Comprereste dei posti in uno stadio che non è stato ancora finito?
Dei posti, non degli abbonamenti: li offrono, tra gli altri, il Barcellona e il futuro stadio della Pallacanestro Cantù

A ottobre la squadra di calcio inglese del Manchester United ha inviato un questionario ai suoi tifosi chiedendo loro se comprerebbero un posto nel nuovo stadio della squadra. È una domanda un po’ strana, perché lo stadio del Manchester non esiste e non si sa nemmeno quando inizieranno a costruirlo. Ma anche perché in genere si vendono biglietti, o abbonamenti; non posti (intesi come seggiolini). Vendere posti è un modo per fidelizzare i tifosi, ma soprattutto per avere entrate maggiori, meno dipendenti dai risultati della propria squadra e dai conseguenti atteggiamenti di chi la segue.
Vendere dei posti che ancora non esistono (o in uno stadio che sta per essere ristrutturato) può sembrare un’idea bizzarra, eppure negli Stati Uniti lo si fa da quasi sessant’anni. E ora si sta iniziando anche in Europa: nel calcio spagnolo ci stanno provando il Real Madrid, che ha completato da poco la ristrutturazione del Santiago Bernabéu, e il Barcellona, che sta ancora lavorando al suo nuovo Camp Nou.
In Italia, invece, ci proverà la Cantù Arena, il nuovo palazzetto della Pallacanestro Cantù, una squadra della Serie A italiana di basket. L’impianto – che sarà di proprietà del gruppo di imprenditori Cantù Next – si trova in provincia di Como, è già in costruzione e sarà pronto verso la fine del 2026.

La Cantù Arena in costruzione nell’ottobre del 2023 (Cantù Arena)
Il posto in uno stadio si vende attraverso la personal seat licence (PSL). È una licenza piuttosto costosa e garantisce la proprietà temporanea di un seggiolino, cioè di una parte fisica dello stadio. Di solito dura per cinque anni o più e, come spiegato sul sito di Cantù Arena, «garantisce al titolare il diritto esclusivo (e l’obbligo sotto alcune condizioni) di acquistare abbonamenti e biglietti» per il posto assegnato. Il prezzo degli abbonamenti e dei biglietti, dunque, non è incluso nella PSL, anche se di solito acquistarla garantisce qualche sconto.
È insomma una cosa diversa dal comprare un semplice biglietto pluriennale, che in Europa si vende da più di un secolo. È dal 1920, per esempio, che a Wimbledon sono venduti i cosiddetti debentures, pass quinquennali da migliaia di euro per vedere l’omonimo torneo di tennis. Un sistema simile è adottato anche al Lord’s di Londra, il più importante stadio di cricket al mondo.
La differenza principale sta nel fatto che la licenza PSL è in genere legata alla struttura, non a un evento (o una squadra). Inoltre permette di rivendere parte dei diritti legati a quel posto (per esempio la possibilità di usarlo per una partita): è un investimento, non un semplice costo pagato per poter essere spettatori di uno o più eventi.
La prima forma, primitiva, di PSL nacque invece alla fine degli anni Sessanta. La inventarono i Dallas Cowboys, una squadra di NFL (la lega statunitense di football americano). Nel 1968 stavano costruendo il Texas Stadium, un nuovo stadio da 66mila posti che sarebbe stato inaugurato nel 1971. Per finanziarlo offrirono ai tifosi la possibilità di acquistare delle obbligazioni, insieme alle quali avrebbero ottenuto un diritto di prelazione sugli abbonamenti stagionali. Era un bel vantaggio, perché quel diritto poteva durare fino al 2008. Alla fine i Cowboys raccolsero 31 milioni di dollari, a fronte dei 35 che servirono per costruire lo stadio, demolito nel 2010.

Il Texas Stadium, 28 settembre 2008 (Tim Umphrey/Getty Images)
Da allora la PSL si è diffusa ed evoluta, e raramente permette di finanziare un intero stadio (di rado si supera il 5 per cento). Di solito una PSL permette di avere un diritto di prelazione su quasi tutti gli eventi organizzati in uno stadio o in un palazzetto (quindi anche i concerti), nonché una serie di sconti e personalizzazioni (come far incidere il proprio nome sul seggiolino).
I prezzi di una licenza variano molto a seconda della durata, ma anche della squadra e del numero di posti offerti in totale. Il Barcellona, per esempio, ha venduto per circa 100 milioni di euro 475 posti inseriti nelle tribune VIP del nuovo Camp Nou, per un massimo di 30 anni. I prezzi delle PSL della Cantù Arena, invece, non sono ancora stati resi pubblici, ma i responsabili dell’impianto hanno detto al Post che si aggirano sulle centinaia di euro, e che i pagamenti potranno essere rateizzati.
Nei casi di Barcellona e Cantù sono diversi anche gli acquirenti e, di conseguenza, le intenzioni su come utilizzare i loro posti. I posti VIP del Barcellona sono stati comprati da investitori qatarioti ed emiratini, che probabilmente cercheranno di ricavarne un profitto. Uno dei vantaggi di sottoscrivere una PSL, soprattutto quando non si è tifosi, è quello di poter investire sul posto o sui posti che sono stati acquistati.
Al contrario, la maggior parte delle circa 450 persone che vorrebbero comprarsi un posto nella futura Cantù Arena (che non li ha ancora messi in vendita, ma ha fatto solo dei sondaggi) sono tifosi della Pallacanestro Cantù, generalmente molto facoltosi e abituati a seguire le partite dal parterre, la zona più costosa di un palazzetto. C’è stata anche qualche richiesta da parte di alberghi e altre strutture della zona intenzionate a riservare alcuni posti da offrire ai propri clienti.

Come dovrebbe apparire la Cantù Arena, una volta completata (Cantù Arena)
Ma ci sono tifosi a cui la PSL non piace, perché nel riservare – per anni – un certo numero di posti a chi può permettersi di comprare il solo diritto di prelazione, toglie posti a tutti gli altri. Per il Barcellona non sarà un problema così grande, dato che ha venduto tramite PSL meno di 500 posti su 100mila. La Cantù Arena, invece, ha messo in vendita quasi un quinto (936) dei circa 5200 posti da cui sarà composto il palazzetto.
In questo senso, la PSL è stato un problema soprattutto negli Stati Uniti. Nel 2009, per esempio, i New York Giants (un’altra squadra di NFL) dissero di aver “venduto” 70mila posti su uno stadio da 82.500 posti: fu un enorme successo commerciale, ma escluse molti tifosi che non potevano o non erano disposti a pagare sia un diritto di prelazione sia il prezzo dell’abbonamento stagionale. E per fare un esempio più recente, i Buffalo Bills (sempre in NFL) hanno già venduto a migliaia di dollari l’uno 48mila dei 67mila posti che comporranno il suo futuro stadio, che aprirà nel 2026.
La PSL, però, può diventare un problema per la squadra che la offre. Soprattutto quando i posti che sono stati già venduti non sono pronti entro i tempi promessi. Potrebbe succedere al Barcellona, che è molto in ritardo con la ricostruzione del suo Camp Nou. Le tribune VIP che ha venduto – con la promessa che sarebbero state disponibili dall’inizio del 2026 – si trovano tra il secondo e il terzo anello (gli anelli sono gli enormi piani in cui è diviso uno stadio), ma per ora al Camp Nou sono stati fatti solo il primo e il secondo, mentre i lavori sul terzo sono ancora in corso.
Vendere troppi posti con il metodo delle PSL potrebbe anche svuotare gli stadi, o renderli meno chiassosi, cosa che sarebbe un grosso svantaggio psicologico per la squadra che gioca “in casa”. Bleacher Report ha scritto che la PSL rischia di trasformare il tifoso dal vivo «da tizio irriducibile e chiassoso, sempre fedele alla sua squadra, a gentiluomo docile, curato e raffinato, incline a ritirarsi nel pomeriggio se dovesse trovare sgradevole il freddo di ottobre».



