In Italia si fanno rotaie troppo corte

Per essere competitivi in Europa servirebbero 12 metri in più: per questo l'unico impianto che le produce, a Piombino, rischia di chiudere

di Francesco Gaeta

(EPA/ORESTIS PANAGIOTOU/ANSA)
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In Europa i binari ferroviari sono fatti da segmenti di rotaia da 120 metri. Quelle che escono dall’impianto siderurgico di Piombino, che è di fatto l’unico specializzato in Italia, sono invece da 108 metri. È una differenza rilevante, perché rotaie più lunghe significano maggiore possibilità di curvatura e meno punti di giuntura, quindi maggiore velocità per i treni. Quei 12 metri di differenza rendono l’Italia meno competitiva nelle nelle gare internazionali, e riducono quindi le possibilità che lo stabilimento di Piombino – di proprietà della multinazionale indiana JSW – continui a esistere.

Allo stabilimento che produce rotaie lavorano circa 400 persone. È da molti anni il più importante in Italia per questo tipo di prodotto: può produrre 300mila tonnellate all’anno di binari. Era stato avviato negli anni Novanta dal gruppo Lucchini, che possedeva l’impianto, e per l’epoca era piuttosto avanzato, cioè in grado di rifornire la rete delle ferrovie italiane e di molti paesi esteri. L’ultimo ammodernamento risale però al 2007 e oggi lo stabilimento è tecnicamente poco concorrenziale.

Le rotaie che produce non sono solo troppo corte, ma anche non temprate, a differenza di quelle dei concorrenti: questo significa che non sono abbastanza durevoli, specialmente nel cosiddetto “fungo”, la parte superiore a diretto contatto delle ruote del treno. La tempra è un processo di indurimento che rende il metallo più resistente alle sollecitazioni e agli sbalzi di temperatura.

Nelle scorse settimane governo, azienda ed enti locali avrebbero dovuto fare un accordo di programma per il rilancio. Sulla carta ci sono 143 milioni di euro di investimenti, di cui 33 di sovvenzioni pubbliche, per rinnovare le attrezzature, produrre rotaie lunghe 120 metri e temprate, e aumentare la produzione a 600mila tonnellate all’anno dalle attuali 300mila. Ma la firma prevista il 27 novembre è slittata. L’azienda avrebbe richiesto degli sgravi su alcune voci di costo, dalla bolletta energetica alle tasse. Cose che il governo e gli enti locali non sembrano intenzionati a concedere.

Quello dello stabilimento che produce rotaie è in realtà solo un pezzo di una storia più vasta di declino. Nel polo siderurgico di Piombino di proprietà di JSW lavorano 1.300 persone, ma oggi 785 sono in cassa integrazione. È una crisi che dura da mesi. JSW, una delle più importanti multinazionali dell’acciaio, arrivò nel 2018, dopo che lo Stato aveva privatizzato nel 1993 il complesso industriale, all’epoca il secondo per volumi di acciaio prodotto dopo quello di Taranto. In precedenza c’erano già stati tre passaggi di proprietà e nel tempo erano stati dismessi l’altoforno e le acciaierie, quelli dove si produce l’acciaio, lasciando attivi solo gli impianti di laminazione, dove il metallo viene lavorato e rifinito. Dopo un po’ di tempo dall’arrivo di JSW si sono fermati anche quelli, tranne appunto lo stabilimento delle rotaie, e due terzi degli addetti sono rimasti senza lavoro.

I motivi di questa progressiva dismissione sono diversi ma, almeno secondo i sindacati, il principale è che JSW in Toscana non ha investito come aveva promesso. Nell’accordo di programma firmato con il governo nel 2018, l’azienda si era impegnata a costruire nuovi forni elettrici e a riportare in funzione una produzione di acciaio integrata, che cioè comprendesse la fase di produzione e di lavorazione successiva, condizione indispensabile per ridurre i costi e competere nel mercato europeo. Nessuno di quegli impegni è stato però rispettato. Poco è stato fatto anche sulla manutenzione degli impianti già esistenti ed ereditati dalle precedenti proprietà, cosa più che mai necessaria se si producono binari, un prodotto che richiede un processo industriale tecnologicamente molto avanzato.

La qualità di una rotaia dipende dalla sua omogeneità interna, il fattore che evita il rischio di microfratture non visibili a occhio nudo (in gergo vengono chiamate “cricche”). Il materiale di partenza sono i blumi, cioè semilavorati di acciaio di sezione rettangolare, che vengono portati a temperature tra 1.100 e 1.250 °C e poi vengono laminati per modellarli e ridurne la sezione. Per evitare tensioni interne e microfessure è essenziale che il riscaldamento sia uniforme e lo stesso deve avvenire per il raffreddamento.

Mantenere alta la qualità di questi processi richiede grandi investimenti e ha portato a un mercato internazionale concentrato in poche grandi aziende. Sono quelle che si contendono gli appalti per le nuove reti ferroviarie ad alta velocità e con cui JSW deve competere. In Europa i principali concorrenti di Piombino sono tre: Voestalpine, ArcelorMittal e British Steel. Voestalpine, in Austria, è considerata il riferimento mondiale per la qualità metallurgica: produce rotaie da 120 metri, con tecniche avanzate di indurimento della testa, e ha stabilimenti completamente integrati, dalla produzione dell’acciaio alla finitura. ArcelorMittal, con un impianto in Spagna, ha il vantaggio della scala: grandi volumi, costi minori e una presenza stabile nei mercati di Francia e Germania. British Steel, che controlla lo stabilimento di Hayange nel Nordest della Francia, è il fornitore storico della rete francese e investe molto nell’innovazione legata alla manutenzione.

Questi gruppi hanno un vantaggio essenziale: producono in casa l’acciaio da cui ricavano i blumi, cioè il semilavorato di partenza, che invece JSW importa dall’estero, visto che a Piombino non esistono più impianti di produzione con altiforni e i forni elettrici promessi dall’azienda indiana sono rimasti sulla carta.

Dal 2026 questa dipendenza dall’estero potrebbe diventare ancora più costosa. L’Unione Europea introdurrà il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism), un meccanismo che impone un costo aggiuntivo sulle emissioni di CO2 incorporate nei prodotti importati da paesi fuori dall’Europa. In pratica, chi acquista blumi dall’estero dovrà pagare per le emissioni del produttore, per allineare i costi ambientali tra acciaio europeo e acciaio importato. Per le rotaie che escono da Piombino, che già oggi hanno un costo della materia prima superiore alla concorrenza, il CBAM significherà essere ancora meno competitive.