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  • Mercoledì 17 dicembre 2025

Una settimana molto importante per i negoziati sull’Ucraina

E per l’Unione Europea, che con un voto si gioca la credibilità sulla questione dei beni russi congelati

Volodymyr Zelensky il 16 dicembre 2025 all'Aia, Paesi Bassi
Volodymyr Zelensky il 16 dicembre 2025 all'Aia, Paesi Bassi (AP Photo/Peter Dejong)

I negoziati per porre fine alla guerra in Ucraina stanno procedendo lungo due strade parallele. Da una parte gli Stati Uniti premono per una soluzione rapida, anche a costo di compromettere la sicurezza dell’Ucraina e di fare grosse concessioni alla Russia. Dall’altra l’Europa sta cercando di deviare questo processo per limitare le concessioni più esose alla Russia, fornire maggiori garanzie all’Ucraina e salvaguardare la sicurezza del paese.

Queste due strade si sono incontrate domenica e lunedì, quando negoziatori statunitensi, europei e ucraini si sono trovati a Berlino, in quello che è stato un grosso successo diplomatico del cancelliere tedesco Friedrich Merz. Giovedì inoltre i leader dell’Unione Europea dovranno decidere cosa fare degli oltre 200 miliardi di euro di beni russi congelati, da cui potrebbe dipendere il sostegno economico all’Ucraina nei prossimi anni.

Dall’incontro di Berlino è emersa la più recente posizione negoziale dell’Ucraina, che prevede alcune concessioni notevoli. Il presidente Volodymyr Zelensky ha rinunciato per la prima volta alla richiesta che l’Ucraina entri nella NATO. In cambio, gli Stati Uniti e l’Europa hanno promesso garanzie di sicurezza definite simili a quelle dell’Articolo 5 dell’Alleanza atlantica, che prevede la mutua difesa tra i paesi membri, ad alcune condizioni.

Le garanzie di sicurezza prevedono un sostegno militare importante che dovrebbe continuare anche dopo il cessate il fuoco e consentire all’Ucraina di mantenere un esercito capace di difendersi da eventuali nuovi attacchi russi. A Berlino si è parlato anche della possibilità che i paesi europei inviino truppe proprie in Ucraina, come presidio di difesa. Entrambi questi punti sono osteggiati dalla Russia, che in un piano precedente aveva preteso una riduzione significativa dell’esercito ucraino e si era detta contraria alla presenza di truppe internazionali.

I leader europei e i negoziatori americani con Zelensky a Berlino, 15 dicembre 2025

I leader europei e i negoziatori americani con Zelensky a Berlino, 15 dicembre 2025 (AP Photo/Markus Schreiber, Pool)

La questione più difficile da dirimere riguarda però i territori della regione ucraina del Donbas. La Russia ha conquistato militarmente circa l’85 per cento della regione, ma pretende che in caso di accordo per il cessate il fuoco l’Ucraina ceda volontariamente anche il restante 15 per cento. Il presidente russo Vladimir Putin ha fatto capire che per lui è una questione essenziale: «O liberiamo quei territori con la forza, o le truppe ucraine li abbandonano», ha detto a inizio dicembre, usando l’eufemismo “liberare” per descrivere l’aggressione militare del territorio ucraino.

Ma per l’Ucraina cedere quei territori sarebbe impensabile, anche perché lì sono state costruite le sue più importanti difese, definite la “cintura delle fortezze”. Cederle alla Russia significherebbe rimanere gravemente esposti a est e aumentare il rischio di una nuova invasione. In questo momento gli Stati Uniti stanno facendo pressione affinché l’Ucraina ceda i territori, perché lo ritengono il modo migliore per ottenere un accordo in tempi rapidi. Ucraina ed Europa stanno cercando di fargli cambiare idea.

– Leggi anche: Gli ucraini non vogliono cedere a Putin la “cintura delle fortezze” in Donbas

A ogni modo questa nuova posizione negoziale dovrà a un certo punto essere presentata alla Russia, e c’è un rischio abbastanza alto che Putin la rifiuterà, tornando a porre le proprie condizioni.

Vigili del fuoco ispezionano un edificio a Kyiv colpito da un drone russo, novembre 2025

Vigili del fuoco ispezionano un edificio a Kyiv colpito da un drone russo, novembre 2025 (AP Photo/Efrem Lukatsky)

Giovedì nel frattempo l’Europa si giocherà una parte della propria credibilità internazionale alla riunione del Consiglio Europeo, in cui i leader dei 27 stati membri discuteranno della possibilità di usare i beni congelati russi per sostenere l’Ucraina. Brevemente: da mesi circola l’ipotesi di usare 210 miliardi di euro di asset finanziari russi detenuti in Europa per pagare lo sforzo militare e il mantenimento dello stato ucraino. Per farlo la Commissione Europea ha creato un meccanismo apposito, con cui ha definito l’utilizzo di questi beni un “prestito di riparazione” che l’Ucraina dovrà ripagare solo quando la Russia accetterà di risarcirla per i danni provocati dall’invasione (quindi mai).

– Leggi anche: L’Europa si è impantanata sui soldi per l’Ucraina

Usare i beni russi consentirebbe all’Europa di sostenere la resistenza ucraina senza mettere soldi propri, ma espone i paesi membri (in particolare il Belgio, che tramite una sua società detiene 185 dei 210 miliardi) a possibili ritorsioni legali da parte della Russia. Per questo il Belgio si oppone da mesi all’utilizzo dei beni, e di recente si sono uniti al gruppo dei contrari anche Italia, Malta, Bulgaria e Cechia. Questi cinque paesi tutti assieme non sarebbero sufficienti a bloccare il voto sui beni russi, ma c’è il rischio che, con così tanti paesi contrari, alla fine la maggioranza vacilli.

Come detto, per l’Unione Europea il sostegno finanziario all’Ucraina è anche una questione di credibilità: da un lato tutti i principali leader europei dicono che la difesa dell’Ucraina è fondamentale per la difesa dell’Europa stessa; dall’altro però non riescono a mettersi d’accordo nemmeno su come sostenere un paese che loro stessi definiscono essenziale.

A questo si aggiunge il fatto che, se non si usano i soldi russi, non ci sono molte alternative per continuare a finanziare l’Ucraina: sia per usare il budget dell’Unione sia per emettere nuovo debito comune serve l’unanimità dei paesi membri, ed è praticamente certo che alcuni leader vicini alla Russia, come il primo ministro ungherese Viktor Orbán, metteranno il veto. «Non inganniamoci. Se non riusciamo a fare questa cosa, la capacità dell’Unione Europea di agire sarà danneggiata gravemente per anni», ha detto lunedì il cancelliere tedesco Merz, che è favorevole all’utilizzo dei beni russi.