli interessi statunitensi facendo pressioni sulle grandi piattaforme tecnologiche per limitare la disinformazione.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha commentato duramente la decisione degli Stati Uniti, sostenendo che sia un atto di «intimidazione e coercizione» che ha l’obiettivo di minare la sovranità europea. La Commissione Europea ha condannato fortemente la decisione e detto di aver richiesto delle spiegazioni agli Stati Uniti. Inoltre si è detta pronta a rispondere in modo rapido e deciso per difendere la propria autonomia se fosse necessario.
Il motivo principale del provvedimento degli Stati Uniti è il Digital Services Act (DSA), la legge europea sulla sicurezza e sulla trasparenza dei servizi digitali, in vigore da agosto del 2023. È una legge molto importante, fortemente voluta proprio da Breton: ha l’obiettivo di ridurre il rischio di diffusione di notizie false sui social media, e chiede alle grandi aziende tecnologiche di filtrare, bloccare o rimuovere contenuti nocivi o pericolosi. Per chi non adempie agli obblighi sono previste pene molto pesanti, fino al 6 per cento del loro fatturato annuale.
Il segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio ha annunciato la decisione sostenendo che le persone sanzionate abbiano cercato di «costringere le piattaforme americane a censurare, demonetizzare e sopprimere i punti di vista americani a cui si oppongono». I loro nomi sono stati comunicati in un secondo momento dalla sottosegretaria per la diplomazia pubblica, Sarah Rogers. Oltre a Breton, ci sono quattro persone a capo di ong e organizzazioni che si occupano di contrastare la diffusione di notizie false e discorsi d’odio su Internet: Anna-Lena von Hodenberg e Josephine Ballon della ong tedesca HateAid; Imran Ahmed del Center for Countering Digital Hate; e Clare Melford, a capo del Global Disinformation Index, anche questo con sede nel Regno Unito.
Le sanzioni sono state imposte pochi giorni dopo che la Commissione Europea aveva multato il social network X per 120 milioni di euro proprio per alcune violazioni del Digital Services Act (DSA). Era stata la prima multa europea per il mancato rispetto del DSA e riguardava nello specifico il sistema delle spunte blu, usato da X per indicare che l’identità di un utente è stata verificata, principalmente nel caso di persone famose. Secondo la Commissione Europea è però un sistema ingannevole, dato che su X ormai da tempo la spunta blu si può ottenere semplicemente pagando, senza seguire alcuna procedura di verifica dell’identità.
La multa era stata molto criticata sia da Rubio che dal vicepresidente JD Vance, che avevano accusato l’Europa di voler censurare la libertà di pensiero sui social network.



