Da un presidente di sinistra a uno di estrema destra in quattro anni
In Cile José Antonio Kast prenderà il posto di Gabriel Boric: come è successo?

A marzo il Cile passerà dall’avere il presidente più di sinistra della sua storia, Gabriel Boric, a uno di estrema destra, José Antonio Kast, che ha vinto le elezioni la scorsa settimana. Sono due politici molto distanti, non solo per le loro idee ma anche per storia personale, formazione e per l’idea di Cile che rappresentano: Boric è un ex leader studentesco di 39 anni, espressione di un ampissimo movimento di protesta sociale; Kast è un politico conservatore e nostalgico della dittatura di Augusto Pinochet, con legami forti con quel regime e con la classe sociale più agiata e a lungo dominante nel paese.
La loro successione è quindi un cambiamento netto, ma non del tutto sorprendente. È il risultato di una serie di fattori, tra cui il fallimento delle ambizioni della sinistra cilena di cambiare il paese, un clima politico influenzato dalle discussioni sulla criminalità, sull’immigrazione e sulla situazione internazionale, e alcune scelte vincenti della campagna di Kast. L’alternanza tra destra e sinistra è stata una costante nelle elezioni presidenziali cilene degli ultimi vent’anni, ma non spiega tutto.

Gabriel Boric fa un selfie con i suoi sostenitori dopo la vittoria elettorale del dicembre del 2021 (AP Photo/Luis Hidalgo)
Quando fu eletto nel 2021, Boric aveva 35 anni e tre mandati da deputato alle spalle. Era diventato noto per la sua partecipazione ai movimenti di protesta che portarono all’estallido social, la lunga ondata di manifestazioni del 2019 che a lungo sembrò preludere a una specie di rivoluzione cilena, poi non realizzata. Proveniva da una famiglia del sud del Cile (Punta Arenas, zona quasi antartica) e il padre era un ingegnere chimico.
Era giovane e diverso: quando scelse la sua residenza da presidente prese casa a Yungay, un quartiere del centro di Santiago un po’ decaduto e popolato da artisti. In una città in cui élite e benestanti sono tutti concentrati nei quartieri borghesi del nord-est, verso le montagne, era una scelta radicale. Fu il primo presidente cileno a diventare padre durante il mandato, e prese cinque giorni di congedo parentale.
Kast avrà sessant’anni quando diventerà presidente. Ha nove figli, aveva nove fratelli (due sono morti), è un avvocato ed è molto cattolico. La sua famiglia è originaria della Germania e da un’inchiesta del 2021 di Associated Press emerse che nel 1941 il padre si iscrisse al partito nazista. Dopo la guerra i Kast si trasferirono in Cile, in un’area rurale non lontana dalla capitale.
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José Antonio Kast dopo aver vinto il ballottaggio per le elezioni presidenziali, il 14 dicembre 2025 (AP Photo/Matias Delacroix)
Oggi Kast vive lì, a Paine, ma per esigenze politiche è spesso a Santiago, nella sua casa di Las Condes, uno dei quartieri delle élite. Dice però che da presidente intende trasferirsi nel palazzo presidenziale della Moneda, dove non vive nessuno dagli anni Cinquanta: è quello che venne bombardato nel colpo di stato del 1973, con cui iniziò la dittatura. L’allora presidente Salvador Allende, eletto democraticamente e obiettivo del golpe, fu trovato morto nel suo ufficio all’interno del palazzo, quasi sicuramente suicida.
Kast si avvicinò alla politica facendo campagna a favore del proseguimento della dittatura nel referendum del 1988 (la sua posizione perse, e nel 1990 iniziò la transizione democratica). Nei primi incarichi politici fu sostenuto dalle componenti più conservatrici della Chiesa, per la sua opposizione all’aborto e ai matrimoni omosessuali. Nel 2017 si candidò alla presidenza come indipendente, senza successo. Nel 2019 fondò il Partito Repubblicano, con cui nel 2021 si ricandidò alla presidenza e perse al ballottaggio. È stato infine eletto al terzo tentativo.

Gabriel Boric a una conferenza in Corea del Sud, a ottobre del 2025 (AP Photo/Ng Han Guan)
Boric è arrivato alla fine del mandato con un gradimento vicino al 30 per cento. La sua presidenza è stata ritenuta perlopiù deludente, soprattutto in rapporto alle enormi aspettative che l’avevano accompagnata. Era stato eletto con lo slogan “Para vivir mejor” (“Per vivere meglio”) e l’ampia coalizione che lo sosteneva, con partiti di sinistra ed estrema sinistra, si riprometteva di cambiare profondamente la società cilena, ancora fortemente diseguale a livello economico, cancellando l’eredità del neoliberismo sopravvissuto alla dittatura.
Boric decise di convogliare la grande spinta riformatrice proveniente dall’estallido social nello sviluppo di una nuova Costituzione, che superasse quella approvata durante la dittatura. L’assemblea costituente era rappresentativa delle minoranze e aveva una limitata rappresentanza della destra e del centro. Ne uscì un testo molto ambizioso: se approvata, sarebbe stata la Costituzione più progressista e inclusiva del mondo. I cileni la rifiutarono, votando contro al 62 per cento.
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Un murale che invoca una nuova Costituzione nell’ottobre del 2019 (AP Photo/Rodrigo Abd)
Nei primi sei mesi di mandato il governo, composto perlopiù da ex leader studenteschi con poca esperienza politica, si occupò principalmente della questione costituzionale e mise in pausa gli altri progetti di riforma. In parte perché si aspettava il nuovo testo, ma anche perché non c’erano i numeri per approvarli, dato che mancava una vera maggioranza parlamentare.
Dopo la delusione della Costituzione Boric cambiò il suo governo, inserendo politici socialdemocratici più tradizionali e ridimensionando i suoi obiettivi: ottenne qualche riforma parziale, come quella del sistema pensionistico privato (a cui anche i datori di lavoro devono contribuire), la riduzione dell’orario settimanale e l’aumento del salario minimo. In generale però non ha cambiato la società cilena, né migliorato sensibilmente le condizioni delle classi più povere: anche una riforma delle tasse è stata bocciata in parlamento.
Nel frattempo il clima politico in Cile cambiava totalmente. L’attenzione dell’opinione pubblica si concentrò sull’aumento della criminalità causato dall’aumento dell’influenza nel paese di bande criminali transnazionali, come la venezuelana Tren de Aragua, che portarono in Cile un genere di violenza fino a quel momento assente. La percezione di insicurezza superò anche le dimensioni reali del problema (i tassi di omicidi sono più bassi rispetto ad altri paesi sudamericani) e le destre collegarono facilmente la criminalità con l’immigrazione. Anche quello era un fenomeno nuovo in Cile, che assunse grandi dimensioni per l’esodo di milioni di persone dal Venezuela, in fuga da una profonda crisi economica.
Kast e in generale le destre seppero sfruttare questa nuova situazione per fornire risposte radicali alle richieste di maggior sicurezza: costruzione di nuove prigioni, più poteri alla polizia, espulsione degli immigrati illegali.

Boric e Kast durante il confronto televisivo del 2021 (Elvis Gonzalez – Pool/Getty Images)
Anche Kast ha saputo cambiare per aderire meglio alle aspettative dell’elettorato. Già a partire dal 2016 si era fatto notare e aveva guadagnato consensi anche esprimendo chiaramente una certa nostalgia per la dittatura, ancora latente in parte della popolazione cilena. Alle presidenziali del 2021 pagò il prezzo di questo estremismo: parte della società cilena si mobilitò al ballottaggio perché non vincesse, favorendo Boric. Ha quindi passato gli ultimi anni a rimodellare il suo messaggio, evitando i temi più controversi e identitari e proponendo una risposta immediata alle presunte emergenze del paese (criminalità, immigrazione, limitata crescita economica).
Ha provato ha mostrarsi più presidenziale che “incendiario” ed è stato favorito in questa operazione dalla presenza di un candidato ancora più estremo di lui, Johannes Kaiser, e dalla debolezza e dai tentennamenti della candidata della destra tradizionale, Evelyn Matthei, indecisa se presentarsi come moderata o se inseguire gli altri a destra.
Lo ha aiutato anche il diverso contesto internazionale: Kast ha sottolineato i buoni rapporti con altri leader di destra al governo in vari paesi del mondo e ha potuto contare sulle maggiori attenzioni verso il continente dell’amministrazione statunitense di Donald Trump. Si è quindi trasformato in un candidato “presentabile” e considerato per certi versi anche meno estremo dell’avversaria al ballottaggio, Jeannette Jara, del Partito Comunista. Dopo il primo turno ha incassato il sostegno degli altri candidati di destra e la vittoria al ballottaggio non è mai stata davvero in dubbio.

Un soldato allo stadio Monumental di Santiago, dove è stato allestito un seggio elettorale per il ballottaggio delle presidenziali (AP Photo/Natacha Pisarenko)
Anche il voto obbligatorio ha contribuito al mutamento radicale della maggioranza politica. Questa era la prima elezione presidenziale con iscrizione automatica alle liste e multa in caso di non partecipazione al voto. Hanno deciso il nuovo presidente molti più elettori di prima: nel 2021 Boric aveva preso 4,6 milioni di voti, questa volta Kast ne ha ottenuti 7,2. Hanno votato quasi il doppio delle persone, tra cui molte che verosimilmente erano poco interessate alla politica e sono state raggiunte solo da parte dei messaggi dei candidati.
La vittoria di Kast non significa quindi che la maggioranza dei cileni sia diventata molto di destra. Molti analisti hanno sottolineato come uno degli errori di Boric e della coalizione che lo sosteneva, il Frente Amplio, sia stato pensare che il sostegno ricevuto al ballottaggio fosse un sostegno al suo intero progetto politico, quando la realtà era più complessa e condizionata da una scelta necessaria fra due candidati. Kast è oggi nella stessa situazione e il suo “mandato popolare” può essere altrettanto fragile. Inoltre anche il prossimo presidente non avrà una maggioranza chiara in parlamento (soprattutto al Senato) e dovrà quindi mediare e cercare sostegno nelle sue iniziative legislative.
Politici e osservatori cileni di entrambi gli schieramenti hanno anche sottolineato come il passaggio fra due presidenti così distanti sia comunque avvenuto in un clima politico disteso e pacifico, caratterizzato da rispetto reciproco e spirito di collaborazione: per tutti è un segno della maturità e della solidità della democrazia cilena.
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