Le migliori serie tv del 2025, secondo il New York Times

Ci sono “Pluribus”, la seconda stagione di “Scissione”, il nuovo cartone dell’autore di “BoJack Horseman” e anche due produzioni italiane

Rhea Seehorn in una scena di Pluribus (Apple TV)
Rhea Seehorn in una scena di Pluribus (Apple TV)
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Come di consueto a inizio dicembre il New York Times ha pubblicato la lista delle migliori serie tv dell’anno che sta per finire, secondo due dei suoi principali critici televisivi. James Poniewozik e Mike Hale hanno scelto rispettivamente le migliori serie del 2025 prodotte negli Stati Uniti e le migliori serie internazionali. Tra quelle più apprezzate ce ne sono alcune note e seguite anche da queste parti, come Scissione, The Pitt e Pluribus, e anche due produzioni italiane. Non c’è invece la prima parte dell’attesissima quinta e ultima stagione di Stranger Things, i cui primi quattro episodi erano usciti a fine novembre.

Andor (Disney+)
La prima scelta di Poniewozik è la seconda e ultima stagione di Andor, il prequel di Star Wars prodotto da Disney+, uscita a tre anni di distanza dalla prima. Il protagonista è Cassian Andor (Diego Luna), una spia dell’Alleanza Ribelle, il principale gruppo di resistenza dell’universo di Star Wars. La storia racconta i primi tentativi di rovesciare il malvagio Impero Galattico, la fazione antagonista della saga. Poniewozik ha lodato il ritmo e la sceneggiatura della serie, descrivendola come «un’esplorazione toccante di ciò che la lotta per la libertà richiede e dei costi che comporta».

The Lowdown (dal 26 dicembre su Disney+)
Nella selezione di Poniewozik c’è anche The Lowdown, serie poliziesca prodotta da FX e distribuita internazionalmente da Disney+, uscita in Italia a settembre. È ambientata a Tulsa, in Oklahoma, e ha per protagonista Lee Raybon, un libraio locale con velleità da investigatore e una grande passione per le cospirazioni. Raybon si autodefinisce un truthstorian (storico della verità), e nella prima stagione della serie indaga sui loschi affari dei Washberg, un’influente famiglia locale. È «un’avventura noir parla di chi possiede l’Oklahoma e delle persone a cui è stata sottratto», ha scritto Poniewozik.

Long Story Short (Netflix)
L’unica produzione Netflix citata da Poniewozik è Long Story Short, la nuova serie animata per adulti dell’attore, sceneggiatore e produttore televisivo Raphael Bob-Waksberg, già ideatore della serie di culto BoJack Horseman. Racconta la storia di una famiglia ebraica nel corso degli anni, attraverso gioie, delusioni e trasformazioni. È incentrata soprattutto sui fratelli Avi, Shira e Yoshi, e sul loro rapporto con i genitori, Naomi ed Elliott.

The Rehearsal (non distribuita in Italia)
Poniewozik ha apprezzato molto anche la seconda stagione di The Rehearsal, la nuova serie di Nathan Fielder, uno degli autori comici più bizzarri, originali e audaci della televisione americana. La serie si basa su meccanismi comici controintuitivi e parte da una premessa decisamente bizzarra. Semplificando molto, il personaggio di Fielder scopre che molti incidenti aerei sono causati dall’incapacità dei copiloti di dare suggerimenti efficaci ai piloti, per timore e riverenza. Questa mancanza di comunicazione, per Fielder, dipende dal fatto che i piloti sono restii a esprimere pubblicamente i propri sentimenti, perché a quelli sospettati di essere depressi o comunque con problemi di salute mentale può essere revocata la licenza di volo. Nella serie, Fielder tenta di risolvere questo problema di sicurezza dell’aviazione civile in un modo contorto, cervellotico e intricato (ne abbiamo scritto più estesamente qui).

Pluribus (Apple TV+)
Poniewozik ha amato particolarmente la prima stagione di Pluribus, la nuova serie di Vince Gilligan, il creatore di Breaking Bad. La storia ha al centro una donna rimasta tra le dodici persone al mondo a non essere state contaminate da una sequenza di RNA che l’umanità ha ricevuto come un segnale dallo spazio. Poniewozik ha definito Pluribus «una fantasia selvaggia e del tutto imprevedibile», in cui è difficile individuare un unico tema di fondo: «Riguarda l’isolamento? Il conformismo? L’edonismo? L’intelligenza artificiale? Nessuna o tutte queste?».

– Leggi anche: La nuova serie del creatore di “Breaking Bad” è tutta un’altra cosa

The Pitt (Sky/Now)
Poniewozik ha menzionato anche The Pitt, una serie che ricorda per molti versi ER – Medici in prima linea, probabilmente il medical drama (come vengono definite le serie ambientate negli ospedali) più famoso e apprezzato di sempre. Entrambe le serie partono dalla stessa idea di fondo: raccontare la concitazione del lavoro in un pronto soccorso e le vicende personali di medici e infermieri, alternando momenti di tensione e altri più quieti. Poniewozik ha scritto che, anche se è stata pensata per la distribuzione su una piattaforma di streaming (HBO Max), The Pitt ha ripreso in tutto e per tutto le modalità narrative e di programmazione tipiche delle serie tv degli anni Novanta e Duemila: i quindici episodi della prima stagione, sempre incentrati su trame autoconclusive e «ben definite», sono usciti a cadenza settimanale. Nonostante questo, The Pitt ha un gran ritmo, e si presta molto bene a lunghe sessioni di binge watching, ha scritto.

Scissione (Apple TV+)
Secondo Poniewozik, quest’anno per molti versi la principale avversaria di The Pitt è stata la seconda stagione di una serie che, in un certo senso, è un po’ la sua antitesi: Scissione, una delle più acclamate e costose degli ultimi anni. Si contrappone a The Pitt un po’ in tutto: non ha episodi autoconclusivi, ma una lunga e contorta trama orizzontale, e non garantisce agli spettatori alcuna certezza sulla programmazione (la seconda stagione è uscita a tre anni di distanza dalla prima). È una «distopia fantascientifica ambientata in un ufficio» in cui alcuni impiegati accettano di sottoporsi a un intervento chirurgico che divide le loro coscienze in due, di modo che quando lavorano non ricordano nulla della vita privata e viceversa. E, pur avendo un pubblico tutto sommato piccolo, è comunque una serie ad alto budget; produzioni di questo tipo sono sempre più rare.

Asura (Netflix)
La prima serie internazionale scelta da Mike Hale è Asura. È ambientata negli anni Settanta, e segue le vicende di quattro sorelle giapponesi sconvolte dalla scoperta di una relazione extraconiugale del padre. È diretta da Hirokazu Kore-eda, che secondo Hale ha saputo rendere al meglio l’atmosfera dei grandi romanzi giapponesi incentrati su vicende familiari, come Neve sottile di Jun’ichirō Tanizaki.

DanDaDan (Netflix/Crunchyroll)
È una delle serie animate giapponesi più apprezzate degli ultimi anni. Parla dell’amicizia tra Momo Ayase, una studentessa convinta che gli spiriti esistano, e il suo compagno di classe Ken Takakura, appassionato di extraterrestri ma scettico sui fenomeni soprannaturali. È una serie in cui «il quoziente di godimento cinetico per fotogramma è eccezionalmente alto», ha scritto Hale, e che si fa apprezzare soprattutto anche per la caratterizzazione dei suoi protagonisti, due amici «adorabili, sarcastici, vulnerabili e davvero, davvero bravi a sfasciare cose».

Kiff (Disney+)
L’altra serie animata a cui Hale ha dato risalto è Kiff. Il titolo è anche il nome della protagonista, una scoiattola antropomorfa curiosa e vivace che abita a Table Town, una versione animata di Città del Capo in cui convivono animali e creature magiche.

Diario dei miei due di picche (Netflix)
Hale ha consigliato anche Diario dei miei due di picche, una serie svedese incentrata su una donna trentenne che fatica a trovare un fidanzato, e che si ritrova spesso alle prese con uomini immaturi e irresponsabili. Si regge soprattutto sull’ottima interpretazione dell’attrice protagonista, Carla Sehn, che ha saputo mettere in scena in modo «estremamente empatico un personaggio che non è sempre facile da apprezzare».

M – Il figlio del secolo (Sky/Now)
Nella selezione di Hale ci sono anche due produzioni italiane. La prima è M – Il figlio del secolo, serie tratta dal romanzo omonimo di Antonio Scurati e in cui Luca Marinelli interpreta una versione eccessiva e molto caricaturale di Benito Mussolini. Hale l’ha descritta come una «fantasmagoria cupamente comica», ma anche come «un duro monito presentato come vivido intrattenimento».

Esterno notte (Netflix/RaiPlay)
L’altra è Esterno notte di Marco Bellocchio, che racconta il rapimento di Aldo Moro e che per molti versi è una sorta di versione in controcampo di un suo vecchio film di inizio anni Duemila, Buongiorno, notte. In Italia Esterno notte è uscito nel 2022, prima al cinema come film suddiviso in due parti, e successivamente sulla Rai come miniserie in sei episodi. Negli Stati Uniti è stato distribuito solo quest’anno, nella sua versione per la televisione. Hale ha lodato la profondità della regia di Bellocchio, che ha saputo restituire non soltanto la generale «atmosfera di terrore» in cui si è svolto il rapimento di Moro, ma anche «i punti di vista dei suoi colleghi di governo, della sua famiglia, del papato, dei terroristi e infine, in modo straziante, dello stesso Moro».