Trump sta già monopolizzando i Mondiali di calcio del 2026
Lo si vedrà sin dai sorteggi di oggi, durante i quali la FIFA potrebbe dargli un posticcio "premio per la pace"
di Valerio Moggia

Venerdì 5 dicembre alle 18 (ora italiana) a Washington saranno sorteggiati i gironi dei Mondiali di calcio, in programma l’estate prossima tra Messico, Stati Uniti e Canada. È opinione comune che sarà soprattutto un evento statunitense e che verrà monopolizzato dal presidente statunitense Donald Trump e dalla sua propaganda, anche grazie al sostegno della FIFA (l’organizzazione che governa il calcio mondiale) e del suo presidente Gianni Infantino, che è notoriamente molto vicino a Trump.
Già all’evento del sorteggio si vedrà l’influenza di Trump, a partire dalla scelta del luogo dell’evento, il Kennedy Center, un centro di arti dello spettacolo che si affaccia sul fiume Potomac, accanto al Watergate. Dall’inizio del suo secondo mandato Trump ha fatto della struttura, di proprietà governativa, un suo “luogo di potere”. Lo scorso febbraio ha cambiato il consiglio di amministrazione che gestisce il Kennedy Center, riempiendolo di suoi alleati, nominandosi presidente e nominando il suo collaboratore Ric Grenell direttore esecutivo.
Nel corso dell’evento sono previste due occasioni piuttosto singolari, che hanno fatto molto parlare negli ultimi giorni. Mercoledì la FIFA ha annunciato che si terrà un’esibizione del celebre gruppo pop Village People, la cui canzone più celebre, “YMCA”, è una delle colonne sonore principali dei comizi di Trump. Oltre a loro si esibiranno anche Andrea Bocelli, Robbie Williams, Nicole Scherzinger e, come presentatori, il comico Kevin Hart, l’ex modella Heidi Klum e l’attore Danny Ramirez.
La seconda cosa bizzarra attorno al sorteggio del Mondiale riguarda il “premio per la pace” che la FIFA consegnerà quest’anno per la prima volta. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Infantino a inizio novembre, meno di un mese dopo l’assegnazione del Nobel per la Pace, e la maggior parte dei giornalisti internazionali ha subito ipotizzato che il premio sia stato ideato per “compensare” Trump del Nobel mancato.
Viene dato per scontato che il premio andrà proprio a Trump. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch, per esempio, ha inviato alla FIFA una richiesta di chiarimenti sui criteri del premio, ma ancora non ha ricevuto alcuna risposta. The Athletic ha scritto che nessuno dei 37 membri del FIFA Council, degli 8 vicepresidenti e dei 28 membri eletti dell’associazione era stato informato riguardo al premio.
Secondo il Guardian un ruolo centrale nell’assegnazione del premio sarebbe invece stato svolto, oltre che chiaramente da Infantino, da un comitato presieduto dal capo della Federazione calcistica del Myanmar, Zaw Zaw: un miliardario già sottoposto a sanzioni negli Stati Uniti e nell’Unione Europea, e accusato di avere stretti legami con la giunta militare che guida il Myanmar.

Donald Trump in mezzo ai giocatori del Chelsea durante la premiazione dello scorso Mondiale per club, anche quello organizzato negli Stati Uniti (Roger Wimmer/ISI Photos/ISI Photos via Getty Images)
C’è poi tutta la questione della presenza della delegazione iraniana. L’Iran è uno dei dodici paesi colpiti dal “travel ban” emesso da Trump lo scorso giugno, pertanto i suoi cittadini non possono entrare negli Stati Uniti. L’amministrazione statunitense ha spiegato in seguito che il divieto non riguarda atleti, tecnici e dirigenti impegnati in competizioni sportive internazionali, come appunto i Mondiali di calcio.
Eppure ad alcuni esponenti della Federazione calcistica iraniana, tra cui il presidente Mehdi Taj, è stato negato il visto per assistere al sorteggio di Washington, e così l’intera delegazione ha minacciato di boicottare l’evento. Giovedì BBC Sports ha scritto che saranno presenti al Kennedy Center solo l’allenatore dell’Iran, Amir Ghalenoei, e un dirigente federale.
Il problema rischia comunque di ripresentarsi la prossima estate durante il torneo, quantomeno nei confronti dei tifosi, per i quali non è prevista alcuna esenzione dal “travel ban”. È una situazione che riguarda anche Haiti, la cui nazionale si è qualificata al torneo per la prima volta dal 1974, mentre il paese si trova in una situazione di grave insicurezza e instabilità politica. Anche Haiti fa parte dei 12 paesi ai cui cittadini è stato imposto il divieto di ingresso negli Stati Uniti.

Donald Trump firma un pallone dei Mondiali davanti a Gianni Infantino (Win McNamee/Getty Images)
Ci sono anche altri modi con cui Trump intende lasciare il proprio segno sui Mondiali, per esempio nella scelta delle undici città statunitensi che dovranno ospitare le partite. Ufficialmente sono già state tutte annunciate nel 2022, ma negli scorsi mesi Trump ha minacciato di spostare il torneo da alcune città ad altre, se le autorità locali non potranno garantire la sicurezza dell’evento (secondo i suoi criteri). Le città prese di mira sono tutte governate dai Democratici: Boston, Seattle, San Francisco.
Lo scorso ottobre Victor Montagliani, vice presidente della FIFA e presidente della confederazione nordamericana CONCACAF, aveva smentito questa eventualità, dicendo che la decisione sulle sedi dell’evento spetta unicamente alla FIFA. Il mese successivo Infantino ha dato ragione a Trump, ammettendo che l’organizzazione avrebbe potuto cambiare le città ospitanti su richiesta del presidente degli Stati Uniti.
Di sicuro non cambierà la sede della finale, che si giocherà al MetLife Stadium di East Rutherford, nel New Jersey. L’impianto dista appena 16 chilometri dalla Trump Tower a Manhattan, dove la scorsa estate la FIFA ha aperto una sede di rappresentanza. L’assegnazione al MetLife Stadium della finale dei Mondiali si deve principalmente a Jared Kushner, genero di Trump e originario del New Jersey, che ha coordinato l’apposito comitato.



