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  • Martedì 23 dicembre 2025

Una città che si è occupata del lavoro di cura non retribuito delle donne

Anni fa a Bogotá aprirono dei centri per combattere la “povertà di tempo”: ora molti altri posti nel mondo vogliono copiarli

Bogotà, Colombia, 17 settembre 2013 (AP Photo/Fernando Vergara)
Bogotà, Colombia, 17 settembre 2013 (AP Photo/Fernando Vergara)
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A Bogotá, capitale della Colombia, esistono 25 manzanas del cuidado, “centri per la cura” aperti in vari quartieri dal 2020 per affrontare la “povertà di tempo”, cioè la mancanza di tempo per qualsiasi altra cosa che non abbia a che fare con il lavoro domestico, di cura e di assistenza che ricade automaticamente e in modo sproporzionato sulle donne. Bogotá ha dunque negli anni messo al centro delle proprie politiche sociali le persone che si prendono cura delle altre, quantificando questo lavoro invisibile e non retribuito e considerandolo come una responsabilità condivisa. L’obiettivo è liberare il tempo di chi lo svolge in modo che possa usarlo per sé.

La povertà di tempo dovuta alle pesanti responsabilità di cura e accudimento porta le donne, come mostrano molte ricerche e statistiche, ad abbandonare i propri progetti di vita con conseguenze che superano di gran lunga il presente. Questa povertà genera infatti una tripla penalizzazione: economica, professionale e sociale. Aumenta il rischio di povertà femminile nell’età adulta e anziana, riduce l’occupazione, blocca le carriere o non le fa mai cominciare, abbassa le pensioni e causa isolamento, esaurimenti emotivi, fisici e mentali.

Quando una donna o una persona che svolge un lavoro di assistenza non retribuito all’interno della propria famiglia va in una manzana del cuidado ha accesso gratuitamente a vari servizi mentre il personale del centro svolge al suo posto alcune incombenze o si prende cura delle persone di cui lei è responsabile. Per le persone è un momento di tregua dalle fatiche quotidiane. Possono consegnare il bucato a un addetto che lo farà al posto loro nella lavanderia comunitaria, avere un colloquio con un avvocato, consultare uno psicologo o un medico dell’ambulatorio.

Oppure possono partecipare a laboratori di educazione finanziaria, di orientamento occupazionale o di storia dei diritti delle donne per migliorare la loro autonomia, per uscire da situazioni di violenza, compresa quella economica, diventando così più indipendenti. Possono poi imparare un lavoro grazie a vari corsi di formazione, completare la scuola primaria e secondaria, ma possono anche semplicemente scegliere come occupare il loro tempo liberato: leggere, ritrovarsi con le amiche, riposare, usarlo, insomma, per sé.

In alcuni casi questo sistema di sostegno supera gli spazi fisici delle manzanas grazie a dei programmi a domicilio rivolti soprattutto alle caregiver che assistono persone con disabilità gravi e che quindi non possono lasciare le loro case.

Bogotá, Colombia, 8 ottobre 2012 (AP Photo/Fernando Vergara)

Le manzanas del cuidado sono state aperte nelle aree con maggiore necessità individuate attraverso un indice che tiene conto di diverse variabili come la domanda di assistenza, i tassi di povertà e di violenza maschile contro le donne o le risorse istituzionali disponibili. E non sono costruite in modo standardizzato: ciascuna si adatta al quartiere e alle esigenze delle persone che ci vivono.

El Castillo, che per quasi quindici anni è stato uno dei bordelli più famosi di Bogotá, nel 2020 è stato convertito in una manzana. La sua direttrice, Lebeb Infante, ha spiegato a Vox che il quartiere in cui si trova «ha la più alta concentrazione di lavoratrici del sesso della zona, molte delle quali sono caregiver: hanno figli, sostengono le famiglie. Abbiamo anche un’enorme popolazione migrante, persone in fuga dalla violenza del Venezuela e dalle aree rurali della Colombia. Quindi i servizi, qui, devono funzionare in modo diverso». Il centro offre dunque sportelli che aiutano le persone a destreggiarsi in mezzo alla burocrazia per ottenere documenti o certificazioni, ha due lavanderie invece di una e un armadio per trovare dei vestiti, gratuitamente: «Se una persona ha bisogno di pantaloni per un colloquio di lavoro, glieli diamo», ha spiegato Infante.

L’idea alla base delle manzanas del cuidado è valorizzare sia il lavoro domestico e di assistenza sia chi lo svolge mettendo al centro delle politiche pubbliche le caregiver e non solo chi riceve le loro cure: bambini, anziani o persone con disabilità che, comunque, in una manzana del cuidado possono a loro volta prendere parte a una serie di attività specifiche e a loro dedicate.

Bogotá è una città di 8 milioni di persone di cui quasi la metà sono donne che svolgono qualche forma di lavoro di cura non retribuito. Tra loro circa 1,2 milioni lo fanno a tempo pieno dedicandovi in media 10 ore o più al giorno. I dati dicono poi che il 90 per cento di queste donne rientra nelle fasce socioeconomiche più basse, che il 70 per cento ha ottenuto come livello di istruzione più alto un diploma di scuola superiore e che al 21 per cento sono state diagnosticate delle malattie croniche. Molte di queste donne sono pendolari che impiegano ore per raggiungere i lavori di cura retribuiti, per poi tornare nelle loro case a proseguire con il medesimo lavoro che però non viene loro riconosciuto e a cui dedicano, in media, 7 ore e 44 minuti al giorno (per gli uomini il tempo è invece pari a poco più di 3 ore).

Nel tempo, la volontà politica di intervenire su questi aspetti è cresciuta, favorita dal fatto che molti movimenti di donne colombiane si sono organizzati per portare al centro del dibattito pubblico la loro condizione e dal fatto che decenni di guerra civile e sfollamenti hanno rimodellato il sistema sociale, creando apertura verso strutture familiari più fluide ed estese, spesso per necessità.

Scritte femministe fuori dal ministero degli Esteri, Bogotá, Colombia, 8 marzo 2025 (AP Photo/Ivan Valencia)

In Colombia, il riconoscimento del lavoro di cura è dunque diventato una priorità nazionale. Nel 2010, il governo quantificò ufficialmente quanto lavoro non retribuito veniva svolto e da chi. La prima indagine sull’uso del tempo, condotta nel 2012, rilevò che le caregiver fornivano più di 35 miliardi di ore di lavoro gratuito ogni anno, pari al 20 per cento del Pil nazionale, superando dunque settori come il commercio, la pubblica amministrazione e l’industria manifatturiera.

Nel 2019 Claudia López decise di farsi carico politicamente della questione. All’epoca 49enne, si candidò a diventare la prima donna e la prima sindaca LGBTQ+ di Bogotá. Vinse con il 35 per cento dei voti sugli altri tre candidati e per la sua elezione fu fondamentale il voto delle donne che di fatto le diedero il mandato di trovare soluzioni concrete alla loro condizione.

Con la consapevolezza che «nessuna società può esistere e prosperare senza lavoro di cura», López mise dunque al centro del proprio mandato le manzanas del cuidado presentandole come luoghi che ruotavano intorno alle cosiddette “3R“: riconoscere, redistribuire e ridurre. Riconoscere che il lavoro di cura è un vero lavoro che sostiene la società e che consente ad altri in famiglia di uscire di casa per ricevere uno stipendio. Redistribuire il carico di tale lavoro non solo tra donne e uomini, ma anche tra chi da tali prestazioni gratuite trae beneficio: dunque lo stato e la comunità in generale. E ridurre il carico complessivo in modo che le singole caregiver non ne venissero consumate.

Claudia López festeggia la sua vittoria a sindaca di Bogotà, Colombia, 27 ottobre 2019 (AP Photo/Ivan Valencia)

Il senso di tali spazi può essere riassunto in alcuni slogan e cartelli che si trovano appesi nelle manzanas del cuidado: “Prendersi cura non significa aiutare, è una responsabilità collettiva”, “Non dovresti essere costretta a farne così tanto: meriti una vita piena oltre alla cura dei figli, degli anziani, del partner”. O ancora: “La cura è qualcosa che si impara” e non che per retaggi patriarcali ricade automaticamente e “naturalmente” sulle donne.

López lanciò dunque il suo innovativo programma di sostegno istituzionale al lavoro di cura nel 2020 prima attraverso un decreto esecutivo, che le diede l’autorità di creare i centri finanziandoli con l’equivalente di circa 1,2 milioni di euro, ma che comportava anche che qualsiasi futuro sindaco avrebbe potuto annullare il progetto altrettanto facilmente. Dopodiché, sapendo che non avrebbe potuto candidarsi per un secondo mandato consecutivo, cosa che in Colombia non è consentita, contribuì a far approvare una legge dal consiglio comunale che, a differenza del decreto, non avrebbe potuto essere annullata col semplice atto di un futuro sindaco.

Il suo successore, Carlos Fernando Galán, nel 2023 vinse con un programma ben lontano da quello femminista di López: ma scelse di portare vanti il progetto delle manzanas, che stava dando risultati positivi, aveva attratto finanziamenti esteri (in particolare da Bloomberg Philanthropies, fondazione filantropica con sede a New York) e si era guadagnato l’attenzione internazionale delle Nazioni Unite e di molti leader politici nel mondo.

Chi lavora nelle manzanas e chi se ne occupa a livello istituzionale pensa che comunque il sistema possa essere migliorato: Juliana Martínez Londoño, sottosegretaria del ministero delle Donne di Bogotá, ha detto ad esempio che i servizi di assistenza all’infanzia potrebbero diventare mobili, raggiungere direttamente le caregiver e adattarsi ai loro orari: «Questo è il prossimo ambizioso obiettivo: centri mobili di assistenza all’infanzia aperti 24 ore su 24 per le donne che hanno i turni di notte, per esempio».

Un altro problema riguarda i servizi a domicilio, spesso a tempo limitato o non sufficienti. All’inizio di quest’anno, i finanziamenti di Bloomberg Philanthropies che avevano sostenuto questa specifica parte del programma sono terminati, e l’amministrazione Galán non ha ancora trovato un modo per continuare a finanziarli (ma ha promesso di farlo l’anno prossimo). Nel frattempo, Galán ha continuato ad ampliare le parti meno costose del sistema di cura aprendo due nuovi centri e arricchendo i programmi presenti al loro interno.

Una strada di Bogotá, Colombia, 8 novembre 2024 (AP Photo/Fernando Vergara)

Il sistema di cura di Bogotá è un modello per altre città. A Città del Messico la sindaca socialista Clara Brugada ha ad esempio aperto le Utopías, acronimo spagnolo che sta per “unità di trasformazione e organizzazione per l’inclusione e l’armonia sociale”, una versione locale delle manzanas. Freetown, capitale della Sierra Leone, prevede di aprire il suo primo centro per la cura entro la fine dell’anno. Guadalajara, in Messico, ha a sua volta approvato dei finanziamenti per le “comunità della cura” e spazi della cura sono già in funzione a Santiago del Cile.

CHANGE, la City Hub and Network for Gender Equity, una rete formata dalle amministrazioni di varie città del mondo che collaborano per promuovere la parità di genere condividendo politiche e strategie innovative, sta infine lavorando per diffondere il modello di Bogotá. Attualmente sono impegnati in un progetto a Manchester, in Inghilterra, e stanno cercando di identificare una città degli Stati Uniti per avviare anche lì un progetto pilota il prossimo anno.