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  • Mercoledì 10 dicembre 2025

Il progetto del ponte sullo Stretto è tornato indietro di otto mesi

Il governo ha deciso di provare a sistemare i problemi segnalati dalla Corte dei conti, e quindi dovrà ricominciare quasi da capo

La zona di Torre Faro dove dovrebbe essere costruito uno dei piloni del ponte sullo Stretto
La zona di Torre Faro dove dovrebbe essere costruito uno dei piloni del ponte sullo Stretto (ANSA/CARMELO IMBESI)
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Dopo aver criticato la Corte dei conti, che a ottobre non aveva approvato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, il governo ha deciso di non forzare le procedure: dopo annunci, polemiche, discussioni e soprattutto intoppi si ricomincerà quasi da capo, tornando indietro a otto mesi fa, con più consapevolezza sugli errori e le leggerezze commesse. Non è la prima volta che succede.

Il piano per risolvere i problemi accumulati da aprile a oggi è stato raccontato martedì da Pietro Ciucci, amministratore delegato della società Stretto di Messina, a cui il governo ha affidato la gestione del progetto. Parlando a Diac, un sito specializzato nel settore delle infrastrutture, Ciucci ha detto due cose importanti: la prima è che la delibera del Cipess deve essere riscritta e la seconda è che i ministeri dei Trasporti e dell’Economia si confronteranno con la Commissione Europea per evitare nuovi guai.

Se tutto fosse andato bene fin da subito, nel modo più lineare possibile, la procedura sarebbe stata la seguente: presentazione del progetto definitivo; approvazione della valutazione di impatto ambientale e della valutazione ambientale strategica; approvazione del Cipess (cioè il comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile); approvazione della Ragioneria dello Stato, poi della Corte dei conti e infine pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. I cantieri di qualsiasi grande opera pubblica possono essere avviati solo dopo la pubblicazione della delibera del Cipess sulla Gazzetta Ufficiale, per questo è un documento così importante.

È comprensibile che in un progetto enorme e costoso come quello del ponte sullo Stretto non vada proprio tutto secondo i piani, ma negli ultimi due anni sono andate male moltissime cose: il progetto definitivo è stato presentato con mesi di ritardo rispetto agli annunci e la commissione per la valutazione di impatto ambientale ha presentato 280 osservazioni, ma il problema più grave è stato a ottobre, quando la Corte dei conti non ha approvato la delibera del Cipess.

Il governo si è preso qualche settimana per capire come affrontare le questioni. Poteva forzare le procedure e approvare tutto ignorando le osservazioni della Corte dei conti, e chiedendo una “registrazione con riserva”; oppure poteva tornare a discutere della delibera del Cipess riscrivendola da capo. Ha scelto di seguire i consigli dei giudici. «La registrazione con riserva è teoricamente possibile, ma del tutto inappropriata», ha detto Ciucci.

Già oggi, mercoledì 10 dicembre, una delegazione tecnica dei ministeri dei Trasporti e dell’Economia sarà a Bruxelles per confrontarsi con i funzionari della Commissione Europea. L’obiettivo è chiarire una volta per tutte i due dubbi principali della Corte dei conti.

Il primo riguarda le deroghe ai vincoli ambientali giustificate con una relazione (l’IROPI, Imperative Reasons of Overriding Public Interest) approvata dal governo per dichiarare il ponte un’infrastruttura di interesse militare. La procedura serviva di fatto ad aggirare il vincolo ambientale ed era stata per questo molto contestata.

Il secondo dubbio riguarda i limiti della direttiva europea sugli appalti pubblici, che impone di fare una nuova gara quando i costi del progetto aumentano di più del 50 per cento rispetto a quelli iniziali. Per costruire il ponte è stato riattivato un contratto stipulato nel 2005 con il consorzio Eurolink, un raggruppamento di aziende guidato dalla grande impresa di costruzioni Webuild, e nei vent’anni trascorsi da allora i costi dei lavori affidati a Eurolink sono aumentati dai 3,8 miliardi di euro del 2005 a oltre 10 miliardi.

Secondo Ciucci questi aumenti sono stati deliberati prima che entrassero in vigore le direttive europee specifiche, nel 2014, e sostiene che comunque siano costi dovuti a un aumento dei prezzi e non a nuovi lavori. «Contiamo su una valutazione favorevole della commissione Ue che consideri corretta la nostra interpretazione nell’applicazione delle direttive Habitat e Appalti», ha detto Ciucci. La direttiva Appalti è quella relativa all’aumento dei prezzi, la Habitat invece riguarda le deroghe ai vincoli ambientali. «Una volta acquisita questa valutazione, potrà essere assunta dal governo una seconda delibera al Cipess».

A questo punto i tempi si allungano ed è difficile prevedere di quanto, perché il confronto con l’Unione Europea non ha una scadenza. L’obiettivo del governo e della società Stretto di Messina non è cambiato: l’idea è di aprire i primi cantieri entro la prossima estate, ma negli ultimi due anni il ministro dei Trasporti Matteo Salvini aveva già detto di volerli aprire entro l’estate del 2024 e poi entro l’estate del 2025.