C’è tensione tra il papa e la Silicon Valley

Leone XIV si esprime spesso con preoccupazione sul tema delle intelligenze artificiali, e al settore tecnologico non piace

di Pietro Minto

(Alessandra Benedetti/Corbis/Corbis via Getty Images)
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Quando divenne papa, Leone XIV spiegò di aver scelto il proprio nome in onore di Leone XIII, che nel 1891 emanò la Rerum Novarum, un’enciclica in cui affrontava le conseguenze sociali della Seconda rivoluzione industriale. Leone XIV motivò la scelta dicendo che ora la Chiesa deve «rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».

In questi mesi il papa, che pure è stato piuttosto cauto nelle sue uscite pubbliche, è tornato più volte a parlare di intelligenza artificiale. A giugno ha partecipato con un messaggio alla Seconda conferenza annuale su intelligenza artificiale, etica e governance d’impresa, ricordando che l’AI solleva «domande preoccupanti circa le sue possibili ripercussioni sull’apertura dell’umanità alla verità e alla bellezza, sulla nostra particolare capacità di comprendere ed elaborare la realtà».

Lo scorso novembre, il papa ha ricevuto in Vaticano una delegazione di celebrità del cinema e anche in quella occasione ha parlato del ruolo sempre più determinante degli algoritmi nelle nostre vite: «La logica degli algoritmi tende a ripetere quello che “funziona”, ma l’arte apre a quel che è possibile», ha detto.

Anche durante il suo viaggio in Turchia e in Libano, la scorsa settimana, papa Leone XIV ha parlato di un’evoluzione tecnologica che potrebbe «accentuare le ingiustizie, invece di contribuire a dissolverle», sottolineando l’esigenza di «modificare la traiettoria dello sviluppo e riparare i danni già inferti all’unità della famiglia umana».

​​Questo genere di dichiarazioni ha finito per attirare le attenzioni di alcuni personaggi del settore tecnologico statunitense, che più di ogni altro sta investendo nell’intelligenza artificiale. Anche a causa degli enormi interessi e capitali in ballo, molte di queste aziende sono radicalmente contrarie a qualsiasi tentativo di regolarizzare il settore, tanto che, lo scorso maggio, hanno provato a far approvare dal Congresso statunitense una moratoria che, se fosse passata, avrebbe vietato ogni regolamentazione delle AI.

Il fastidio crescente di un pezzo di Silicon Valley nei confronti di alcune dichiarazioni del papa è diventato evidente lo scorso novembre, quando, sul suo profilo X, Leone XIV ha invitato «tutti i costruttori di AI a coltivare il discernimento morale come parte fondamentale del loro lavoro; a sviluppare sistemi che riflettano giustizia, solidarietà e un autentico rispetto per la vita».

Pur non essendo esattamente una dichiarazione incendiaria, è stata sufficiente a suscitare la risposta di Marc Andreessen, cofondatore del fondo di investimenti Andreessen Horowitz, uno dei più ricchi e influenti della Silicon Valley (e autore di un Manifesto del tecno-ottimismo secondo cui «qualsiasi decelerazione dell’AI costerà vite umane»). Andreessen ha commentato ironicamente il post del papa con un meme usato per esprimere scetticismo: poche ore dopo il tweet è stato cancellato, dopo aver ricevuto molte critiche.

Secondo Massimo Faggioli, professore ordinario di Scienze religiose al Trinity College di Dublino, le tensioni culturali tra Vaticano e Silicon Valley erano percepibili anche ai tempi di papa Francesco, ma la recente alleanza tra la Casa Bianca e le aziende tecnologiche ha cambiato tutto. In particolare, hanno aumentato la propria influenza figure come Mark Zuckerberg, Peter Thiel e Elon Musk, che Faggioli descrive come «tecnocrati futuristi con una visione para-religiosa del loro intento di rifare il mondo e l’universo: il multiverso, colonizzare Marte, l’AI, gli studi sull’immortalità».

Con le sue dichiarazioni, quindi, il Vaticano si è inserito nel feroce dibattito sull’intelligenza artificiale che da qualche anno sta dividendo la Silicon Valley e la politica statunitense. Da una parte ci sono i “tecno-ottimisti” come Andreessen, e i cosiddetti “accelerazionisti”, che spingono per un progresso senza freni nel settore delle AI; dall’altra ci sono voci più critiche e caute, preoccupate per i rischi legati allo sviluppo di sistemi simili.

Il divario tra le due posizioni è molto aumentato negli ultimi anni e con l’elezione di Donald Trump ha assunto una dimensione politica, con le voci più critiche e caute che sono spesso accusate di avere simpatie sinistrorse o “woke”. È successo per esempio ad Anthropic, che recentemente è stata criticata dall’amministrazione Trump per aver sottolineato l’importanza della sicurezza nel campo delle AI.

Al centro delle preoccupazioni, e delle speranze, del settore c’è la cosiddetta Artificial General Intelligence (intelligenza artificiale forte, o AGI), un concetto fumoso dietro al quale si nasconde un supposto livello superiore di AI, in grado di svolgere qualsiasi compito intellettuale come gli esseri umani, se non meglio. Per alcuni, però, l’AGI rappresenta qualcosa di più, una sorta di «Dio digitale», che sarebbe in fase di evocazione da parte delle aziende del settore.

Tra gli esperti e gli sviluppatori di intelligenza artificiale circolano da tempo discussioni dai tratti mistici o pseudoreligiosi, influenzate dalle enormi aspettative nello sviluppo futuro della tecnologia. L’esempio più noto è il “Basilisco di Roko”, un esperimento mentale secondo cui una superintelligenza artificiale benevola, in futuro, potrebbe decidere di punire chi ne abbia ostacolato o rallentato lo sviluppo: una sorta di ricatto dal futuro a cui molti, tra cui Musk, dicono di credere.

Teorie simili si sono diffuse nel movimento tecno-ottimista, dando forma a ciò che Faggioli definisce «un misto di vecchio conservatorismo religioso e di futurismo iper-tecnologico». La loro circolazione rappresenta una sfida inedita per la Chiesa cattolica: non perché possano sostituirsi al cattolicesimo, ma perché potrebbero influenzarlo. L’elezione di un papa statunitense è dunque avvenuta in un momento cruciale e contribuisce a spiegare l’interesse della Silicon Valley per il Vaticano in questi mesi.

Ma non è solo questione di nazionalità: Leone XIV è un papa relativamente giovane ed è attivo online sin da prima di diventare cardinale. Inoltre è un agostiniano: nella tradizione del pensiero della Chiesa, «sant’Agostino è il teologo più importante per uno sguardo disincantato e scettico circa il richiamo delle sirene della modernità e del progresso», dice Faggioli.

Non è un caso che tra i critici del papa ci sia anche Peter Thiel, una delle figure più controverse e potenti della Silicon Valley, tra i primi a puntare su Trump. Negli ultimi mesi, secondo alcune ricostruzioni giornalistiche, Thiel starebbe parlando molto dell’«anticristo», un’etichetta che usa contro chiunque invochi maggiore cautela nello sviluppo delle AI. Tra le persone accusate di essere «legionari dell’Anticristo» da Thiel ci sarebbero l’attivista svedese Greta Thunberg e papa Leone XIV.

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Per quanto estrema, l’opinione di Thiel è importante, sia per l’influenza che ha nel settore tecnologico, sia perché è stato uno dei principali sponsor politici di J.D. Vance, oggi vicepresidente degli Stati Uniti, a cui avrebbe consigliato di non ascoltare le parole del papa sulle AI, nonostante Vance si sia da poco convertito al cattolicesimo.

Pur invitando a «non scambiare un paio di tweet con una linea politica o di geopolitica», il sacerdote Paolo Benanti, professore di Etica dell’intelligenza artificiale alla LUISS e membro dell’organo consultivo sull’AI delle Nazioni Unite, conviene sul fatto che la questione religiosa sia sempre più presente nel dibattito tecnologico statunitense, dove si sta diffondendo quello che definisce un «pensiero semi-eretico religioso».

Benanti fa anche notare che la Silicon Valley ha da sempre un atteggiamento apertamente ostile nei confronti delle istituzioni classiche, dalle banche ai media, che ha prontamente sostituito (almeno in parte) con servizi tecnologici più vicini ai suoi ideali. La visione pseudoreligiosa dell’intelligenza artificiale potrebbe quindi essere un pretesto, un modo per semplificare un panorama altrimenti complesso, evocando un concetto semplice come l’eterna lotta tra il bene e il male.

Secondo Benanti, comunque, è ancora presto per farsi un’idea su questo pontificato. Papa Francesco, di cui fu consigliere sui temi dell’intelligenza artificiale e dell’etica della tecnologia, «ci mise dieci mesi a fare tutti i suoi passaggi di governo e dire in che direzione doveva andare la sua Chiesa». Leone XIV è stato eletto appena otto mesi fa e per di più durante un Giubileo, cosa che ha ritardato ulteriormente alcuni processi politici. È quindi probabile che dovremo aspettare ancora qualche mese per sapere quale direzione prenderà.